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Cade da un albero ma il contratto è scaduto da due giorni. Il dramma di un bracciante: «Abbondonato dal datore di lavoro»

La storia di un 65enne arrivato in Calabria dalla Tunisia. Anni di lavoro nei campi a 600 euro mensili. Dopo l’incidente è invalido

Pubblicato il: 08/12/2024 – 18:41
di Mariateresa Ripolo
Cade da un albero ma il contratto è scaduto da due giorni. Il dramma di un bracciante: «Abbondonato dal datore di lavoro»

ROMA Una caduta da un albero mentre raccoglieva le arance in un agrumeto di Reggio Calabria. Inizia così l’incubo di un bracciante oggi 65enne, arrivato in Calabria dalla Tunisia a 20 anni, alla ricerca di una vita più dignitosa e di un lavoro che potesse consentirgli di costruirsi un futuro. La storia di OO (sigla inventata) viene raccontata nelle pagine del Rapporto Agromafie e caporalato dell’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai Cgil, giunto alla sua settima edizione e presentato a Roma al Centro Congressi Frentani. Nel Rapporto sono contenuti i dati di un fenomeno, quello del caporalato, in continua espansione e che in Calabria tocca picchi altissimi in tutta la regione, specie dove il numero dei lavoratori agricoli è più alto, ossia le tre piane: Sibari, Sant’Eufemia e Gioia Tauro.
L’uomo, nell’intervista rilasciata per il Rapporto, racconta di aver sempre lavorato in agricoltura con una squadra di amici come raccoglitore di agrumi e di olive. Nella Piana di Gioia Tauro anche nelle raccolte degli ortaggi e della frutta, compresa la vendemmia. Nei primi anni ’90 si sposta su Crotone. Si sposa con una connazionale, ha due figli che crescono in Calabria. Uno è rientrato a Tunisi, l’altro vive a Mantova. 

Il lavoro nei campi calabresi

Anni di lavoro nei campi calabresi, contratti stagionali e paghe che non superavano i 600 euro mensili. I contratti erano di tre mesi, con una paga più bassa di quella sindacale. Ma aveva un contratto. «Il contratto – dice racconta – è la prima cosa che serve per stare tranquilli, perché se hai famiglia non puoi stare senza documenti. Servono per la scuola, per il medico e per inviarli ai vecchi genitori. Però il salario era basso, non superava i 600 euro. Le giornate non venivano contate in busta paga, così io prendevo sempre 600 euro lavorando tutto il giorno fino alle 20.00 l’estate e fino alle 16,30 l’inverno. Dopo questi tre mesi lavoravo in un’altra azienda ma tutto al nero. Non mi importava perché avevo già un contratto. Così tutto l’anno: un lavoro presso una azienda, un mese per cercare un altro lavoro e poi due/tre mesi di lavoro al nero e così anno dopo anno».

L’incidente due giorni dopo la scadenza del contratto. «Il datore non volle saperne nulla»

Circa tre anni fa la sua vita cambia completamente. Una caduta lo rende invalido, si ritrova senza lavori e senza diritti riconosciuti. «La caduta è stata brutta, mi si ruppe una gamba in più parti. L’intervento ricevuto non è stato sufficiente, era troppo rovinata (…) è la mia gamba sinistra. Al momento dell’incidente il mio contratto trimestrale era scaduto da due giorni: era l’8 luglio quando sono caduto, il contratto scadeva il 6. Questi due giorni sono stati terribili, perché il datore non volle saperne nulla. Io gli chiedevo un rinnovo per poter fruire delle cure sanitarie ma lui me le negò senza nessuna possibilità di tornare indietro. Mi trovai così senza contratto e con una gamba che richiedeva cure specialistiche. Mi sentivo abbandonato da questo datore che conoscevo da quasi dieci anni e mostrava verso di me e i miei amici-colleghi sempre il lato buono (…) certo (…) fino all’incidente. Cambiò atteggiamento. I miei colleghi chiamarono la Caritas di Reggio Calabria e con una ambulanza mi portarono all’ospedale cittadino. II datore, oltre a non voler sapere nulla al momento dell’incidente, non volle saperne neanche dopo, quando gli chiedevo tramite un avvocato della Caritas il saldo di quello che avevo maturato in tanti anni, sebbene con contratti stagionali. Chiedevo solo di poter fruire del servizio sanitario nazionale come mi spiegavano alla Caritas di Crotone». 
Al momento dell’intervista – svolta nei locali dell’Associazione SABIR che lo aiuta da circa sette mesi mettendogli a disposizione un alloggio in una casa famiglia – OO è in attesa di una pensione di invalidità, e prospetta, una volta ricevuta, di tornare in Tunisia. (m.ripolo@corrierecal.it)

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