È il Catanzaro del “non ancora”. Cosenza: sole, poker e spiagge piene
Ancora imbattuti ma mai dominanti, i giallorossi cercano ancora se stessi. Lo show dei Lupi nel deserto e le parole di Guarascio che fanno discutere. Crotone: l’illusione dell’equilibrio

Almeno sul campo, la copertina della settimana va al Cosenza capace di travolgere la capolista Catania in un San Vito-Marulla deserto. Ancora un pareggio casalingo (contro la Carrarese) per un Catanzaro alla ricerca di sé stesso. Più amaro il 3-3 del Crotone a Potenza.
È il Catanzaro del “non ancora”
Forse peccheremo di eccessiva prudenza, ma non è ancora il momento di puntare il dito. Troppo facile – e forse ingiusto – sferzare il Catanzaro dopo tre giornate in cui, se non altro, la squadra è rimasta imbattuta. Non è il momento delle sentenze. E neanche degli allarmi rossi. Ma qualche campanello, quello sì, ha già iniziato a suonare.
I tre pareggi consecutivi raccontano di una squadra che non ha mai davvero dominato. Che ha retto, spesso a fatica. Che si è affidata più all’inerzia che a un’identità già riconoscibile. E sabato, contro una Carrarese brillante e sfrontata, soprattutto nel primo tempo, si è vista la versione più fragile del Catanzaro. Poco equilibrio, ripartenze subite con troppa facilità, e un’idea di gioco che sembra ancora solo abbozzata.
Eppure, anche qui, serve cautela. La Carrarese oggi è un osso duro per tutti. Non perderci, forse, è più merito che demerito. Così come va sottolineato che, al momento, nessuna delle “big” ha davvero preso il volo. Il campionato, finora, è un cantiere aperto. Sette punti bastano per stare in alto, il che racconta di un torneo che deve ancora prendere forma. E in questa nebbia generale, il Catanzaro ha tutto il tempo per sistemarsi.
Ma il tempo, si sa, è una risorsa preziosa. E non infinita. Aquilani è nuovo. Lo è anche buona parte della rosa. Nuovi volti, nuove dinamiche, nuove geometrie da costruire. Il gioco, quello arioso e preciso, non è più quello di prima. O almeno, non ancora. Si ha l’impressione che quest’anno vedremo un Catanzaro diverso. Più pratico? Più fisico? Meno romantico? Forse sì. Ma perché tutto funzioni, servono automatismi, fiducia e un modulo che non faccia acqua alle prime onde. La sensazione di un possesso sterile e di una manovra impacciata (contro la Carrarese è parsa chiara) non va archiviata come un semplice incidente di percorso. È un tema.
Crema: nel mare di incertezze, qualche certezza emerge. Antonini, ad esempio, non sbaglia un colpo. Solido, presente, leader. Il gol è solo la ciliegina di una prestazione da guida difensiva. Ma la vera nota lieta arriva da Cissè: giovane, esuberante, imprendibile a tratti. Ha numeri da categoria superiore e una personalità che non si insegna. Se il buongiorno si vede dal mattino, in lui c’è il potenziale per scrivere un bel pezzo di futuro giallorosso. Ha appena 18 e sembra già fornire garanzie. Mentre alla sua stessa età, Liberali, il calciatore più osannato dell’ultima campagna acquisti giallorossa, sembra essere scomparso dai radar. Aquilani ha detto che arriverà anche il suo momento. Non resta che attendere.
Amarezza: in attacco qualcosa si inceppa. Se Iemmello non si accende, tutto sembra più spento. E sabato, ancora una volta, è mancata l’alternativa. Pittarello è apparso fuori ritmo, mai davvero pericoloso, spesso avulso dal contesto. È chiaro che non si può sempre chiedere al capitano di risolverla da solo. Ma oggi, dietro di lui, non si intravede ancora un piano B credibile. E questo, più del resto, preoccupa.

