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‘Ndrangheta e narcos, dagli affari in Sudamerica al Cono Sud «snodo cruciale per il traffico di cocaina»

Il ruolo dell’Africa, le alleanze tra organizzazioni e la figura di Rocco Morabito. In Commissione antimafia l’allarme: «Collegamenti con il terrorismo»

Pubblicato il: 06/11/2025 – 18:39
di Mariateresa Ripolo
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‘Ndrangheta e narcos, dagli affari in Sudamerica al Cono Sud «snodo cruciale per il traffico di cocaina»

ROMA Una connessione strettissima tra narcotraffico e riciclaggio, attraverso un’operatività su larghissima scala che avviene quasi sottotraccia. La fittissima rete intessuta dalla ‘ndrangheta nei paesi del Sud America ha permesso all’organizzazione criminale calabrese di porre le basi di un sistema che opera «al di sotto di ogni livello di attenzione». In Argentina, in particolare, con una quantità di affiliati crescente, dovuto al gran numero di calabresi arrivati fino alla terza generazione. A spiegarlo, audito in Commissione Antimafia a Roma Martin Verrier, Secretario Nacional de Lucha contra el Narcotráfico y la Criminalidad Organizada. Insieme a lui, Diego Iglesias, Procuratore Capo della Procuraduria de Narcocriminalidad Argentina Procunar.
Al centro dell’interesse della Commissione Antimafia il filone di indagine dedicato al crimine organizzato transnazionale, con particolare riguardo alle rotte del narcotraffico. Argentina, Paraguay, Cile e Uruguay, i Paesi sudamericani in cui la criminalità organizzata calabrese ha trovato terreno fertile per estendere a livello globale gli affari derivanti dal traffico di sostanze stupefacenti, in particolare di cocaina. L’America Latina – ha spiegato la presidente della Commissione Antimafia Chiara Colosimo, «è legata alla produzione, trasformazione e spedizione della cocaina in tutto il mondo». In particolare l’Argentina, che, spiega ancora Colosimo, «è diventata nel tempo il luogo di trasformazione della cocaina e soprattutto il luogo di spedizione di essa, con epicentro nel porto fluviale di Rosario».

I Paesi del Cono Sud e la sovrapproduzione di cocaina

Ad aver subito una evoluzione evidente, in termini di affari criminali, è quella che viene definito Cono Sud, che comprende Cile, Argentina, Uruguay, Brasile e Paraguay. «Esiste un fenomeno in queste regioni, in modo particolare in Argentina, legato a quella che noi consideriamo, in primis, una situazione inedita, ovverosia la sovrapproduzione di cocaina a livello globale che si sta attualmente osservando”, spiega Martin Verrier. Al giorno d’oggi si stima una produzione di cocaina cinque volte superiore a solo dieci anni fa, con una crescita significativa soprattutto in Colombia. Un fenomeno che si ricollega a situazioni ben precise: è il territorio «dove vediamo che il processo di pace ha consentito l’instaurarsi di una pace politica, la quale tuttavia è stata sfruttata dalle organizzazioni di natura criminale che di fatto non hanno aderito al processo di pace”. Il riferimento è alle FARC (Forze armate rivoluzionarie della Colombia), «che si sono approfittate di questa situazione per aumentare le aree di produzione e le aree del traffico e potenziare così le linee di traffico transatlantico».
La realtà colombiana ha avuto un grande impatto in tutte le realtà del Cono Sud, fino ai Paesi dell’Europa: nel paese sudamericano la sovrapproduzione di cocaina avrebbe generato un effetto globale. «Fino a qualche anno fa, – spiega Verrier – quando parlavamo di narcotraffico facevamo sempre riferimento a Colombia, Venezuela e Repubblica Dominicana. Tuttavia, questa situazione ha trasformato radicalmente la realtà presente in tutto il nostro Paese e quello che accade oggi è un “effetto palloncino”, per cui tutta la droga che viene prodotta sta interessando i porti del sud, i porti del Brasile, il porto di Montevideo in Uruguay, il porto di Asunción in Paraguay – dal quale sono partiti i due carichi più grandi mai arrivati in Europa nel 2020-2021 –, i porti di Rosario e Buenos Aires in Argentina, il porto di Santiago del Cile». Porti fino a qualche anno fa considerati di «seconda categoria per il narcotraffico». 

Il ruolo dell’Africa e l’aumento di valore della cocaina

All’attenzione della Commissione Antimafia che un altro fattore: il modo in cui queste rotte arrivano anche a potenziarsi attraverso il territorio africano. «Il valore dei chili di cocaina aumenta: inizialmente è pari a circa 200 dollari; quando arriva nei porti di uscita dal Sudamerica è pari a 8 mila dollari; quando arriva in Africa è pari a 20 mila dollari e quando arriva in Europa oscilla tra i 40 mila e i 60 mila dollari. Questo vuol dire che la catena logistica del narcotraffico e la sua evoluzione si basano sui costi e sui rischi che devono affrontare i narcotrafficanti. Tutto è fortemente collegato al prezzo della cocaina».
La sovrapproduzione di cocaina – ha spiegato Verrier – ha portato ad «un revival di alcune rotte, soprattutto di quelle africane e in modo particolare delle zone dove operano alcuni gruppi radicali islamici, nel Sahel, che attraverso la sponda nord dell’Africa cercano di arrivare in Europa. Di fatto questi rapporti si stanno consolidando sempre di più».

