Res Tauro: Facciazza è tornato, ma chi l’ha fermato?
Il boss Pino Piromalli è tornato e comanda come prima. J’accuse del procuratore Musolino. La politica prende le distanze, ma non prende posizione

Dopo oltre due decenni di carcere, Pino Piromalli è tornato a essere «padrone di Gioia Tauro», ad occupare il centro del potere criminale nella città della Piana che ha sempre considerato sua.
A riacquisire quel ruolo egemonico indiscusso, riconosciuto dal potere mafioso, che lo ha storicamente contraddistinto, con buona pace di chi pensa che la Piana sia un’isola felice. Lo dice senza troppi giri di parole il procuratore aggiunto Stefano Musolino – all’indomani dell’operazione “Res Tauro” – quando dai nostri microfoni, lancia un monito alla politica ed alla comunità, che non ha opposto «alcuna forma di resistenza». «Una mollezza del tessuto sociale», la definisce Musolino che ha consentito alla dinastia dei Piromalli di comandare la Piana quasi indisturbata. Una definizione che pesa più degli atti giudiziari, ma non nel comunicato del Comune di Gioia Tauro «anodino e prudente» come lo definisce lo stesso Musolino, che certifica l’assenza di una politica capace di misurarsi con la realtà dei fatti e non girarle attorno. «Abbiamo appreso dagli organi di stampa delle risultanze dell’attività investigativa relativa all’operazione denominata ” Res Tauro”. L’amministrazione comunale di Gioia Tauro conferma la piena ed incondizionata fiducia nell’attività di indagine svolta dalle forze dell’ordine e dall’autorità giudiziaria inquirente a tutela degli interessi supremi della collettività e della legge. Nel rispetto dei principi costituzionali di cui all’articolo 27 della costituzione, nelle sedi giudiziarie verrà affermato il principio di verità e di giustizia che governa la nostra democrazia. Ringraziamo le forze dell’ordine per la costante presenza nel territorio».
Si perché non ce ne voglia la sindaca di Gioia Tauro (che ha scelto di affidare la sua difesa a un secondo comunicato) il problema non è solo giudiziario, ma anche politico e culturale. In un territorio storicamente segnato dalla presenza di Facciazza, dei Piromalli e dei suoi sodali, l’assenza della ‘ndrangheta dai temi della campagna elettorale è un segnale preoccupante. E ignorarla durante i confronti, rimuoverla dai discorsi ufficiali, evitarla durante i comizi, è una responsabilità politica perché la ‘ndrangheta, lo sanno tutti, trasforma il silenzio in assenso e l’assenza in potere. Serve costruire una resistenza sociale – tuona il procuratore Musolino – ed è qui che la responsabilità diventa politica, culturale, collettiva. Ma oggi chi è davvero disposto ad assumersi questa responsabilità? (p.militano@corrierecal.it)

*direttore del Corriere della Calabria
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