Trent’anni nell’ombra: la ‘ndrangheta nel Veronese tra silenzi, affari e potere
A raccontarlo sono le inchieste giudiziarie e i numeri di una provincia che si scopre vulnerabile al riciclaggio e alla corruzione

LAMEZIA TERME Negli ultimi decenni, il volto della criminalità organizzata in Italia è profondamente cambiato. Non più solo violenza, intimidazione e controllo del territorio attraverso atti eclatanti, ma una strategia imprenditoriale silenziosa, basata su investimenti, corruzione e mimetismo economico. Il caso di Verona è emblematico di questa metamorfosi. A testimoniarlo sono le recenti analisi presentate alla 5ª Commissione consiliare del Comune, che ha fatto il punto sulla penetrazione mafiosa nella provincia con il contributo della Direzione Investigativa Antimafia (Dia) e di Avviso Pubblico.
Un radicamento storico, ma invisibile
Secondo quanto illustrato da Cosimo Mancini, vicequestore della Dia di Padova, la presenza della ‘ndrangheta nel territorio veronese non è un fenomeno recente. Le sentenze definitive delle inchieste “Taurus” e “Isola Scaligera”, condotte rispettivamente da Carabinieri e Polizia, hanno accertato l’esistenza di un’organizzazione ‘ndranghetista attiva nella zona da oltre trent’anni, con ramificazioni dirette alle cosche di Reggio Calabria e Crotone. Questa continuità storica è un elemento cruciale: significa che non si tratta di infiltrazioni episodiche, ma di un radicamento strutturale favorito da insediamenti familiari stabili e da un progressivo inserimento nel tessuto economico e sociale.
La geografia del potere economico mafioso
Il controllo del territorio da parte della criminalità organizzata non passa più necessariamente dalle piazze dello spaccio o dalla riscossione del pizzo, ma dall’infiltrazione nei mercati leciti. In provincia di Verona, sono 113 i beni e 8 le aziende confiscate, distribuiti in 17 Comuni, compreso il capoluogo. Le interdittive antimafia – oltre 30 in tre anni, secondo la Prefettura – colpiscono soprattutto imprese attive nei settori a maggiore circolazione di denaro e minor trasparenza: edilizia, logistica, trasporti, turismo, ristorazione, intermediazione di manodopera. Si tratta di ambiti in cui la presenza criminale può essere meno visibile, ma estremamente pervasiva, grazie a pratiche come il riciclaggio di capitali, la falsificazione dei bilanci e la corruzione di funzionari o imprenditori. Non a caso, Verona è la prima provincia del Veneto per numero di segnalazioni di operazioni finanziarie sospette: 2.177 nel periodo rilevato dalla Unità di Informazione Finanziaria di Banca d’Italia. Una cifra che, letta in chiave preventiva, può essere indicativa di una rete capillare di operazioni opache legate al riciclaggio.
Una mafia che si mimetizza nel dinamismo economico
Verona è una città vivace dal punto di vista economico, con un forte tessuto imprenditoriale e un sistema produttivo attrattivo. Ma è proprio questa vivacità che attira capitali mafiosi in cerca di investimenti da “ripulire” e da reimmettere nel circuito legale. Come sottolinea Pier Paolo Romani, coordinatore nazionale di Avviso Pubblico, «oggi le mafie agiscono come imprese e come banche. Pur non rinunciando alla violenza, preferiscono corrompere piuttosto che spaventare». Il punto centrale è che la ‘ndrangheta non si impone con l’intimidazione tradizionale, ma si inserisce nelle pieghe della crisi economica, offrendo liquidità a imprenditori in difficoltà, alterando la concorrenza e distorcendo il mercato. (f.v.)
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