Crypto e ‘ndrangheta, monete virtuali bancomat dei narcos. Così «investono in immobili e ristoranti»
Il principio “Follow the money” per i soldi oggetto di riciclaggio in attività apparentemente lecite. «Difficile percorrere la storia a ritroso»

ROMA Pochi cash e tante monete virtuali. Dai narcotrafficanti vengono utilizzati prevalentemente i crypto-asset o i cryptocurrency.In contanti viene effettuata solo una piccola parte delle operazioni. Capitali che poi vengono reinvestiti in attività (solo apparentemente) lecite. «Quello che stiamo osservando nelle nostre indagini è che la ‘ndrangheta sta investendo negli immobili, in business, anche in ristoranti e nel settore gastronomico in generale». Una analisi fornita dai vertici investigativi argentini in audizione davanti alla Commissione parlamentare antimafia, nell’incontro con focus sul filone di indagine dedicato al crimine organizzato transnazionale, con particolare riguardo alle rotte del narcotraffico.
Così i narcos e la ‘ndrangheta usano i crypto-asset
Rotte in continua evoluzione e un modus operandi ben delineato che vede i cartelli sudamericani in stretto contatto con ‘ndrangheta e altre mafie, in particolare quella albanese. Un sistema che prevede un continuo flusso di denaro, in grandissima quantità. Ma a girare, in questa rete globale, non è il denaro contante, almeno non prevalentemente. «Stiamo osservando oggi che di fatto c’è molto poco traffico di cash, di contanti tangibili. Aumenta esponenzialmente l’utilizzo di cryptocurrency che sono monete virtuali legate al valore del dollaro e che quindi non subiscono grandi fluttuazioni, non sono particolarmente volatili. In tutte le indagini che stiamo portando avanti vengono utilizzate queste criptovalute. Il fenomeno dell’uso dei contanti via marittima esiste ancora, ma soprattutto sulla rotta dei Caraibi. Vediamo ancora dollari ed euro. Però ultimamente si usano soprattutto i crypto-asset o i cryptocurrency», spiega Martin Verrier, Secretario Nacional de Lucha contra el Narcotráfico y la Criminalidad Organizada.
A parlare di un caso di contrabbando di valute, Diego Iglesias, Procuratore Capo della Procuraduria de Narcocriminalidad Argentina Procunar: «Una piccola parte della transazione viene effettuata in contanti, attraverso i cosiddetti mules, persone che si prestano a tutto questo, che facilitano e favoriscono il contrabbando. Ad esempio, il caso dei 15 milioni fa parte proprio di questa modalità. Con hawala e altre metodologie, usate da operatori finanziari illegali, il denaro non fluisce fisicamente, quindi è come se la transazione non fosse visibile, non si vede, non si traccia».
«Follow the money». Il denaro che va a finire in immobili e attività
A fare da scuola, anche per gli investigatori argentini, è il principio di Giovanni Falcone: «Follow the money (segui il denaro)». E i soldi del narcotraffico vanno a finire investiti in altre attività, perlopiù business legati al mondo della ristorazione, ma non solo.
«Abbiamo casi precedenti di investimenti in Italia e in Europa. Circa un anno e mezzo fa abbiamo avuto un caso che riguardava l’acquisto di una squadra di calcio in Spagna. Si inizia a vedere che è possibile, vediamo che il narcotraffico investe nei mercati e nelle industrie legali, ecco perché poi è difficile per noi percorrere la storia a ritroso. Come diceva Falcone, «follow the money»: questo è il colpo più duro che può essere dato a queste organizzazioni, colpendo le loro finanze. Se uno va a Santa Cruz de la Sierra, in Bolivia, una città dove ci sono grattacieli, lì si osserva un grande movimento, che testimonia tutto questo, grandi investimenti immobiliari. Ecco perché le indagini sarebbero importanti. Sappiamo che esistono legami con queste realtà, ma non è l’unico luogo, anche in Europa».
Il procuratore capo Iglesias, parlando delle indagini in Argentina sulla ‘ndrangheta ha sottolineato: «Non solo riciclano i capitali qui, ma quello che stiamo osservando nelle nostre indagini è che la ‘ndrangheta sta investendo negli immobili, in business, anche in ristoranti e nel settore gastronomico in generale. Con i proventi della droga cerca di aprire queste attività ipoteticamente lecite. Lo abbiamo visto in un caso in Spagna, con alcuni operatori argentini radicati in Spagna, che acquistavano dei palazzi e rivendevano i vari appartamenti».
Un paese, l’Argentina, che prevede la misura della confisca anticipata: «Possiamo confiscare i beni che sono il risultato di operazioni illecite, però, per arrivare a questo risultato, spesso è necessario del tempo. Pensate che la confisca definitiva richiede quattro-cinque anni in Argentina. Ecco perché è stata introdotta la cosiddetta «confisca anticipata». Si tratta di un primo passo che ci consente di intervenire in anticipo e colpire, così, questo grande potere economico e finanziario di queste organizzazioni».
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