Un boomer calabrese nato nel 1963 diventa cardinale nel XXI secolo. Don Mimmo Battaglia, grazie al gran rifiuto del vescovo indonesiano, Paskalis Bruno Syukur il quale ha rinunciato alla berretta cardinalizia offerta dal Papa, in zona Cesarini è stato chiamato ad entrare a far parte delle più alte gerarchie di Santa Romana Chiesa.
Don Mimmo, pur se tenuto in gran considerazione da Bergoglio, non aveva sgomitato per la carica ma alla fine porporato è stato per il catanzarese, oggi vescovo dell’importante Curia napoletana.
L’ultimo cardinale calabrese era stato il cosentino Giuseppe Maria Sensi, figlio del deputato Francesco e nunzio apostolico di una certa notorietà protagonista di una Chiesa di altri tempi ben differente da quella di Battaglia.
Don Mimmo all’oratorio giocava a pallone, un periodo che non ha mai dimenticato infatti, di recente, non è voluto mancare al funerale del suo allenatore giovanile a Mendicino presentandosi a sorpresa in chiesa con la meraviglia del parroco don Enzo Gabrieli quando si è visto arrivare il vescovo di Napoli.
Battaglia diventa presbitero della Chiesa di Santa Maria Altavilla a Satriano e con la sua parola dolce e piana conquista l’affetto dei fedeli che dopo poco tempo lo vedranno diventare rettore del seminario liceale di Catanzaro.
L’apostolato di don Mimmo è da sempre legato alle persone che soffrono, quello di un prete di strada che la Chiesa la porta nelle vie e nelle piazze spesso fuori dall’istituzione chiusa di un tempo.
Sarà la sua cifra da sacerdote che lo porterà a guidare il Centro calabrese di solidarietà, poi alla vicepresidenza della Fondazione Betania di Catanzaro per poi diventare presidente della Federazione nazionale delle comunità terapeutiche.
Il canonico della Cattedrale di Catanzaro sarà tenuto sotto stretta osservanza da Papa Bergoglio che ne apprezza interpretazione evangelica e simbiosi con il Popolo di Dio, e infatti sarà prima vescovo di Sant’Agata de’ Goti per poi approdare alla Curia di Napoli, una delle più importanti d’Italia.
Don Mimmo Battaglia si è già legato a Napoli in questi tre anni con le dinamiche contraddittorie della Capitale del Mediterraneo dove la religione spesso tocca il profano e in una diocesi dove il conservatorismo prevede molti pugnali nell’ombra. E’ stato il vescovo della pandemia e la voce autorevole che è rimbalzata in occasione degli assassini feroci nei confronti di giovanissimi. L’ultima volta per Santo Romano ucciso da un minorenne, quando egli ha tuonato con fermezza: “Ogni volta che un giovane viene ucciso la nostra città perde un pezzo del suo futuro, e questo non può lasciarci indifferenti”.
Appena appreso dalla sua nomina, ha invitato fedeli e amici a non chiamarlo né monsignore né eccellenza, ma semplicemente “Don Mimmo”.
Ha mostrato gratitudine verso Papa Bergoglio per l’attenzione nei suoi confronti, ma senza alcun narcisismo, don Mimmo ha tenuto a sottolineare che la scelta ha riguardato “un figlio del Sud, vescovo di una Chiesa del Sud, di un Sud che è terra di fatica e speranza”.
Un meridionalista autentico, don Mimmo Battaglia, e infatti non è mancata la sua voce decisa sul tema dell’autonomia differenziata.
Papa Bergoglio non si è fatto distrarre dalle trame napoletane che hanno tentato di far arrivare schizzi di fango su Don Mimmo. Ben 6 lettere anonime sono state inviate al Pontefice, ai cardinali e ai giornali. Accuse inventate, il nome di un prete finito in un’inchiesta antindrangheta accostato al vescovo in modo artato. Don Mimmo ha affrontato la questione di petto convocando tutta la Curia a conclave e senza mediazioni ha detto a tutti: “C’è un corvo tra di noi”. Una sfida a viso aperto per far comprendere il suo “non vi temo”.
Don Mimmo che sopprime la messa in latino del Rito Tridentino e si vede consegnare una petizione di protesta con 250 firme che reclamano il ritorno all’antico, ma lui non si scompone e va avanti.
Scrive toccanti lettere pastorali e articoli, don Mimmo Battaglia. Di recente ha scritto su Avvenire dopo le ultime morti legate alla tossicodipendenza : “Queste morti sono schiaffi al mondo degli adulti, alle nostre incapacità e alle nostre inadeguatezze”. Don Mimmo Battaglia è un pastore di anime che cammina con gli ex tossicodipendenti per annunciare il Vangelo.
Uomo di parola, non la fece mancare dopo la rivolta dei migranti a Rosarno e come Santa Caterina quando i ministri dell’Ambiente del G20 si sono riuniti nella sua Napoli ha scritto loro una lettera aperta dove si legge: “Abbiate cura della casa di Dio, della madre Terra, non in nome del profitto, ma per amore di volti e persone”.
Un uomo di Chiesa dal grande cuore e che farà parte del prossimo Conclave quando si celebrerà. E se diventasse Papa? Mai dire mai. Per il momento gloria al cardinale calabrese don Mimmo Battaglia. (redazione@corrierecal.it)
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