Dark web, criptofonini e IA: la ‘ndrangheta nell’era digitale. Il monito di Curcio: «Italia indietro nell’investigazione informatica» – VIDEO
«Francia, Olanda e Germania molto più avanti». Il procuratore della Dda: «Nelle indagini serve un approccio de-regionalizzato e internazionale»

LAMEZIA TERME L’intelligenza artificiale rappresenta oggi una nuova evoluzione: da un lato comporta rischi per la sicurezza, dall’altro offre strumenti potenziali per le indagini. Ne è convinto il procuratore capo della Distrettuale antimafia di Catanzaro, Salvatore Curcio, tra gli ospiti dell’incontro organizzato questa mattina nella sede di Unioncamere di Lamezia Terme da “Federprivacy“, alla presenza di professionisti del campo come Michele Iaselli (docente Luiss e Università di Cassino) e Luca Bolognini (avvocato e Presidente Istituto italiano per la privacy).
«Da mafia agricola a digitalizzata»
Per l’ex procuratore lametino non è un mistero che la ‘ndrangheta e le mafie in generale seguano sempre «l’evoluzione della società e della tecnologia» perché, come già visto in passati, abbiamo già assistito al passaggio «da una mafia agricola legata al latifondo, nella sua fase primigenia, alle organizzazioni che operano sul web». Già nei primi anni 2000, «le comunicazioni tra i cartelli colombiani e le associazioni di ‘ndrangheta avvenivano tramite posta elettronica ordinaria, usando il sistema delle bozze nelle caselle mail degli indagati. Successivamente, si è passati alle chat, che all’epoca rappresentavano la punta avanzata della tecnologia: ricordo una in particolare, “Ciao”, che già allora sembrava una sfida».
Nelle indagini «serve un approccio de-regionalizzato e internazionale»
Lo step evolutivo ha raggiunto il suo apice con i sistemi di messaggistica criptata ancora più sofisticati: Sky ECC, Matrix, Ghost e i cosiddetti criptofonini nelle mani della ‘ndrangheta. Si tratta di «strumenti che garantiscono anonimato e sicurezza, e sono ormai diffusi non solo tra i vertici delle organizzazioni criminali, ma anche tra la manovalanza. Grazie alla cooperazione internazionale e alle attività di polizia di paesi come Francia e Olanda, alcune di queste reti sono state comunque “bucate”, ma la sfida resta continua», osserva ancora il procuratore Curcio che mette a fuoco, però, un punto cruciale: «L’uso di strumenti criptati cambia profondamente le investigazioni, non si può più operare solo sul territorio nazionale ma serve un approccio de-regionalizzato e internazionale, che valorizzi la cooperazione tra Stati».
«Francia, Olanda e Germania molto più avanti di noi»
Argomento centrale e sempre più attuale quello dell’intelligenza artificiale, strumento che da un lato sorprende e lascia immaginare potenzialità enormi da applicare in qualunque campo, dall’altro preoccupa. E molto, a maggior ragione sull’eventuale utilizzo da parte della criminalità organizzata. Come ha sottolineato il procuratore Salvatore Curcio ai microfoni del Corriere della Calabria, «riguardo all’intelligenza artificiale siamo ancora nella fase embrionale, ma abbiamo già riscontri interessanti nell’ambito della cibernetica e del contrasto al dark web. Quest’ultimo è una parte non indicizzata di Internet, accessibile solo con software specifici e browser dedicati, come è noto». Insomma, «un vero e proprio “bazar del crimine”, dove è possibile acquistare armi, droga e persino organi umani, senza rischio di identificazione o geolocalizzazione». Da qui, secondo il procuratore della Dda, la vera sfida per il futuro: «Tutto questo impone uno sviluppo urgente delle tecnologie investigative. In questo campo, l’Italia ha ancora margini di miglioramento rispetto a paesi come Francia, Olanda e Germania, più avanzati nell’investigazione tecnologica e informatica». (g.curcio@corrierecal.it)
L’intervista:
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