Da Salvini a La Russa: quando Gattuso dà lezione di garbo istituzionale
Prima del presidente del Senato, nel 2018 anche il leader della Lega criticò Ringhio. Allora la replica fu dura, giovedì al presidente del Senato il tecnico ha risposto quasi da “statista”

COSENZA Non sappiamo se Gennaro Gattuso voti a destra, a sinistra o se, semplicemente, preferisca stare al centro del campo come ai bei tempi. Ma, in fondo, chi se ne importa? Il punto è un altro: negli ultimi anni “Ringhio” qualche problemino con la politica – quella vera, con la P maiuscola e l’ideologia stampata sul petto – lo ha avuto. E no, non con tutta la politica: con quella di destra-destra, quella che oggi comanda il Paese.
Negli ultimi giorni ha fatto parecchio rumore (più o meno quanto un suo contrasto a centrocampo) l’uscita del presidente del Senato Ignazio La Russa. Sì, proprio lui, seconda carica dello Stato – per chi avesse saltato educazione civica, viene subito dopo il Presidente della Repubblica – che, con l’equilibrio e la sobrietà che ci si aspetterebbe da chi riveste un ruolo super partes, ha deciso di buttarla in caciara. Il motivo? Non ha digerito la scelta di Gattuso come nuovo ct della Nazionale. Da interista convinto, ha trovato il tempo e lo spazio per farcelo sapere più volte, come se tutto il Paese stesse aspettando la sua analisi tecnica sul curriculum di “Ringhio”.
La Russa ha raccontato con orgoglio di aver preso il telefono per chiamare direttamente il presidente della Figc, Gabriele Gravina, quando il nome dell’allenatore calabrese di Schiavonea cominciava a circolare sul serio. «Gli ho espresso i miei dubbi», ha dichiarato a “La politica nel pallone” su Radio Rai Gr Parlamento, come un opinionista qualunque con linea diretta con i piani alti. E ha rincarato la dose: «Gattuso simbolo del nostro calcio? Ma dove? Semmai lo è Buffon, che forse ha messo lo zampino nella scelta. Tanto valeva fare Buffon selezionatore. Non serve essere allenatori per scegliere i convocati». Logica ineccepibile, se fossimo a tavola a parlare tra amici e non a Palazzo Madama.
E ancora, via con la sfilata dei veri “simboli”: Totti, Del Piero, Cannavaro, Nesta, Pippo Inzaghi. Gattuso? No, troppo “Ringhio”, troppo ruvido, troppo poco Rivera o Baggio. «Perché non Zenga?», ha chiosato retoricamente La Russa, sfoderando la nostalgia calcistica in versione Amarcord.
Ma, come dicevamo, Gattuso coi politici aveva già avuto a che fare. Era il 2018, allenava il Milan e il suo “critico tecnico” di turno era niente meno che Matteo Salvini, tifoso rossonero oggi ministro e leader senza tempo della Lega. Dopo una partita contro la Lazio, l’allora vicepremier del governo Conte, se ne uscì con una delle sue critiche “tattiche” su alcune sostituzioni non effettuate. Risposta di Gattuso? Una legnata delle sue, ma verbale: «A Salvini dico di pensare alla politica. Con tutti i problemi che ha il Paese, se il vicepremier parla di calcio siamo messi male. Questo è un Paese incredibile: si lamenta perché non ho fatto i cambi? Ha cominciato con Higuain, ora è un’abitudine…».
Insomma, il Gattuso versione 2018 non le mandava a dire. Ma oggi qualcosa è cambiato. Da “ruvido” candidato ct si è trasformato in rappresentante sobrio dell’Italia calcistica. Alla frecciatina di La Russa giovedì scorso, nel giorno della sua presentazione da nuovo commissario tecnico azzurro, ha risposto con un’eleganza che verrebbe da definire istituzionale: «Non voglio entrare in polemica con La Russa, dico solo che farò di tutto per fargli cambiare idea».
Una risposta asciutta, elegante, quasi zen. Una lezione di eleganza a chi, invece, dovrebbe incarnare lo stile delle istituzioni. Come a dire: caro La Russa, ora che rappresento l’Italia, mantengo un profilo basso per rispetto verso gli italiani di destra, sinistra e centro. Anche se, lo ammetto, la tentazione di risponderti col mio famoso “ringhio” è fortissima. (f.veltri@corrierecal.it)
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