Le alleanze tra organizzazioni e la figura di Rocco Morabito

Un fenomeno che, hanno osservato gli investigatori sudamericani, avrebbe favorito l’apparizione, per la prima volta nella storia nei Paesi del Cono Sud, di organizzazioni criminali globalizzate, come ad esempio il Primeiro comando da capital (PCC) in Brasile, presente in ventotto Paesi, Italia compresa, con oltre 50 mila affiliati, con accesso ad armi pesanti. «È un’organizzazione che è riuscita a dominare quasi tutte le rotte del Paraguay e della Bolivia; ha una presenza significativa in Venezuela e sta dominando anche le rotte dell’Uruguay. Oggi questa organizzazione è la principale minaccia della realtà sudamericana. Tale gruppo criminale non è pericoloso solo per la grande espansione che continua ad avere, a livello globale, e che continua fortemente in realtà come l’Africa. Nel 2020-2021 il Mozambico ha mostrato dati importanti, con una grandissima operazione che è stata intercettata e che ha consentito l’identificazione di traffici verso l’Asia».
A spiccare è l’alleanza tra Pcc e ‘ndrangheta, con l’organizzazione calabrese «nesso con il PCC in America Latina”. In Sudamerica ha vissuto la sua “latitanza dorata” il super boss della ‘ndrangheta Rocco Morabito “Tamunga” dopo la fuga dal carcere di Montevideo. Un’evasione «rocambolesca». Così fu definita la fuga del 57enne che il 24 giugno 2019, insieme a tre complici lasciò il “Carcel Central” di Montevideo in Uruguay, dove era detenuto dal 2017 in attesa di estradizione per l’Italia. A maggio 2021 arriva la notizia della sua cattura: U Tamunga, viene catturato a Joao Pessoa, capitale dello stato brasiliano di Paraiba, insieme a Vincenzo Pasquino.
E Verrier, durante il intervento, ha fatto diverse volte riferimento a Morabito: «Penso a Rocco Morabito, con la sua organizzazione sostenuta dall’Argentina, da Sarago e Di Pietro, che davano sostegno a Morabito; penso anche al caso Maiorano. Insomma, la ‘ndrangheta è sempre stata in Argentina».
Significative in merito al radicamento della ‘ndrangheta in Sudamerica le considerazioni sul progetto “I-Can” per la lotta globale all’organizzazione criminale calabrese: «è un progetto importante, perché ci ha permesso di capire la dimensione globale della ‘ndrangheta nel nostro territorio. Sapevamo che la ‘ndrangheta stava operando in Argentina, ci siamo resi conto che la ‘ndrangheta opera in Argentina in modo molto occulto. In Argentina abbiamo oltre 100 mila calabresi che vivono lì stabilmente, quindi già abbiamo la seconda e anche la terza generazione. Sappiamo che è la comunità italiana più grande del mondo e questo ha permesso alla ‘ndrangheta di contare sull’appoggio di affiliati, di persone che si attivano immediatamente quando hanno bisogno». «I-Can, quindi, è stato importante per capire come operavano queste ‘ndrine al di fuori dell’Italia, in Argentina, e per capire quali fossero le relazioni tra narcotraffico e riciclaggio, perché la ‘ndrangheta è molto chiusa e molto nascosta, opera al di sotto di ogni livello di attenzione».

Il pericolo terrorismo e l’allarme

A preoccupare gli investigatore sudamericani è che «si inizia ad osservare una certa convergenza con il terrorismo». «Alcuni esempi sono molto chiari. Uno dei partner di Rocco Morabito era Waleed Issa Khamayis, conosciuto anche come “il Palestinese”. Questo soggetto faceva da nesso con il PCC, aveva collegamenti con Khalil Najib Karam, che al contempo aveva contatti con il centro islamico sciita a Brasilia. Di fatto, molti degli affiliati di Karam provengono dal centro islamico sciita in Brasile. In tale centro si è sviluppata l’operazione «Trapiche», che ha portato all’identificazione di una cellula terroristica che stava organizzando un attentato».
Mondi, dunque, quello del crimine organizzato e del terrorismo che spesso vengono «considerati come mondi scissi», ma che – spiega Verrier – «fanno parte di una stessa realtà, che si sta vedendo fortemente in America Latina». «I terroristi hanno un collegamento con i criminali perché questo risulta a loro molto utile. Alla fine, le stesse organizzazioni criminali si vedono così trasformate e adottano tattiche di carattere terroristico. C’è quindi una forte convergenza. Abbiamo l’abitudine di mantenere questi universi separati, ma non è così, e l’impatto che si genera sulla stessa regione è significativo». Il Secretario Nacional de Lucha contra el Narcotráfico y la Criminalidad Organizada parla infine di una «situazione fortemente complicata» in cui «i Paesi del Cono Sud devono elevare il proprio livello di allerta. Il futuro dell’Europa è collegato al futuro del Cono Sud. Il futuro della lotta contro il terrorismo in Italia e in Europa è collegato a quanto avviene in America Latina, nel territorio del Cono Sud. Non dimenticatelo», avverte.

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