Le indagini sui Piromalli, l’ossessione del clan per le microspie e l’avvertimento a Facciazza: «Vedete meno gente possibile»
Sistematiche le attività di bonifica. L’attenzione era massima: «Lascia che spengo questo telefono». «Sappi che quello che fai… e che respiri.. sentono!..»

REGGIO CALABRIA Su temi particolarmente delicati abbassavano repentinamente il tono della voce e utilizzavano perifrasi. Accortezze che gli indagati nell’ambito dell’inchiesta “Res Tauro” della Dda di Reggio Calabria utilizzavano sistematicamente. Così come «sistematiche» erano le «attività di bonifica», vere e proprie operazioni finalizzate a rilevare l’eventuale presenza di microspie attraverso apparecchiature acquistate online e che venivano utilizzate, come documentato in diverse occasioni, su veicoli utilizzati dagli indagati. È quanto rilevato dagli investigatori e come emerge anche dalle numerose conversazioni intercettate. Così il clan di ‘ndrangheta Piromalli, guidato nuovamente dal capo clan Pino “Facciazza”, si muoveva sul territorio gioiese per portare avanti e prendere decisioni su mosse e affari.
La strategia era quella di incontrarsi sempre in luoghi diversi in zone di campagna a Gioia Tauro, così da eludere eventuali riprese audio e video. «Dobbiamo andare una volta da una parte e una volta da un’altra, non andiamo mai allo stesso posto…», dicevano. L’attenzione era massima: «Lascia che spengo questo telefono».
«Vedi che ci stanno ascoltando, vedi che ci stanno vedendo…»
E già in data 11 maggio 2021, giorno successivo alla scarcerazione del boss 80enne Pino Piromalli, il fratello Gioacchino lo metteva in guardia: «C’è la microspia qua sopra direzionale». Il sospetto era che l’ingresso del palazzo fosse monitorato da un sistema di video osservazione e da una microspia “direzionale”. Lo avvisava di fare attenzione ad eventuali dialoghi intrattenuti nei pressi dell’ingresso dell’abitazione: «…faccio…non faccio niente… non parliamo e non faccio niente…vedi che ci stanno ascoltando, vedi che ci stanno vedendo…», «Perché da quella parte, dentro a strazzera…c’è la telecamera e c’è la microspia».
E qualche giorno più tardi, all’interno della propria abitazione, è proprio Pino Piromalli a ricordare: «… noi dobbiamo fare i discorsi e non ci deve essere un secondo discorso», procrastinando – ricostruiscono gli investigatori – alcune iniziative in momenti più propizi in quanto intimorito dai controlli pressanti, dovuti alla libertà vigilata. E ancora, avendo timore delle microspie: «E siamo qua chissà quante ce ne sono.— ecco perché non mi lascio andare con… con… con discorsi… hai capito?». Una vera e propria ossessione, quella per le microspie. «Sappi… sappi che quello che fai… e che respiri.. sentono!..», affermava il fratello Gioaccino. Il boss, in un’altra conversazione raccontava inoltre che era stato messo in guardia da un soggetto circa il fatto che ogni mattina le forze di polizia effettuassero nei suoi confronti dei servizi di osservazione e pedinamento. Il consiglio era: «Vedete meno gente possibile…».
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