MOSSURIL Solo un sentiero di sabbia bianca, conchiglie e una vegetazione arida e selvaggia ci hanno condotti da Mossuril – distretto della provincia di Nampula a Nord di Maputo – al villaggio di Cabaceira Pequena. Non è un luogo di passaggio, e quindi un luogo che non si dimentica. Seppure così remota, questa comunità racconta, almeno in parte, la storia del Mozambico e ne custodisce memoria, per esempio, con la tomba di Mussa bin Bique, il sultano arabo da cui deriva il nome del paese.
Il villaggio è popolato dai Macua, una popolazione bantu, la principale e più influente cultura distribuita nel Mozambico che conserva diversità, creatività artistica e celebra il culto dei loro antenati praticando riti tradizionali. Si sa che il primo straniero divenuto Samurai, proveniva da una famiglia Macua. La loro lingua appartiene al gruppo bantu: qui in pochi parlano il portoghese, nessuno parla l’inglese. Si tratta di un popolo di pescatori che ha vissuto in isolamento per molti secoli, liberi dai coloni portoghesi dal 1974, protetti dalla guerra civile del 1991, oggi sottosviluppati in termini di scolarizzazione e di servizi sanitari. A Cabaceira Pequena c’è l’acqua, grazie ai pozzi costruiti da Vasco De Gama cinque secoli fa. C’è anche una moschea eretta nel 1400, una delle più antiche del mondo. Nel cuore del villaggio, un orfanotrofio, o quello che resta di una struttura edificata forse più di 20 anni fa, oggi unico riparo e luogo di crescita e socialità per circa 150 bambini.
Lo scarto di cartone ha preso forma, quella di un altro volto immaginario, con piccole fessure dalle quali guardare “un altro mondo”, segni che ricalcano un naso e il graffito di una bocca. La maschera è pronta, si va in scena.
Taimo (5 anni – nella foto in copertina) è solo uno dei bambini ospitati e cresciuti dalla comunità di Cabaceira Pequena. Ci accolgono con grandi occhi neri spalancati, attirati dal nostro essere diversi, dal nostro colore dalla pelle – non si vedono spesso i bianchi in villaggio – e dall’indossare delle scarpe. Sono tanti, corrono scalzi, con abiti sporchi, ormai stracci. Ci girano intorno, osservano disorientati, accennano un sorriso. Mentre masticano palline di buste di plastica – ad ingannare la fame – come se fossero gomme americane, ci ascoltano parlare con il responsabile della comunità del progetto di ricostruzione dell’orfanotrofio, della cucina, della tettoia, dei banchi per la scuola. Taimo sorride, si copre il volto con la maschera e si mette in posa per la foto.
La ristrutturazione dell’orfanotrofio abbandonato di Cabaceira Pequena, insieme alla realizzazione della “Kame House: una ludoteca per il futuro dei bambini” è uno dei progetti de La Terra di Piero in Mozambico, che dallo scorso 22 novembre è impegnata con 13 volontari nei lavori di ripristino della struttura. Restituire un luogo sicuro e accogliente ai bambini senza famiglia, un luogo dove studiare e socializzare, giocare, crescere e vivere “la vita da bambino” è l’obiettivo di questa missione. La Kame House vuole essere un ponte simbolico e culturale tra la città di Cosenza – sede de La Terra di Piero – e il Mozambico, con l’intento di coinvolgere anche il Dipartimento di Scienze per la Cooperazione e lo Sviluppo dell’Università della Calabria, nell’ottica di avviare azioni di formazione ed educazione tra i paesi, amplificando l’impatto, la portata e la sostenibilità dell’iniziativa. Se Taimo da grande vorrà fare l’attore oggi non possiamo saperlo, ma sappiamo che grazie alla Terra di Piero potrà imparare il portoghese e forse anche l’inglese, immaginiamo che scoprirà la storia del suo villaggio, e magari resterà incantato dai fenomeni della fisica, o si perderà tra le formule della matematica. Quando sarà grande, Taimo potrà decidere se essere un nuovo Giangurgolo, un Pierrot senza lacrima o il primo ingegnere aerospaziale nato a Cabaceira Pequena. Questo è ciò che la Terra di Piero sogna per tutti i Taimo che incontra per strada, consapevole che ogni sogno, piccolo o grande che sia, ha bisogno di essere alimentato, costruito mattoncino dopo mattoncino.
La Terra di Piero accetta donazioni economiche e materiali per sostenere i progetti in Mozambico. La generosità di chiunque desideri partecipare contribuirà a migliorare concretamente la vita di numerosi bambini e delle loro famiglie. Questa missione rappresenta un’importante iniziativa di solidarietà internazionale e offre una concreta speranza per un futuro migliore per molti giovani del Mozambico.
La Terra di Piero è nata perché legata alla vita e alle opere di Piero Romeo, scomparso prematuramente nel 2011, che ha dedicato la sua vita all’aiuto del prossimo. Nel suo nome, lo stesso anno l’associazione si è costituita ed ha avviato la sua attività nella costruzione di progetti solidali destinati a migliorare la vita di alcuni villaggi in Africa e alleviare le difficoltà di tanti bisognosi nella città di Cosenza. (redazione@corrierecal.it)
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