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la ricostruzione

‘Ndrangheta, la cocaina nelle banane dal porto di Guayaquil a Gioia Tauro: la rotta svelata dal manifesto di carico

Lo stratagemma, dall’arrivo all’esfiltrazione. Tutte le informazioni: la tipologia di box (reefer) e la qualità della merce “di copertura”

Pubblicato il: 27/08/2025 – 7:01
di Mariateresa Ripolo
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‘Ndrangheta, la cocaina nelle banane dal porto di Guayaquil a Gioia Tauro: la rotta svelata dal manifesto di carico

REGGIO CALABRIA Cocaina occultata tra le banane caricate nel porto ecuadoriano di Guayaquil e in transito a Gioia Tauro, con destinazione finale ad Algeri. Ma è durante il passaggio dal porto reggino nel gennaio 2021 che il carico di stupefacente fu esfiltrato e fatto sparire secondo un sistema ben studiato. L’episodio emerge nelle carte dell’inchiesta “Arangea bis” della Dda di Reggio Calabria. L’indagine, sviluppata tra il 2021 e il 2024, ha permesso di disarticolare una struttura criminale organizzata e radicata nel territorio, che vedeva la partecipazione anche di esponenti legati a storiche cosche di ndrangheta, e finalizzata all’importazione di cocaina, hashish e marijuana da Paesi come Ecuador, Spagna, Germania, Olanda, Belgio e Albania, tramite rotte consolidate e contatti diretti con fornitori stranieri.

L’organizzazione dell’arrivo dall’Ecuador

Nelle carte dell’inchiesta emerge come il giorno precedente all’arrivo del carico, Antonio Gullì e Antonio Zambara si fossero accordati per incontrarsi l’indomani, per seguire da vicino le operazioni di scarico dello stupefacente. A partire dalle conversazioni, gli interlocutori sembrano avere contezza che, l’arrivo della nave con il carico di stupefacente, fosse previsto per 7 del mattino successivo.
A operare una vera e propria squadra per il recupero dello stupefacente [«No compa ma chi mette le mani sono fratelli nostri»]. Tra le informazioni a disposizione dell’organizzazione anche il fatto che al momento, il container nel quale lo stupefacente era occultato non fosse stato segnalato per la verifica allo scanner [«Il contenitore al momento è verde… la prima lista è uscitale lui è verde»].
Era un portuale infedele, secondo quanto ricostruito dagli investigatori, ad aggiornare costantemente gli indagati delle varie fasi delle operazioni di esfiltrazione del carico di cocaina dal container.

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Lo stratagemma: dall’arrivo all’esfiltrazione. Poi il trasporto

Nel caso specifico, il manifesto di carico, ossia la disamina del tracking del container in questione, ha permesso, tra le altre cose, di individuare la polizza di riferimento, il porto di partenza, la tipologia di box (“frigo”, ovvero reefer) e la qualità della merce “di copertura” trasportata. Dati acquisiti che collimano – secondo gli investigatori – in maniera perfetta con le informazioni preliminari veicolate tramite chat dagli indagati: “Indicazione destinazione finale del container: «L’importante mi diceva che non sia destino finale ma transito», «Da gioia».
E una volta recuperato lo stupefacente si passava alla fase successiva, quello di trasportarlo fino al luogo di occultamento. E anche qui veniva messo in atto uno stratagemma. I membri dell’organizzazione pianificavano come far incontrare il “corriere” e l’emissario del gruppo di esfiltratori per la consegna dello stupefacente, anche consegnando un criptofonino al trasportatore, organizzando un servizio di staffetta e verificando l’assenza di telecamere in prossimità del luogo del prelievo. («Tu sai dove è la discarica di gioia? (…) Dice se riesci ad organizzare su quella strada (…) Il termovalizzatore? (…) Perché lui è giustificato che va lì»).

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