Cosenza, il rinnovamento (a metà) del Pd e la ricostruzione difficile
Da un lato il “pianto del coccodrillo” dei dem che tornano a invocare le primarie, dall’altro la “cantèra” dei meloniani. Che dopo Angelo Brutto hanno già pronto un altro emergente

COSENZA La “cantèra” della destra cosentina che parte da Sergio Strazzulli e arriva ad Angelo Brutto passando per Fausto Orsomarso batte il nuovo corso del Pd che non ha avuto il tempo di imporsi nella partita delle candidature, eppure ha lanciato un messaggio di rinnovamento nel consigliere eletto: una donna con militanza – dissidente – nel partito, esperienza amministrativa eppure volto nuovo nell’Astronave quale Rosellina Madeo (foto in basso), nome appoggiato dal consigliere uscente Mimmo Bevacqua che dopo aver indirizzato il tumultuoso congresso dem si è fatto da parte, forse in attesa della candidatura alle Politiche. Semplificata al massimo è questa una delle letture che escono dalla tornata elettorale d’inizio ottobre limitate alla circoscrizione nord: ai primi di luglio il neosegretario provinciale del Pd Matteo Lettieri si insediava e alla fine dello stesso mese gli si spalancava davanti la partita delle regionali. Il resto è storia nota, con pezzi da 90 come Bruno Bossio e Iacucci candidati ma non eletti e l’impressione di un rinnovamento a metà: segreteria di giovani ma ultime cartucce concesse alla “vecchia scuola”.
L’impressione è che il Pd – su scala locale quanto regionale – si stia muovendo ancora come un pachiderma, pur nella consapevolezza di essere un partito strutturato con quadri e amministratori e, in media, il secondo più votato in regione dopo FdI: litigioso e lacerato sì ma senza dubbio il primo del “campo largo” dove i 5 Stelle e AVS si confermano forze che non riescono a incidere nel voto amministrativo quanto in quello (d’opinione) di Politiche ed Europee.

Un film già visto quello di un centrosinistra regionale dov’è iniziato, a urne appena chiuse, il “redde rationem” con il segretario pd Nicola Irto che rompe il silenzio e al nostro giornale lancia messaggi neanche troppo velati a Flavio Stasi («Chi non si è candidato dovrebbe tacere, non criticare»): il sindaco di Corigliano Rossano ha definito «accozzaglia» il campo largo e pare aver già lanciato un’Opa sul prossimo giro, intanto incassa da un lato l’essersi fatto da parte a favore di Tridico dall’altro i consensi durante i comizi nella provincia – più di una volta abbiamo carpito nel pubblico di piazze mai traboccanti la frase «il candidato doveva essere lui». Con buona pace di Nico Stumpo che lunedì scorso dal quartier generale dell’ex presidente Inps, a domanda diretta del Corriere della Calabria ha glissato: «Troppo presto per fare già un nome del prossimo candidato governatore del centrosinistra». Vedremo.
Nel frattempo, e non a caso, un tema ricorrente nelle analisi del voto susseguitesi nella settimana appena conclusa – una seduta di auto-analisi collettiva come quelle che si facevano un tempo nelle sezioni –, oltre all’immancabile cambiamento, è la proposta di tornare alle primarie di coalizione per individuare un nome condiviso e scelto dalla base, magari sperando di vincere come accadde con Loiero e Oliverio (così si è spinto il vicesegretario provinciale del Pd cosentino, Elio Bozzo).

A proposito di Mario Oliverio, apre nuovi scenari quel suo “Ricostruire” lanciato sui social – senza ulteriori spiegazioni ma con decine di commenti a rimorchio – nel giorno dell’annuncio della tregua a Gaza: anche l’ultimo governatore eletto dal centrosinistra prima del tris Santelli-Occhiuto-Occhiuto può alzare la voce e incassare i dividendi dopo essere stato “estromesso” dal partito per via giudiziaria prima che la sua vicenda e quelle di altri si chiarissero.
Dissidi interni, poi finta unità alla vigilia del voto, ancora litigi dopo la sconfitta. Dinamiche cui i dem ci hanno abituato negli anni, e che sembrano distanti dallo scenario che abbiamo visto, nelle ore della vittoria, nel quartier generale del campione di preferenze Angelo Brutto: un centinaio di militanti venti-trentenni formati nelle giovanili e nelle università, alcuni con incarichi a Roma e altri con la strada già tracciata come Nicola Caruso. Risorse su cui FdI punta dopo averle plasmate, laddove nel Pd i Salvatore Monaco e i Paolo Pappaterra sgomitano osservando un partito che si esercita nel pianto del coccodrillo mentre pensa come ricostruire le macerie: impresa proibitiva quasi quanto nel Medioriente. (EFur)
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