La ‘ndrangheta «silente» del Nord-Est: gli interessi nell’economia e nelle grandi opere
In Trentino e Veneto una «struttura organizzata dotata di armi e uomini». Le mire della malavita calabrese sulla Milano-Cortina 2026

LAMEZIA TERME Dove ci sono soldi, arriva la ‘ndrangheta. La malavita calabrese da decenni si è ormai radicata al Nord Italia, attratta dalla «vivacità economica» e dalla «posizione geografica strategica» di alcune regioni settentrionali. Qui si sono imposte le ‘ndrine, estensioni delle famiglie calabresi che hanno costituito organizzazioni criminali autonome ma pur sempre collegate alla terra di origine. Negli ultimi anni, nel mirino della ‘ndrangheta è finito anche il Nordest, come certifica l’ultima relazione della Direzione Investigativa Antimafia: le procure di Veneto e Trentino Alto Adige lottano contro le infiltrazioni nell’economica della ‘ndrangheta, favorita anche dai rapporti con Camorra e le mafie dell’Est Europa. Non solo il business della droga, ma anche riciclaggio e i tentativi di intercettare investimenti privati e pubblici.
La «struttura organizzativa» in Trentino
In Trentino, la mafia più radicata secondo la relazione della Dia è la ‘ndrangheta, tanto da «da acquisire, nel tempo, una propria autonomia nella provincia di Trento». La sentenza di primo grado dell’operazione Perfido parla di una criminalità calabrese «inserita nel tessuto sociale ed istituzionale del territorio», dove persiste «una struttura organizzativa, dotata di uomini ed armi, oltre che di mezzi economici». Qui eserciterebbe un controllo del territorio anche mediante «metodi intimidatori». L’occhio delle procure, per prevenire infiltrazioni della ‘ndrangheta, è finito in particolare sulle grandi opere previste in Trentino, tra cui la «costruzione della futura Circonvallazione Ferroviaria di Trento» e i lavori per le prossime olimpiadi invernali Milano-Cortina 2026. Particolare, secondo la Dia, è l’episodio di una tentata estorsione – bloccata dall’arresto di due uomini ad ottobre – ai danni di un imprenditore ortofrutticolo. In questo caso, pur non trovando elementi per stabilire la vicinanza dei due indagati a famiglie ‘ndranghetiste, questi avrebbero minacciato in dialetto calabrese la vittima anche con «una testa mozzata di ovino, il tutto facendo riferimento a una sedicente “famiglia” mafiosa».
Il Veneto «vulnerabile» alle infiltrazioni mafiose
Mire della ‘ndrangheta anche sul Veneto, una regione caratterizzata da un’economia solida, un settore manifatturiero «resiliente» e una ripresa del turismo, settore particolarmente allettante per la malavita calabrese. A ciò si aggiunge una posizione geografica strategica e diversi investimenti sia privati che pubblici, che rende il Veneto «vulnerabile a infiltrazioni mafiose e a interessi di tipo crimine-affaristico». Lo scorso anno tre aziende sono state destinatarie di interdittiva antimafia per la loro presunta vicinanza a cosche di ‘ndrangheta. Due, in provincia di Verona, impegnate nel settore delle costruzioni e del nolo a freddo di macchinari e fornitura di ferro lavorato, un’altra in provincia di Treviso nel settore della vendita di automobili. Negli anni, segnala la Dia, la ‘ndrangheta si è radicata in Veneto «con modalità operative “silenti” ma conservando la capacità di esprimersi con violenza», tramite intimidazioni al fine di assoggettare le persone. Sono tre le sentenze della Corte d’Appello che riconoscono una struttura ‘ndranghetista in Veneto, «propaggine di quella attiva in Emilia Romagna». A giugno 2024 è arrivata anche la sentenza definitiva in Cassazione che certifica l’esistenza di un locale di ‘ndrangheta a Verona, riconducibile alla famiglia Giardino, «estensione della cosca degli Arena», ma anche la presenza di ‘ndrine che curerebbero gli «interessi illeciti delle famiglie calabresi Gerace-Albanese-Napoli-Versace». (ma.ru.)
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