Cosenza: poker, sole e spiagge piene
In una città dove l’ordinario si traveste spesso da eccezionale – e viceversa – ieri pomeriggio si è vissuto qualcosa che avrebbe meritato il pienone, le bandiere al vento e qualche coro rauco di quelli che ti restano in gola fino al lunedì. E invece, per raccontare Cosenza-Catania, bisogna partire dal silenzio: 835 anime sparpagliate su un San Vito-Marulla che assomiglia sempre più a un museo archeologico dello sport che a uno stadio professionistico. Ma è proprio nel silenzio che a volte si sentono le verità più assordanti. Contro una delle corazzate imbattute del campionato, costruita per dominare il girone C e con numeri da far paura (11 gol fatti, zero subiti fino a ieri), i ragazzi di Buscè hanno sfoderato una prestazione di quelle che in altri contesti si incorniciano e si raccontano ai nipotini. Una vittoria netta, brillante, di personalità. Non un episodio, ma un segnale. Di quelli che dovrebbero infiammare la piazza. Il condizionale, purtroppo, è d’obbligo.
Già, perché fuori dal campo la temperatura resta glaciale. La tifoseria organizzata continua nella sua determinata protesta, lo stadio resta deserto, e il club – invece di provare a ricucire – sceglie di parlare con emittenti catanesi. Sì, proprio così: mentre fuori sventola lo striscione “Guarascio Vattene”, il presidente risponde da Telecolor, con dichiarazioni che paiono scritte da un ghostwriter amante della satira involontaria.
«Oggi con questo sole si preferisce andare al mare».
Parole sue. Detto da chi dovrebbe rappresentare il primo tifoso, in un momento in cui il club avrebbe bisogno di empatia, visione e, diciamolo, anche un po’ di autocritica. Ma tant’è: il calcio per Guarascio sembra essere ormai una questione di pay-per-view, e se il pubblico diserta, è solo colpa del meteo.
Ancora più discutibile l’ambizione annunciata: «Il nostro progetto è quello di risalire».
Risalire, sì. Ma dove? E soprattutto: con chi? Perché mentre si sogna la B, il Cosenza resta una squadra con un solo attaccante di ruolo – il volenteroso ma isolato Mazzocchi – e zero rinforzi in arrivo, nemmeno tra gli svincolati, a 15 giorni dalla chiusura del mercato.
Nel frattempo, però, in società si assume: è arrivato un nuovo direttore generale, Gualtieri, ad aggiungersi a un organigramma già affollato tra due direttori sportivi, un consulente finanziario e (pare) un amministratore delegato. Un piccolo paradosso, se si considera che in campo, invece, servirebbe qualcuno che la porta la veda spesso e volentieri. Ma forse anche il mercato, come le curve, è stato razionalizzato.
Crema: un applauso sincero a Buscè, alla squadra, e a chi ogni domenica (o quasi) scende in campo senza lasciarsi travolgere dal clima avvelenato che si respira intorno. Ricciardi, reintegrato con testa e cuore, e Florenzi, talento da categoria superiore, hanno brillato. Langella ha offerto geometrie e qualità, in attesa del rientro di Garritano, che potrebbe alzare ulteriormente l’asticella. Il materiale, nonostante tutto, c’è. Peccato che manchi il contorno.
Amarezza: vince il Cosenza, ma ne esce a pezzi (ancora una volta) la sua gente. Una piazza che da anni cerca solo rispetto, trasparenza e un briciolo di ambizione vera. Invece riceve in cambio comunicati, silenzi e interviste “fuori regione”. Il campo dice che questa squadra ha margini e qualità. Ma anche un attacco che non può reggere una stagione intera con un solo terminale. E mentre si assume ai piani alti, il reparto offensivo resta sguarnito. Sarà anche vero (almeno facciamo finta di crederci) che fuori c’è il sole, le spiagge sono piene e il futuro del calcio è in tv. Ma qui si rischia che anche il passato diventi solo un bel documentario.

Crotone e l’illusione dell’equilibrio
Dare una forma a questo Crotone è come provare a modellare l’acqua. Appena credi di averla imprigionata tra le dita, scivola via. Un’identità che si intravede, ma che ancora non si consolida. Un mese appena di campionato e i pitagorici hanno già vissuto un’altalena di emozioni degna di un’intera stagione. Si era partiti con l’immeritata sconfitta contro il Benevento allo Scida, dove tredici minuti di blackout sono bastati per rovinare i piani. Poi il poker servito al Team Altamura, una di quelle partite che ti fanno dire: ci siamo. Subito dopo, il derby col Cosenza, dove il Crotone ha mostrato muscoli e organizzazione, ma non la lucidità per colpire. E infine, il 3-3 di Potenza, una montagna russa emotiva: avanti due volte, raggiunti due volte. Come a dire: ci sei, ma non ci resti. Quattro giornate, cinque punti, tante cose buone, ma anche segnali da non ignorare. Il progetto di Longo è ambizioso, ma ancora in fase di rodaggio. La sensazione è che la squadra stia cercando il bandolo della matassa tra nuovi volti, meccanismi da oliare e una fiducia che arriva e se ne va come il vento sullo Ionio. Non è questione di talento: quello non manca. È una questione di tempo, e di quanto tempo davvero servirà per trovare quell’equilibrio che oggi ancora sfugge.
Crema: c’è una luce che brilla già forte in questo Crotone, e ha il volto di Guido Gomez. Una conferma. Quattro reti in quattro partite: metà dei gol totali della squadra portano la sua firma. È il punto fermo in un contesto ancora in movimento. Lavora, sgomita, segna, e dà l’impressione di poterlo fare ogni volta che tocca palla. Accanto a lui, Maggio sembra il partner perfetto: due assist anche a Potenza e un’intesa che cresce a vista d’occhio. Se la squadra troverà stabilità dietro e in mezzo, là davanti i presupposti per divertirsi ci sono tutti.
Amarezza: ma il calcio, si sa, non perdona. E a forza di dire “ci sta”, i punti iniziano a mancare. La sconfitta con il Benevento brucia, ma si poteva evitare. A Potenza, due volte avanti, e due volte ripresi: ingenuità. Contro il Cosenza, pericolosi ma solo un punto in tasca. Il rammarico è tutto nei dettagli: un gol preso in meno, un’occasione sfruttata in più, e staremmo qui a raccontare un’altra classifica. Il tempo per rimediare ovviamente c’è, ma la Serie C non aspetta nessuno. Il Crotone ha mezzi e uomini per fare la voce grossa. Prima, però, serve trovare la voce giusta. (f.veltri@corrierecal.it)

Foto di copertina Us Catanzaro e Cosenza calcio
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