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il racconto

Houdini

Alla fine degli anni ’90, “Torbella” come veniva, e viene tuttora chiamata come diminutivo di “Torbellamonaca”, era una periferia di Roma est estremamente degradata. Questa zona della Capitale si …

Pubblicato il: 01/12/2024 – 7:54
di Antonello Commisso
Houdini

Alla fine degli anni ’90, “Torbella” come veniva, e viene tuttora chiamata come diminutivo di “Torbellamonaca”, era una periferia di Roma est estremamente degradata. Questa zona della Capitale si formò a metà degli anni ’80, come un grande complesso di edilizia popolare, per far fronte all’esigenza abitativa.
Una simile concentrazione di popolazione, spesso proveniente da contesti sociali difficili, favorì però l’emergere di problemi legati alla povertà, alla disoccupazione e all’emarginazione, con la formazione di gruppi criminali e la diffusione dello spaccio in piccolo e in grande di sostanze stupefacenti.
In questo contesto ambientale, tutt’altro che pacifico, il 27 novembre 1999 nacque nel vicino Policlinico di Tor Vergata, Luisito Ferraglia, ultimo di quattro fratelli col nome, imposto dal padre, in onore di Luisito Suarez, un fuoriclasse spagnolo dell’Inter degli anni ‘60 e ’70.
L’infanzia di Luisito fu tutto sommato normale. Come tanti altri bambini di “Torbella” frequentò, grazie ad uno scarso reddito familiare dovuto al padre muratore ed alla madre disoccupata, l’asilo nido comunale dell’allora Municipio VIII e di seguito la Scuola Materna  statale.
Compiuti i sei anni iniziò le elementari e, non si sa come avvenne, nacque in lui una grande passione per l’illusionismo. A sette anni era già in grado di manipolare le carte da poker come un prestigiatore esperto, lasciando sia i compagni che gli adulti a bocca aperta per la sua eccezionale abilità nel fare giochi di magia.
Ma a Luisito le carte interessavano poco. Nonostante in una partita, a otto anni avesse vinto quaranta euro a Manilio Bidoncino, un ventiquattrenne detto “Frizione”, che con il poker si riteneva imbattibile, l’interesse di Luisito si indirizzò in tutt’altra direzione e crescendo, aumentava il suo talento. Dalla manipolazione di assi, re e regine, divenne un maestro nel far sparire gli oggetti, o qualunque altra cosa lo interessasse.
Iniziò a dieci anni, esercitandosi prima a casa nel far scomparire cuscini, pentole e scolapasta, che poi venivano regolarmente ritrovati dalla mamma disperata nei luoghi più impensati, tipo la terrazza condominiale, il garage del dirimpettaio o la cantina del condomino del piano di sotto. La cosa singolare però era che nei giorni in cui questo avveniva, Luisito apparentemente  non era mai uscito di casa. Alla Scuola Media passò a cose ancora più difficili, infatti a volte si faceva legare robustamente mani e piedi dai compagni con vari rotoli di nastro adesivo e si accucciava nell’armadietto dei materiali didattici chiuso a chiave dall’esterno, facendo uscire tutti dall’aula. Non si sa come, ma dopo poco meno di un minuto e mezzo, era fuori dalla stanza e completamente slegato. E proprio per queste sue incredibili  abilità, cominciarono a chiamarlo” Houdini”.
A quindici anni si iscrisse in un Istituto Tecnico Industriale “Pertini-Falcone” di via Lentini 78, fuori da Torbellamonica, anche se non molto distante da essa. E anche lì non passava settimana che non dimostrasse la sua abilità con  qualche trucco illusionistico ai limiti della credibilità.
Durante il primo anno fece sparire dal registro una nota comminata a tutta la classe -“per schiamazzi”- senza usare la scolorina e dopo essersi recato per cinquanta secondi in bagno portando con sé il Diario di classe. Le incredibili performance di Houdinì si ripeterono anche negli anni successivi.
In secondo, durante un’occupazione, si fece chiudere a chiave, col rinforzo di un lucchetto, nella Sala docenti e con le finestre serrate. Lo stupore degli altri alunni fu massimo quando, due minuti dopo, lo videro tornare fischiettante fra loro dalle scale del piano superiore.
In terzo, alla festa di fine anno scolastico, che si teneva nell’ampio androne dell’Istituto, venne chiamato fuori in giardino da “Marsiglia” e “Boris”, due spacciatori di “Torbella” dal buon livello di “affari”, che gli proposero di collaborare con loro.
