Skip to main content

Ultimo aggiornamento alle 23:51
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 5 minuti
Cambia colore:
 

processo propaggine

‘Ndrangheta, il business degli oli esausti da Roma a Cirò: il sistema Alvaro e le “pressioni” sui ristoratori

Il pm Musarò: «Bastava alzare il telefono per imporre la sua volontà». L’affare gestito attraverso società di comodo e uomini di fiducia

Pubblicato il: 19/10/2025 – 10:30
di Giorgio Curcio
00:00
00:00
Ascolta la versione audio dell'articolo
‘Ndrangheta, il business degli oli esausti da Roma a Cirò: il sistema Alvaro e le “pressioni” sui ristoratori

ROMA Una cena importante. Una tavola – l’ennesima – imbandita per alcuni soggetti di grande spessore criminale del locale di ‘ndrangheta di Roma. C’è Vincenzo Alvaro, ci sono i fratelli Palamara, ma anche «alcuni personaggi facenti parte del locale di Cirò come Martino Cariati e Luigi Muto, ma anche Luca Muraca e Rosario Stelitano, e non erano certo lì per caso». Lo spiega dettagliatamente il pm della Dda di Roma, Giovanni Musarò, nel corso della requisitoria davanti ai giudici nel corso del processo nato dall’inchiesta “Propaggine” contro il locale di ‘ndrangheta nelle Capitale, ma non solo. Peraltro Martino Cariati è coinvolto anche nell’ultima inchiesta della Dda di Catanzaro “Saulo” contro il locale di ‘ndrangheta di Cirò Marina. «Dalle conversazioni poi si comprende che Muraca e Stelitano erano lì perché l’accordo fra Alvaro e i locali di Cirò riguardava non solo il pesce ma anche altri due settori commerciali cioè il ritiro degli oli esausti e il ritiro delle pelli e degli sottoprodotti di origine animale», ha spiegato ancora il pm.

Il ritiro degli oli esausti da Roma a Cirò

«L’accordo prevedeva che del ritiro degli oli esausti se ne sarebbe occupato il gruppo di Vincenzo Alvaro, questa attività sarebbe stata svolta su Roma. Del ritiro delle pelli, soprattutto, si sarebbe occupato Giuseppe Spagnolo, rappresentato da Luca Muraca perché, questa attività, si sarebbe stata svolta presso macelli calabresi». Ma chi è Luca Muraca? «Parliamo di un imprenditore originario del crotonese, è di fatto titolare di una società, la “Ormas srl” intestata alla moglie, e si occupa di ritiro di oli esausti e di sottoprodotti di origine animale. Opera nella provincia di Crotone, nella provincia di Catanzaro e Cosenza, quindi in quell’area territoriale che ricade nella competenza del locale di Cirò», ha spiegato il pm. «Parliamo di un locale di ‘ndrangheta molto potente, molto forte e che riguarda anche diversi comuni, per esempio quello di Cariati che fa parte di una provincia diversa». Come spiegato dal pm antimafia, la società avrebbe operato «sotto la protezione di Giuseppe Spagnolo», quest’ultimo «parte dell’accordo stipulato con Vincenzo Alvaro» ma, spiega Musarò, «né Alvaro né Spagnolo sono titolari neanche di fatto di società che operano in quei settori merceologici, tant’è vero che questo è uno dei pochi casi in cui Alvaro si inserisce e si infiltra in un nuovo settore commerciale nella città di Roma senza costituire ad hoc una società intestata a un prestanome», non ne ha avuto bisogno perché «a Roma si usufruisce dei mezzi dell’azienda della Ormas, in Calabria dei mezzi della “Centropelli Srl” Rosario Stelitano».

Gli uomini di Alvaro

Anche nel caso di Rosario Stelitano, il pm ne delinea il profilo in aula: «È calabrese, nato a Melito Porto Salvo, titolare di una ditta che opera nel settore delle pelli. Ma soprattutto – aggiunge Musarò – la sorella, Santa Stelitano, è sposata con Antonio Rocco Alvaro, fratello di Vincenzo. In pratica, Rosario Stelitano è il cognato del fratello di Vincenzo Alvaro». Come raccontato dal magistrato, nei mesi successivi verranno intercettate numerose conversazioni che testimonierebbero come l’affare romano legato al ritiro degli oli esausti procedesse a gonfie vele, a differenza di quello sul ritiro delle pelli in Calabria, che fin dall’inizio «aveva incontrato diversi intoppi, anche a causa di accordi pregressi che Giuseppe Spagnolo aveva raggiunto con alcuni – non meglio precisati – napoletani».
Nel business più redditizio, quello del ritiro degli oli esausti, era ben inserito Vincenzo Alvaro che, a detta del pm, avrebbe inserito un suo uomo di fiducia, Sebastiano Sorgonà. «L’accordo – spiega Musarò – prevedeva che Muraca mettesse a disposizione l’azienda e i mezzi, mentre Alvaro inseriva uno dei suoi uomini più fidati». Sorgonà, infatti, «aveva persino realizzato un biglietto da visita in cui si presentava come rappresentante della Ormas Srl per la Regione Lazio».

L’autorevolezza mafiosa. «Gli bastava alzare il telefono»

Alvaro, continua il pm, «mise a disposizione anche un sito per lo stoccaggio degli oli raccolti dai vari ristoratori romani, presso “I Templari”, ma soprattutto mise in campo la sua autorevolezza mafiosa sul territorio». «Abbiamo visto – ricorda Musarò – come ad Alvaro bastasse alzare il telefono per chiamare i ristoratori e imporre che l’olio esausto venisse raccolto da loro a condizioni antieconomiche. Venivano raccolti quintali di olio al giorno, e l’affare andava a gonfie vele». Il pm cita anche le immagini delle videosorveglianze: «Spesso vediamo comparire Sebastiano Sorgonà a bordo di un furgone con la scritta “Ormas Srl” nei pressi di alcuni locali di Roma». A dicembre 2017 qualcosa va storto e l’accordo salta. «Ci sarà una rottura tra Muraca, Spagnolo, Alvaro e Sorgonà. Ma con il cerino acceso in mano rimane Muraca che, con la coda tra le gambe, se ne torna in Calabria. I contratti che la Ormas aveva stipulato con i commercianti romani vengono poi ereditati da una nuova ditta di Latina», ha concluso il pm. (g.curcio@corrierecal.it)

Il Corriere della Calabria è anche su WhatsApp. Basta cliccare qui per iscriverti al canale ed essere sempre aggiornato

Argomenti
Categorie collegate

x

x