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Chi “Vespa” mangia le mele (chi non “Vespa” no)

La notizia è di quelle che congedano il tempo trascorso. Ovvero: la Piaggio di Pontedera (Pisa) ha chiuso la produzione dell’Ape dopo 76 anni di vita. La tre ruote a “calesse” va in soffitta, la p…

Pubblicato il: 16/12/2024 – 9:10
di Bruno Gemelli
Chi “Vespa” mangia le mele (chi non “Vespa” no)

La notizia è di quelle che congedano il tempo trascorso. Ovvero: la Piaggio di Pontedera (Pisa) ha chiuso la produzione dell’Ape dopo 76 anni di vita. La tre ruote a “calesse” va in soffitta, la produzione rimarrà solo in India dove è già prodotta da anni. Un’epoca che si chiude lasciando spazio alla memoria. Il primo modello dell’Ape fu progettato nell’immediato secondo dopoguerra dall’ingegnere aeronautico Corradino D’Ascanio che aveva inventato anche la Vespa, seguendo un’intuizione di Enrico Piaggio. Nel Sud questo trabiccolo ha avuto la sua maggiore gloria. Come sostituto dell’asino o ciuccio che dir si voglia o come taxi nei vicoli di Tropea o Capri. Per ricordare questo mezzo, nello scorso mese di ottobre il fotoreporter Mario Greco di Castagna (frazione di Carlopoli in provincia di Catanzaro) ha licenziato il libro “L’Ape regina” (Rubbettino, 2024). Il testo si è avvalso della prefazione dell’antropologo Luigi Maria Lombardi Satriani. Il giornalista Roberto Messina, animatore del magazine online “”Calabria Mundi”, ha commentato: «Sempre acuto, poetico e sorprendente Mario Greco, fotografo e artista in-cantatore di Castagna (frazione di Carlopoli, Cz), abile ritrattista, documentarista sociale e soprattutto formidabile cantore degli elementi naturali del vivere calabrese, trasposti e catturati nell’alchimia dei fotogrammi. Arguto osservatore del mondo rurale e di tutto ciò che lo rappresenta, nei suoi scatti fa infatti balzare agli occhi come pochi altri la simbiosi tra terra e uomo e la grande bellezza della natura che ancora si possono qui rintracciare e assaporare. […] E di lavoro, oltre che di mobilità, è fatta la storia dell’Ape Piaggio, in un’epoca in cui semplicità e ingegno riuscivano a trasformare le sfide quotidiane in opportunità. Nato dalla visione di Enrico Piaggio e dalla genialità dell’ingegnere aeronautico Corradino D’Ascanio, questo veicolo a tre ruote ha rappresentato una delle soluzioni più innovative del Dopoguerra italiano, ed è in effetti riuscito a trasformare un mondo. Concepito in risposta alle esigenze di territori complessi come la Calabria e la Liguria, dove le strade strette e le pendenze rendevano impraticabile l’uso di camion e automobili – come spiega nella sua illuminante prefazione al libro, Nicola Arcuri che dell’Ape conosce davvero e incredibilmente ogni cosa tecnica e storica – la scelta di Genova come centro produttivo non fu casuale: la conformazione della Liguria, con i suoi terreni impervi, era un banco di prova perfetto per un mezzo maneggevole e versatile. Il nome stesso, “Ape”, evocava operosità, produttività, simboli del duro lavoro quotidiano, oltre che velocità e leggerezza […] Un’approfondita incursione nel passato, proiettata nel futuro. Un’azione costante di networking per valorizzare e promuovere la Calabria, terra dal cuore antico, scrigno di storia e di cultura, paradiso di biodiversità, sintesi di luce e bellezza che scaldano il cuore assieme alla forza dell’umanità e dell’amicizia. Questo vuol essere, questo vuole raccontare e rivelare Calabria Mundi: un sito, un magazine, un “cartellone” di eventi orgogliosamente “diffuso”, inclusivo più che esclusivo, migrante e itinerante A Castagna, le prime Ape arrivarono intorno al 1950. Pionieri come Gennaro Arcuri e altri abitanti iniziarono a usarle per il trasporto di merci, adattandole alle proprie esigenze. Le famiglie organizzarono veri e propri “corsi” per ottenere la patente, necessaria per guidare il veicolo. Non mancarono episodi curiosi: contadini e commercianti utilizzavano l’Ape per spostarsi in condizioni di scomodità, spesso sfidando il maltempo o sovraccaricando il mezzo». Nel Sud, soprattutto in Calabria e Sicilia, l’Ape era conosciuta e parlata come “a lapa”, slang trasversale che è entrato nel vocabolario sociale della gente meno abbiente. Tant’è che la scrittrice Renata Ceravolo scrisse il saggio “‘A sapi ‘a lapa – Modi di dire, proverbi e filastrocche calabresi” (Montedit, 2009), ossia: ’Mpistunàti, c’a pelliccia. Alla fine degli anni Sessanta, in piena rivoluzione sessuale, quando i costumi e le abitudini dell’intera società si accingevano a cambiare per sempre, la Piaggio spiazzò tutti con una campagna dal messaggio giovanile ed anticonformista: Chi Vespa mangia Mela! L’autore fu di Gilberto Filippetti, il creativo che per anni ha guidato l’agenzia pubblicitaria “Leader” di Firenze e che studiò tutte le campagne Vespa dal ‘68 all’’83. Era, per intendersi, colui che ha lanciato il fortunato spot “Chi vespa” mangia le mele (chi non “vespa” no). Mangia le pere. Slogan troppo sofisticato per chi usava ‘a lapa. 

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