C’erano due cose che Houdini detestava massimamente: la malavita, in qualunque forma si manifestasse e il cosiddetto “paranormale”, ossia quell’insieme di fenomeni che concernerebbero la telepatia, la chiaroveggenza gli UFO, i fantasmi, gli spiriti e via dicendo, fonte di cospicui guadagni da parte dei cosiddetti “maghi”, “sensitivi”, “medium” ed imbroglioni e truffatori di ogni genere, il cui denominatore comune era il rifiuto della scienza e la credulità popolare. Naturalmente Houdini  rifiutò con cortesia, ma con fermezza, la proposta di “Marsiglia” e di “Boris”, criminali a cui lo studente sarebbe stato utilissimo per far sparire sotto gli occhi delle “guardie” -come i malavitosi a Roma chiamano indifferentemente poliziotti, carabinieri e finanzieri- sostanze stupefacenti di ogni tipo, armi e oggetti di ricettazione. Questo rifiuto di Luisito naturalmente non passò indenne e la sua caparbietà nel non volersi affiliare all’associazione di criminali, nei due anni successivi gli costò sistematici pestaggi, tre ricoveri in ospedali con fratture multiple, due motorini incendiati e la “Fiat 500”, acquistata dal padre con tanti sacrifici, carbonizzata con un bagno di benzina.
Nonostante tutto questo, Houdini restò irremovibile nella sua decisione, non dimenticando, neanche immobilizzato nel letto di ospedale di far sparire sistematicamente le flebo di soluzioni fisiologiche e glicosate che riteneva del tutto inutili ai fini terapeutici, facendo restare sgomenti medici e infermieri.
Compiuti vent’anni e definitivamente convinti i malavitosi della sua irremovibilità, cominciò la sua personale crociata contro maghi, chiaroveggenti e truffatori che sfruttavano la credulità di ignoranti e innocenti vittime.
Il mago Venarius, che sosteneva di essere in contatto con l’aldilà ed in grado di far apparire ombre, appartenenti a parenti estinti di casalinghe, pensionati e contadini, fu scoperto da Houdini proiettare immagini sul muro con un pedale nascosto sotto il tavolo, mentre per quanto riguarda gli elisir d’amore somministrate dalla chiaroveggente Lucilla, egli scoprì non essere altro che boccette di vetro contenente Amaro Medicinale Giuliani.
Non ci fu presunto professionista del paranormale che a Torbellamonica sfuggì all’impietoso esame di Luisito, il quale smascherò cialtroni che vendevano schegge di mattonelle colorate e incastonate in una cornice di latta, come amuleti contro il malocchio, così come svelò a tutti l’ elementare trucco dell’autonominatosi negromante Alchemio nel leggere la palla di vetro, che altro non era che una sfera natalizia con all’interno immagini macabre che scendevano dall’ alto, al posto del più tradizionale nevischio.
Col passar del tempo la folla di creduloni smise di aver fiducia nei “professionisti dell’occulto” e questi, oramai senza più clienti da ingannare, levarono le tende da “Torbella”. Nel dicembre 2021, Houdinì aveva ormai compiuto i 22 anni e cominciò a confrontarsi con un problema che stava diventando, senza esagerazioni, vitale. Proveniente da una famiglia estremamente povera, Luisito non aveva mai un soldo in tasca e di conseguenza non poteva prendere una pizza con gli amici o invitare una ragazza per un aperitivo.
La soluzione gliela prospetto “Frizione”, l’oramai trentottenne specialista del poker che aveva perso quaranta euro a carte con Houdini, quando quest’ultimo aveva solo otto anni e che, nonostante ciò, nutriva un autentico affetto per quello che ormai tutti nominavano il “Mago di Torbella”. Così, seguendo il consiglio di Manilio Bidoncino e con l’aiuto di quest’ultimo, Luisito organizzò regolari spettacoli di illusionismo sul palco del  “Cinema Teatro” di quartiere, concesso a credito dal proprietario, certo di non perderci, e lì, ogni domenica mattina, Houdini si scatenava con i suoi trucchi.
Nei tre anni successivi, con la platea colma di pubblico pagante, Luisito, oramai ispirandosi al celebre mago di cui portava il nome, fece di tutto per emulare il suo predecessore. Legato in una camicia di forza se ne liberava dietro un sipario in cinquanta secondi, incatenato e immerso in un contenitore trasparente colmo d’acqua, si scioglieva e veniva fuori fradicio in meno di tre minuti, inoltre dava l’illusione di ingoiare scorpioni velenosi vivi e di ipnotizzare vipere, unitamente a molti altri trucchi.
Finché un giorno del dicembre 2023 Luisito decise due cose: ripetere il trucco della sparizione dell’elefante operato da Erik Weisz (questo il vero nome di Harry Houdini) al “Hippodrome Theatre” di New York il 7 gennaio 1918, ed inventare una nuova grande trovata che coinvolgesse e accontentasse centinaia di persone. Per quanto riguarda il primo esperimento di illusionismo, nell’impossibilità pratica di trovare un elefante, con Bidoncino “Frizione” decisero  di accontentarsi di una modesta “Fiat Panda” vecchio modello e la posizionarono al centro del palco, rinchiudendola in una grande scatola. Il pubblico, numerosissimo, vide che dopo una rotazione della scatola, la “Fiat Panda” era svanita. Esattamente come avvenne per il vero Houdini, anche qui le interpretazioni sulla