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dal consiglio comunale

Reggio Calabria, maggioranza in frantumi. Crisi congelata

Crisi politica sospesa a Palazzo San Giorgio. Il Consiglio si divide, la maggioranza si incrina, ma nessuno firma la rottura. Il sindaco saluta la città dopo undici anni (IL VIDEO)

Pubblicato il: 17/11/2025 – 16:03
di Paola Suraci
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Reggio Calabria, maggioranza in frantumi. Crisi congelata

REGGIO CALABRIA A Palazzo San Giorgio, oggi, la crisi politica è esplosa davanti a tutti, ma senza trovare una conclusione. Un Consiglio comunale convocato per la presa d’atto dell’incompatibilità del sindaco Giuseppe Falcomatà — proclamato consigliere regionale — si è trasformato nel palcoscenico di una maggioranza improvvisamente divisa, ma incapace di compiere un passo definitivo. Un consiglio comunale atteso come il giorno della resa dei conti si è trasformato in un passaggio sospeso, incompleto, quasi irreale: la maggioranza si è scomposta, il Partito Democratico si è ritirato dietro un documento politico, ma nessuna mozione è stata presentata, nessun atto formale è stato depositato. Sul piano amministrativo, la mattina si è chiusa solo con la presa d’atto dell’incompatibilità del sindaco, diventato consigliere regionale. Sul piano politico, con un lungo, intenso applauso per Giuseppe Falcomatà, all’ultimo intervento della sua decade. Il consiglio convocato per le 8:30 inizia alle 12, ma prima della seduta si è consumata una riunione di maggioranza tesissima, che arriva dopo. E così, quando l’aula si è aperta, la spaccatura era già evidente. La scena si consuma nei preliminari. Giuseppe Marino, capogruppo del Partito Democratico, prende la parola e legge un documento politico firmato da sette consiglieri: lui stesso, Francesco Barreca, Santo Bonfanti, Filippo Quartuccio, Giuseppe Sera, Vincenzo Marra e Nancy Iachino. Quattro dem e tre di Rinascita Comune.  È la fronda interna, quella allineata al segretario del Pd Panetta e a quello regionale Nicola Irto, che adesso ha chiesto l’azzeramento della Giunta e l’apertura di una nuova fase. Ma oggi quel testo — pur carico di passaggi duri — resta solo un atto politico. Manca la forma. Manca il passo decisivo. Manca il coraggio di trasformarlo in mozione di sfiducia.

Il documento

Giuseppe Marino parla a nome dei firmatari legge il documento: «Le scelte del sindaco (leggi le nomine in giunta ndr) vanno in una direzione diversa, rompendo il “patto di maggioranza” che sin’ora ci ha consentito di governare Reggio Calabria, facendola uscire dalla condizione drammatica in cui l’abbiamo ereditata. I ruoli istituzionali non appartengono al singolo, ma rappresentano un patrimonio collettivo. È bene specificare che la nostra presa di posizione non ha natura personale, ma esclusivamente politica. Alcuni di noi hanno oggi la libertà di intervenire perché hanno rinunciato alla proposta di incarichi rifiutando la logica della “trattativa privata” col Sindaco per rimanere coerenti al metodo della Politica, l’unico modo che abbiamo per resistere alle derive personalistiche e difendere i principi di rappresentatività fondamento della democrazia». Continua Marino: «L’iniziativa del sindaco, impulsiva e personale, è monca dei passaggi politici necessari per essere legittimata. Avrebbe dovuto convocare la sua maggioranza per verificare approfonditamente il raggiungimento degli obiettivi programmatici dei singoli settori. Noi riteniamo che, considerata la straordinarietà del momento (solo pochi mesi ci separano dalle elezioni amministrative), sarebbe stato utile allargare questa discussione a tutte le forze politiche del centro sinistra, anche a quelle che in questo momento non sono rappresentate in Consiglio comunale ed in Giunta, ma che possono fornire il loro contributo in prospettiva futura. Le decisioni assunte siano azzerate e si convochi la maggioranza consiliare per avviare un confronto politico sui temi suindicati. Successivamente, insieme ai partiti ed ai gruppi consiliari, si scelgano ruoli e persone, nel rispetto dei principi di meritocrazia e rappresentatività. Diversamente, qualora le nostre proposte non fossero accolte, saremo pronti ad assumere scelte definitive nel rispetto del mandato elettorale conferitoci dai cittadini, non potendo sostenere, neppure indirettamente, una Giunta comunale frutto di scelte personali del tutto sganciate da valutazioni politiche e di merito». Ma il Pd e Rinascita Comune sono appunto i soli firmatari all’interno della maggioranza: i gruppi Red, Italia Viva, Dp e le civiche non solo non hanno firmato il documento, ma siedono compatti in aula a fianco del sindaco. È la fotografia nitida di una crisi aperta, ma non consumata: un affondo senza conseguenze, una scossa che non fa crollare il palazzo. Resta un’azione politica, non un atto amministrativo. L’opposizione lo nota subito: senza un documento formalmente protocollato, tutto resta sospeso. Nulla di fatto.

