L’anno scorso di questi tempi si affacciava nei cinema italiani il film di Paola Cortellesi, “C’è ancora domani”, che ha registrato un pubblico di circa 234 mila spettatori con 491 schermi.
Il tema centrale del film è la resilienza umana, esplorando come, nonostante le avversità, le persone trovino la forza di andare avanti, di sperare e di costruire un futuro migliore.
Il finale del film svela, a sorpresa, che l’appuntamento di cui la protagonista Delia non può mancare è il voto. Era il 3 giugno 1946 e anche le donne poterono votare per l’elezione di un’Assemblea Costituente, cui sarebbe stato affidato il compito di redigere la nuova carta costituzionale, come stabilito con il Decreto legge luogotenenziale 151/1944 e, contemporaneamente, si tenne il referendum istituzionale per la scelta fra Monarchia e Repubblica. Si trattò, in assoluto, delle prime elezioni nazionali a suffragio universale, in cui, quindi, poterono votare anche le donne. Con alcune eccezioni.
Pochi sanno o ricordano che nel 1946 poterono votare in Italia per la prima volta tutte le persone di sesso femminile, tranne due categorie:
«le prostitute “vaganti” e le suore di clausura» [sic!]. Da notare il linguaggio da questurini che usava il tempo che fu.
Ma, negli anni, quali sono state le conquiste delle donne italiane? Oltre al diritto di voto attivo e passivo con le citate eccezioni, nel 1963 ci fu l’accesso agli impieghi pubblici (dando seguito alla sentenza n. 66 della Corte costituzionale, che stabilì che la donna potesse accedere a tutte le cariche, professioni ed impieghi pubblici, compresa la Magistratura, nei vari ruoli, carriere e categorie, senza limitazione di mansioni e di svolgimento della carriera, salvi i requisiti stabiliti dalla legge); e le altre conquiste: il 1970 con il divorzio, il 1975 con la riforma del diritto dei famiglia, il 1978 con l’aborto, il 1981, grazie all’impegno del magistrato di Tropea, Pasquale Lo Torto, ci fu l’abolizione del delitto d’onore e del matrimonio riparatore. Fu così abolita l’assurda pratica, del matrimonio riparatore contemplata fino ad allora dalla legge e ancora oggi in vigore in molti Paesi, che prevedeva l’estinzione del reato di violenza carnale se lo stupratore, anche di una minorenne, decideva poi di sposare la vittima.
L’Italia diede il via libera alle donne nell’Esercito, dell’Aeronautica, nella Marina e nell’Arma dei Carabinieri il 20 ottobre 1999.
Nel 2010 passò definitivamente la parità sul lavoro. In realtà, in Italia, la parità di genere era nata il 24 marzo del 1947, quando l’Assemblea costituente approvò l’articolo 3 della Costituzione, ideato e propugnato dalla senatrice Lina Merlin e scritto materialmente dall’avvocato Massimo Severo Giannini. Ma ci volle del tempo per applicare pienamente il principio e la prassi.
I provvedimenti più vicini sono stati: nel 2016 la rappresentanza di genere nella legge elettorale regionale; ovvero, la legge del 15 febbraio 2016 n. 20, che introdusse, tra i principi fondamentali in base ai quali le Regioni a statuto ordinario sono tenute a disciplinare con legge il sistema elettorale regionale, l’adozione di specifiche misure per la promozione delle pari opportunità tra donne e uomini nell’accesso alle cariche elettive.
E ancora: nel 2017, la rappresentanza di genere nella legge elettorale del Parlamento nazionale che prevede sia collegi uninominali da assegnare con formula con formula maggioritaria, sia collegi plurinominali da assegnare con metodo proporzionale (sistema misto), detta alcune specifiche disposizioni in favore della rappresentanza di genere per le elezioni della Camera e del Senato.
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