scomparsa dell’automobile furono molteplici. Si sostenne l’esistenza di una botola segreta nel palco, che in realtà non c’era, di un gioco di specchi inventato dall’illusionista, di una sezione della scatola in cui, durante la rotazione, la “Fiat Panda” era stata collocata ecc,,,. Ma, proprio come capitò ad  Erik Weiszi, anche per Luisito nessuno riuscì a trovare una spiegazione univoca e condivisa per l’illusione e, tanto per la sparizione dell’elefante quanto per quella della vecchia “Fiat panda”, il mistero permane tuttora. Ma per l’”Houdini di Torbella” non era ancora finita, Dopo lunghe trattative, si mise d’accordo con la Direzione centrale del più grande ipermercato del quartiere, l’”Iper Pewex”, e riuscì ad ottenere la chiusura del punto commerciale tra le 12.30 e le 14 del 31 ottobre 2024, orario in cui avrebbe operato un trucco mai visto prima e che nessuno poteva ipotizzare. Arrivata la data fatidica, che era tra l’altro quella della morte di Houdini, avvenuta nel 1926, all’ora stabilita Luisito si fece chiudere dentro l’ipermercato con pesanti catene che impedivano l’entrata o l’uscita da tutte le porte o finestre che fossero. Cosa avvenne in quell’ora e mezza nessuno lo saprà mai. Ma arrivate le 14 e consentito l’accesso alle centinaia e centinaia di clienti e curiosi, tutti restarono senza parole.
Dalle bottiglie di Coca Cola, da quelle delle acque minerali Lisce e Frizzanti, dalle aranciate Fanta, dalle Sprite, dalle Oransoda, dalle Lemonsoda, dalle Schweppes, dalle Gassose, dal Tè al limone, dal Tè alla pesca, dal Tè verde, dalla Pepsi cola, dallo Zymil, dal Chinotto, dalla Cedrata, dall’Acqua Tonica, dai Succhi di Frutta in bottiglia di carta, dai vini in brick Tavernello, Castellino, San Crispino, Ronco e in generale in tutti i contenitori di liquidi in carta e in plastica inferiori ai tre litri, era sparita come d’incanto, la sottile linguetta che teneva legato il tappo di plastica alla coroncina posta sul collo dei contenitori.
La maggioranza dei presenti, tutti ugualmente sorpresi e disorientati, approvò senza riserve l’incredibile trovata del mago, chiedendosi come avesse fatto, domanda destinata a non trovare mai una risposta, e si sentì sollevata dal non doversi più irritare con tappi di plastica ostici, difficili da chiudere e spesso sgocciolanti. E naturalmente l’Ipermercato ne trasse immediato vantaggio in termini di vendite di liquidi. Ma la “magia” di Luisito, dopo aver fatto il giro dei Media più attenti e praticamente di tutti i “social” maggiormente diffusi, incontrò subito l’opposizione degli ambientalisti, che lo definirono senza distinzione “inquinatore”, “irresponsabile” e “distruttore della fauna ittica”.
Luisito rispose soltanto con un’intervista, rilasciata per l’occasione a “Repubblica” ed a firma del pensionato Massimo Lugli, che conosce bene Torbellamonica. Ecco le dichiarazioni di Houdini; “La Direttiva UE 204 del 2019 che impone che i tappi di plastica debbano essere fissati con una linguetta alle bottiglie e ai brik è solo una trovata ipocrita e menzognera per tre ragioni”, “Primo: i tappi inquinano per una percentuale dell’1,5 per cento sul totale della plastica finita nei rifiuti. Infatti il processo d riciclo prevede una serie di fasi in cui i materiali vengono suddivisi, lavati e triturati. Durante queste trasformazioni però, la presenza o meno dei tappi non modifica in alcun modo il processo stesso.” “Secondo:  l’obbligo in Italia dei tappi attaccati alle bottiglie, a partire dal 3 luglio 2024, non prevede nessuna norma specifica che imponga una suddivisione obbligatoria dei tappi dalle bottiglie all’interno degli impianti di raccolta e trattamento differenziati.” “Terzo ed ultimo: la madre di tutte le ipocrisie è attribuibile alla Direttiva UE 904 del 2019, la quale vieta la commercializzazione dei prodotti di plastica monouso tra cui posate, piatti, cannucce, cotton fioc e, tra gli altri, naturalmente, bottiglie, certamente non tappate col sughero.” “A lei risulta sia avvenuto tutto questo? -Disse al giornalista che lo intervistava- O più ipocritamente ci si sia accaniti solo contro i tappi in plastica? Io, sia chiaro, non discuto in alcun modo la norma che impone le linguette nei tappi, ma vorrei si prendessero iniziative vere e non pilatesche contro le plastiche che, inquinando i mari, mettono a rischio tutto l’ecosistema.” “Se le autorità non sanno far diminuire le plastiche, chiedessero a me. In un modo o nell’altro, qualche trucco lo inventerò.”

P. S. Se avete letto questo racconto, vuol dire che tutto è andato bene.

         Se invece non lo trovate, significa che Houdini lo ha fatto sparire.

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