Opposizioni compatte e maggioranza rotta

L’opposizione ha preso il testimone con un fuoco di fila. Demetrio Marino (FdI) ha parlato di “fine dell’era Falcomatà” e di “maggioranza a pezzi”.Saverio Pazzano ha recuperato un suo intervento del 2021: “Calati juncu ca ‘a sciumara passa”, sottolineando che la città è ancora ferita, immobile, a rischio consegna al centrodestra. Armando Neri (Lega) ha invitato a «chiudere questa stagione politica», mentre Milia (FI) e Biasi hanno accusato il Pd di incoerenza e opportunismo. Eppure, nonostante il tamburo politico, non è arrivato l’atto decisivo. La crisi è rimasta sospesa, come se nessuno avesse davvero voluto prendersi la responsabilità di spingerla fino in fondo.

La scena finale torna al sindaco

Giuseppe Falcomatà prende la parola in quello che, per la legge, è di fatto il suo ultimo intervento da primo cittadino, dopo quasi undici anni al timone della città. Con pochi appunti davanti a sé e una voce ferma, Falcomatà ha scelto di parlare ai valori, al cuore e al bene comune, senza rispondere alle critiche né della maggioranza né dell’opposizione. «Il nostro compito è stare dalla stessa parte dei cittadini, dare loro voce e consapevolezza», ha detto. Ha ricordato le sfide affrontate negli anni, le opere realizzate, e l’importanza di non dimenticare la storia della città e delle persone a cui sono intitolati luoghi e istituzioni, come il sindaco Pietro Battaglia, a cui è stata intitolata l’Aula. Ha sottolineato il valore del dibattito, dei confronti e della partecipazione, evidenziando come la politica sia l’arte di trovare punti di incontro tra visioni diverse.  «In questi anni – ha evidenziato Falcomatà – abbiamo lottato insieme per costruire una città più giusta, più solidale, capace di riscattarsi dalle ferite del passato. Alcuni ostacoli sono stati grandi, altri sembravano insormontabili. Eppure, come dice Giove Pluvio ad Enea, “Fata viam invenient” – il destino trova sempre la sua strada. La politica è impegno quotidiano, della vita spesa al servizio della città, dell’orgoglio di aver portato idee e valori fuori dalle mura del Comune e di aver cercato sempre un senso più alto nel proprio lavoro». Ha ringraziato i colleghi consiglieri, i funzionari, le associazioni, le categorie produttive e tutto il personale che ha contribuito alla vita della città negli anni. Conclude ricordando che il suo impegno non finisce qui: continuerà a servire Reggio Calabria dai banchi del Consiglio regionale.  Solo alla fine, mentre l’Aula si alzava in piedi e gli applausi esplodevano, gli occhi di Falcomatà si sono fatti umidi: un momento di commozione e gratitudine per anni di dedizione e passione al servizio della città. È il segno più vero della giornata: il Consiglio si spacca, la maggioranza si misura, i gruppi si dividono — ma la città resta lì, stretta in quell’ultimo tributo al sindaco che ha guidato Reggio per undici anni. Nessuna mozione, nessuna sfiducia, nessun terremoto formale. La crisi resta aperta, sospesa tra i corridoi e le prossime ore. L’unica cosa compiuta, oggi, è un applauso. Un applauso che segna la fine del mandato di Falcomatà e di un ciclo politico. Ora la macchina amministrativa segue il suo corso. Il sindaco Falcomatà ha dieci giorni di tempo per depositare eventuali memorie, come previsto dall’articolo 69 del TUEL. Scaduti questi termini, il Consiglio comunale potrà procedere alla formalizzazione della decadenza dalla carica di sindaco, un passaggio che deve avvenire entro l’11 dicembre. Una data che per Falcomatà non è casuale: proprio l’11 dicembre ventitré anni fa moriva suo padre, Italo Falcomatà, sindaco della Primavera, a soli 58 anni. Un anniversario che intreccia memoria familiare, eredità politica e il destino amministrativo del figlio, che conclude così un percorso lungo e complesso alla guida della città.

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