Gennarino Gattuso: vita illustre di un calabrese normale diventato ct della Nazionale
La speranza ora è che l’allenatore di Schiavonea diventi eroe unificante delle Calabrie

La Calabria non ha mai avuto dalle sue terre un presidente del Consiglio, con Stefano Rodotà sfiorò il Quirinale ma ora ha un Commissario tecnico della Nazionale di calcio. Obiettivo? l’Italietta deve tornare ad essere Italia. I sogni di gloria nel calcio sono di casa e ora dal Pollino allo Stretto, dal Tirreno allo Jonio tutti i tifosi calabresi sperano che Gennarino Gattuso, Ivan secondo nome, Rino o “Ringhio” per i media, da Schiavonea di Corigliano, diventi il comandante Diaz, duca della vittoria azzurro, colui che arriva dopo tante Caporetto pallonare.
Vita illustre di un calabrese normale quella di Rino Gattuso. Da giocatore ha alzato al cielo Champions League e Coppa Italia con il Milan, soprattutto a Berlino la Coppa del mondo della Nazionale, ma da allenatore del Napoli ha anche fatto cucire il cerchio tricolore mentre lui medesimo ha portato sul petto lo scudetto e al braccio ha messo anche la fascia di capitano, ruolo propedeutico a quello di allenatore.
In Germania nel 2006 stava tra panchina e campo, diventa titolare quasi per caso e poi diventerà il simbolo di quella Nazionale vincente.
Umano Gattuso, la notte prima della finale non riesce a dormire, ha mal di pancia e si infila il ghiaccio nelle parti più intime di quel fisico di lottatore da pallone.
Lo chiamammo Ringhio per il suo carattere, pugnace in campo, ma lui ne è anche un po’ scocciato, più significativo che a Glasgow quando gioca per i Rangers i tifosi lo appellino “Breveheart” con tutto quello che ne consegue per degli scozzesi. Non fu semplice per un ragazzino calabrese iniziare tra quelle brume.
Scriveva lettere al padre, che è stato il suo mentore, l’allenatore da bambino, il motivatore. Dicono che in quelle lettere Gennarino scrivesse di sognare la spiaggia di Schiavonea e che voleva tornare a casa come certi ragazzini in collegio. E’ certo, invece, che quando lo andasse a trovare in Scozia, il papà riusciva a portare il pescato dello Jonio di famiglia infilandolo nella borsa del ghiaccio dribblando i doganieri.
Gattuso da giovane giocatore dei Rangers trovò un altro mentore di non poco conto. Si chiamava Paul Gascoigne con tutto quello che ne consegue sul piano dell’essere rude.
Gennarino, soprattutto, è una determinata testa dura calabrese quando continua a scendere in campo con la croce al collo giocando per una squadra simbolo dei protestanti scozzesi. Impazzisce per lui, anche il vicepresidente dei Rangers, tale Sean Connery, universalmente noto come James Bond cinematografico, il quale non vuole che Gennarino torni in Italia. Marino Bartoletti ha testimoniato che quel mediano calabrese andò dal presidente dei Rangers e ordinò ai suoi procuratori in calabrese stretto: «Dite a Sean Connery di farsi i cazzi suoi».
Il prossimo 25 giugno a Oshawa, città dell’Ontario canadese, si celebrerà l’ottavo “Gattuso day” perché la folta comunità italiana di quelle lande gli ha assegnato la cittadinanza onoraria che fanno di Gennaro un eroe dei due mondi del calcio. Forse anche per questo Gattuso è ora il Ct della Nazionale.
In campo è stato “un mastino faticatore antifighetto” secondo la definizione di Sandro Piccinini. Io ho visto lui in campo sempre come una reincarnazione postmoderna di Romeo Benetti. Niente veline da copertina nella sua vita privata, solo l’amore per la moglie Monica, napoletana figlia di un ristoratore italiano di Glasgow, una presenza fondamentale della sua vita. Una vita da mediano pure in strada. A giocare a pallone nel Quadrato Compagna di Schiavonea e a scaricare cassette di pesce che si rivendeva al mercato. Un ragazzino che avrebbe fatto volentieri anche il pescatore con quelle ciurme del suo paese che ancora ti raccontano, come in Moby Dick, dei loro amici morti a largo inghiottiti dalla tempesta per portare soldi in famiglia. Gennarino non sapeva che avrebbe aperto una fabbrica di lavorazioni dei molluschi al paese, una pescheria a Gallarate, dei ristoranti di pesce a Milano e a Montecarlo. Non proprio un terrunciello rozzo e calabrese. Rino non ama i luoghi comuni del riscatto lontano da casa e forse perché Sibarita ha detto in passato: «Non siamo mai stati ricchi, ma neanche poveri» quasi consapevole che i nostri contadini a differenza di quelli del Nord non sono mai morti di pellagra. Continua ad andare al mare a Schiavonea e non posa ad Ibiza per i rotocalchi anche se ha casa a Marbella. Chi lo conosce bene racconta che se trova le luci aperte in casa le spegne perché gli sprechi non gli appartengono.
Il nonno era un maestro d’ascia, il papà un calciatore di polverose categorie, il figlio gioca nelle giovanili d’Europa, ha perso una sorella, ha tirato una testata a Jordan in una partita che ha fatto epoca, la sua strattonata a Marcello Lippi a Berlino è nella cineteca della Nazionale come l’urlo di Tardelli.
Nel 2009 è il testimonial della Calabria turistica in uno spot che se non ha cambiato la storia del turismo almeno ha creato un’identificazione positiva con lo slogan “Noi ci mettiamo il cuore”, e pochi ricordano che quella campagna fu persino premiata al Marketing Awards di Milano.
Un uomo generoso Rino Gattuso. La sua fondazione “Forza ragazzi” a Corigliano si occupa di sostenere il calcio giovanile per fasce deboli. Si è anche tagliato di recente la barba da allenatore in Croazia per la prima volta dopo 22 anni per raccogliere fondi per la ricerca sul cancro.
Che Ct della Nazionale sarà non spetta a me dirlo e lascio l’onere a quelli che sono competenti. Quello che so è che nelle squadre dove ha allenato ha sempre tenuto un rapporto stretto con i giocatori, soprattutto in società che non navigavano nell’oro preoccupandosi anche di qualche stipendio e di molte necessità perché lui se lo può permettere. I suoi risultati da allenatore non sono stati stratosferici ancora. Ricordo a me stesso però che Enzo Bearzot prima della Nazionale aveva allenato solo il Prato in serie C e fatto l’assistente di Nereo Rocco e Mondino Fabbri.
Molti sono i pollici all’ingiù dei blog di ogni sorta e grado fino a Montolivo che su Sky ha inteso regolare vecchie ruggini.
Come calabresi noi speriamo in Rino Gattuso eroe unificante delle Calabrie. Uno che a Eliana Godino nel suo libro “Ritratti del Sud ha detto: «Io tutt’ora penso in calabrese e dopo in italiano». Non sappiamo cosa pensasse in Grecia in quella memorabile conferenza stampa in cui ai giornalisti disse: «Il condottiere d’abbarc ca non abbandona abbarc». Rino Gattuso facci sognare.
Foto tratta da milannews
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