Diario dell’estate post-patriarcale
Addio maschio alfa calabrese, i giovani hanno le sopracciglia scolpite

C’è sempre un ragazzetto — di quelli con il costume firmato ma comprato su Vinted — che giura di aver visto una medusa. Una sola. Una medusa in vacanza, stanca, fluttuante, disillusa. Un po’ come noi. E ogni estate, puntuale come l’afa e le zanzare, lui urla: «C’è una medusa! L’ho vista! Era lì!». Era anche a pochi metri dal bagnasciuga di Falerna, il giorno del solstizio, sotto un sole limpido e un venticello che dove si fra per averlo così tutta l’estate?
Ora, io non so se questo giovane sentinella l’abbia davvero vista, o se sia un gioco di formazione ma una medusa a Falerna è meglio dei serpenti nuotatori di Ibiza, diciamocelo. Quindi mi tuffo lo stesso. C’è spazio per tutti, in acqua e sulla spiaggia. Un po’ meno in piscina, e infatti costa di più. Ciò che è abbondante e accessibile, il mare, costa di meno.
La piscina è un rave infantile: bambini, famiglie, coppie LGBTQ+ in libertà finalmente piena — anche le ciabatte sventolano arcobaleno — e un’energia da “estate post-tutto”, post lockdown, post crisi, post patriarcato. (O almeno, dopo il patriarcato in ciabatte). Bisogna smaltire le nevralgie di ieri, perché ce ne sono altre incombono. La spiaggia è un miracolo: ombrelloni-pagoda ben distanziati, a occhio e croce dieci metri l’uno dall’altro, manco fossimo in zona gialla.
Risalire dal mare, però, è un’impresa. Il bagnasciuga ha la pendenza di un’escape room per quadricipiti. Ma questo, mi dico mentre annaspo come un’otaria reduce dalla maratona, è il motivo per cui paghiamo la palestra tutto l’inverno. Squat, affondi, stacchi da terra: tutto per arrivare alla sdraio con un minimo di dignità. Di bagnini, uno solo. Mediorientale, beato, sta sotto una pensilina all’ombra. I bagnini a torso nudo bruciati dal sole non ci sono più. Siamo bombardati dalle linee guida sull’abbronzatura, questa è l’estate in cui dobbiamo difenderci, dalla guerra e dal sole. Di islamici ce ne sono tanti, tutti immigrati che lavorano e che si spostano in monopattino elettrico. Scimitarre non ne nascondono, qui ci sono solo sciabole per stappare champagne, in lidi frequentati da single con occhiali da sole che sembrano più grandi del loro conto in banca. Preferisco una cedrata, in piedi al chioschetto, a fissare il barista che sta alla cassa moro, palestrato, con addominali a vista, che batte gli scontrini senza mai alzare gli occhi, neanche quando deve cercare le patatine sotto il bancone.
Un uomo che ha fatto pace con l’idea di non dover dire nulla, né fare nulla, né guardare nessuno. Soprattutto le donne. È lo zen barocco del fitness muto.
Il segnale più chiaro che l’estate 2025 è l’estate della fine del maschio alfa. E se finisce qui, in Calabria, fidatevi: è finita per tutti. Di “panze” generose, maschili e femminili, ancora se ne vedono. Noi preferiamo, tra tutte, quella di Luciano Pignataro, calabrese ad honorem.
I ragazzi hanno le sopracciglia più scolpite dei templi greci di Paestum, l’arco perfetto, nessun pelo superfluo, e probabilmente un contratto di sponsorizzazione con l’Henné. Il testosterone ha lasciato spazio al retinolo. Il sudore al gel illuminante. Evviva la libertà, come quella di Marco Mengoni di mettersi un corsetto.
Il “maschio dominante” è ormai un lontano ricordo, come le cabine telefoniche o la TV generalista. Si sta benissimo sulla spiaggia del vento, fingo di non vedere un mostro di cemento abbandonato sulla spiaggia. È stato più facile liberarsi dal patriarcato che dall’abusivismo edilizio. (redazione@corrierecal.it)