Il ferrociclo della Sila, idea sostenibile e poetica – VIDEO
In Calabria abbiamo tutto: storia, boschi, uomini capaci. Ci manca solo la decisione di pedalare

La ferrovia della Sila parte da San Giovanni in Fiore e si arrampica verso Camigliatello tra rettilinei e curve, gallerie solide e improvvisi squarci di radura, la Lichtung cara al filosofo Heidegger. Il paesaggio sfida le parole per la sua bellezza sincera. La linea attraversa boschi fitti, taglia vallate larghe e silenziose, percorre come sentiero incantato il cuore dell’altopiano calabrese. Con una grazia classica, senza fretta, quasi a rispettare i tempi dilatati della montagna.
Più avanti, il tracciato scende verso la Presila e Cosenza, attraversando luoghi dove resistono tracce contadine, usanze tramandate, una civiltà di condivisione, rispetto, antica cortesia. A quella linea, oggi in parte dismessa, sono legate vicende, comunità e una natura che non ha ceduto al turismo di massa. È un’infrastruttura, se vogliamo chiamarla con un termine burocratico e parlamentare, che per molti versi rammenta il corso locale del Novecento: la fatica e l’ingegno di una gente di periferia, la memoria, le ingiustizie, la povertà e le lotte del popolo silano. È un pezzo di storia che si mantiene, anche per la permanenza di caselli ferroviari ancora intatti, in grado di restituire al Sud, offuscato dal capitalismo omologante, una prospettiva di autenticità e sviluppo sostenibile.

Ci crede senza timori Mario Gallo, imprenditore di San Giovanni in Fiore sopra i 70 anni che non ha perduto la sua fame di idee. Dopo aver acquistato il catamarano “Caciarda”, così chiamato dal soprannome familiare, con cui gira le coste italiane assieme a gruppi organizzati, Gallo ha incanalato la sua energia verso un sogno nuovo: un prototipo di ferrociclo (costruito da Aldo Aiello, signore che per talento ricorda il personaggio televisivo di Angus MacGyver, nda), un veicolo a pedali per viaggiare proprio su quei binari della Sila dimenticati. Il mezzo è stato pensato come strumento per uno sviluppo dolce dell’altopiano, utile per l’escursionismo, per la raccolta dei funghi, per la contemplazione dell’intorno quando non arriva il treno storico. Con mente fervida e mani operose, Gallo e Aiello hanno sperimentato e proposto il mezzo in questione. Ma è qui che l’Italia si scopre ancora immobile, complicata, autolesionista. Difatti, se da un lato la legge numero 128 del 2017 – voluta dall’allora ministro Dario Franceschini – riconosce le ferrovie turistiche e persino l’uso dei ferrocicli sulle tratte dismesse, dall’altro lato mancano ancora le condizioni attuative. Il testo c’è, approvato all’unanimità da Camera e Senato. All’articolo 10 si prevede la possibilità di utilizzare veicoli a pedalata naturale o assistita – i ferrocicli – sulle linee dismesse o sospese, purché in possesso dei requisiti tecnici Uni. È una norma all’avanguardia, pensata per dare – per dirla con Battiato – «un’altra vita» a centinaia di chilometri di binari abbandonati. Ma, come spesso accade, alle parole non sono seguiti i fatti. La norma tecnica è stata redatta con il contributo della Federazione italiana delle ferrovie turistiche e museali (Fiftm), dell’Agenzia per la sicurezza ferroviaria (Ansfisa) e del ministero dei Trasporti. Un tavolo tecnico è stato pure attivato, nello specifico tra gli enti preposti. Già nel 2019, peraltro, l’Associazione Ferrovie in Calabria, realizzò un prototipo avanzato di ferrociclo. Ora manca l’ultimo passaggio burocratico, ma nessun ente si assume la responsabilità di concedere le autorizzazioni. Tutti dicono Sì, ma nessuno firma. Tutti riconoscono l’opportunità, ma nessuno si prende il rischio. Dunque, le buone idee restano nel limbo, tra l’entusiasmo dei cittadini e l’inerzia degli apparati.
Intanto, non è stata ancora conclusa la ristrutturazione della tratta ferroviaria Cosenza-San Giovanni in Fiore. Il progetto, finanziato da Ferrovie della Calabria con fondi pubblici, doveva essere terminato entro il 2024, ma il tratto tra Camigliatello e San Giovanni in Fiore resta chiuso, inutilizzabile. Le traversine ci sono, le gallerie attendono la messa in sicurezza e i binari si arrugginiscono a poco a poco. Nonostante le promesse. Nonostante l’interesse crescente per il treno della Sila. Nonostante le decine di migliaia di turisti che ogni anno visitano l’altopiano, come pure documentato dagli studi dell’economista Unical Francesco Aiello. Il rischio concreto è che anche questo investimento si perda per mancanza di volontà politica o per pigrizia burocratica.
Eppure, ci sono esperienze che mostrano tutt’altro andazzo. In Francia, l’associazione Vélorail de France ha attivato oltre 60 linee per un totale di più di 1000 chilometri. Solo nella zona del Larzac, 17 chilometri di rotaie attirano migliaia di turisti al giorno nella stagione estiva e creano posti di lavoro stabili, microeconomie, identità condivise. In Italia, con oltre 1.500 chilometri di linee dismesse già mappate, si potrebbe fare molto di più. L’economista Roberto Ghiretti, in uno studio sugli impatti economici del turismo lento, ha dimostrato che l’interazione tra mobilità dolce, cultura locale e ambiente naturale produce effetti duraturi, distribuiti, stabili. Non effimeri, non drogati da grandi eventi oppure da speculazioni. Nel caso della Sila, la ferrovia storica è già legata a una narrazione di profondità che rinvia alla presenza in quei luoghi di Gioacchino da Fiore, il pensatore calabrese che nel XII secolo prefigurava un’epoca dello Spirito, in cui l’uomo avrebbe vissuto in pace con il creato. «Sarà allora il tempo in cui la legge sarà scritta nei cuori e non più su pietra», profetizzava l’abate calabrese nel Liber Concordiae. Non è forse questo il senso di una ferrovia riconsegnata ai cittadini, senza cemento, senza ruspe, senza devastazioni? Non sarebbe opportuno un binario che sia strada per le persone, perché tornino alla voce accogliente della natura, al fascino della realtà, della normalità e dell’esperienza tangibile?

Ecco perché serve oggi un impegno puntuale da parte della Regione Calabria, delle Ferrovie della Calabria, del ministero delle Infrastrutture. Occorre completare la ristrutturazione della linea Cosenza-San Giovanni in Fiore, attivare una sperimentazione del ferrociclo a partire dai prototipi già pronti, stabilire finalmente un ente preposto alle autorizzazioni e accompagnare le comunità in un percorso di valorizzazione vera e convinta. Difatti, come ha insegnato il giornalista e scrittore Paolo Rumiz, viaggiare in treno significa riconciliarsi con il tempo e con lo spazio. E, come sa chi vive in montagna, quando una ferrovia riapre, riparte anche una comunità. In Calabria abbiamo tutto: storia, boschi, uomini capaci. Ci manca solo la decisione di pedalare. (redazione@corrierecal.it)
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