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Delitto e castigo

Quanto accaduto ieri sera a Cosenza è stato terribile. Il rapimento di una neonata in una clinica privata ha tenuto tutti nell’angoscia. Iniziando ovviamente dai genitori della piccola.Il lieto fi…

Pubblicato il: 22/01/2025 – 15:50
di Mario Campanella
Delitto e castigo

Quanto accaduto ieri sera a Cosenza è stato terribile. Il rapimento di una neonata in una clinica privata ha tenuto tutti nell’angoscia. Iniziando ovviamente dai genitori della piccola.
Il lieto fine è merito delle forze di polizia e dell’intera comunità.
Sperando che questo fatto eccezionale e francamente quasi imprevedibile imponga di aumentare i livelli di sicurezza, è opportuno fare una breve analisi su quello che è accaduto dopo e cioè il fiorire di minacce social alla coppia autrice del delitto, invocazioni di pena di morte, carcere a vita e tante altre cose simili.
Nonostante il fatto sia stato gravissimo, la bambina è fortunatamente tornata in clinica. Certo, una vicenda del genere richiama alla memoria istinti primordiali sacri ( la tutela della genitorialità) legati a fatti di cronaca (Denise) in cui effettivamente chi è scomparso non è stato più ritrovato. Ma è legittimo ogni volta assistere a tagliole mediatiche ?
Qui torna in aiuto il più grande scrittore dell’ottocento russo, Dostojevski, e uno dei suoi romanzi più belli, Delitto e castigo, che ruota intorno agli omicidi commessi da Raskol’nikov.
Il protagonista del romanzo uccide una usuraia e la sua incolpevole sorella, sullo sfondo di una San Pietroburgo ancora saldamente zarista.
Raskol’nikov uccide dopo una febbre cerebrale e una smania narcisistica, superomistica, e la sua analogia con il fatto di ieri è puramente simbolica e descrittiva. Grazie a Dio non nella dinamica quanto nella lettura di un crimine.
Che la coppia di Cosenza possa avere problemi è pacifico ( uno dei due avrebbe dovuto chiaramente frenare l’altra/o) ma che le letture social e anche televisive siano molto parziali è altrettanto doveroso sottolinearlo.
In questo caso non è condivisibile la spiegazione narcisistica quanto quella puramente oggettuale, di per sé meschina. E’ stato tentato maldestramente di sottrarre un bambino come se si trattasse di un furto di un’auto e senza comprendere che ciò avrebbe naturalmente suscitato reazioni enormi.
Sembra più un’azione sterile e stupida, nella sua genesi criminale, che la premeditazione di qualcosa di più grave.
Ora, è giusto che queste due persone vengano sanzionate in proporzione al reato commesso che prevede un massimo di 15 anni ( al netto dei benefici del rito abbreviato) ma è plausibile ogni volta invocare punizioni da Vecchio Testamento?
E’ piuttosto triste e sconfortante. Non perché non debba esserci una pena certa ma per la disconoscenza che abbiamo, come comunità, delle basi giuridiche, del valore della sanzione, della sua proporzionalità in relazione al reato.
Il delitto presuppone un castigo, ma che sia sempre giusto e adeguato. Ed è difficile far capire che la pena assorbe poco e solo in parte la funzione di deterrenza: lo dimostra il fatto che la pena di morte, laddove è applicata, non riduce affatto gli omicidi.
Raskol’nikov sfida Dio nella sua soggettività morale dell’omicidio ma Dostojevski non gli risparmia la condanna. In questo caso bisognerà capire cosa è successo ma senza diventare giacobini. Non servirebbe a nulla.

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