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Infiltrazioni transnazionali: come la ’ndrangheta maschera capitali illeciti nelle imprese straniere

Il summit organizzato dallo Sco a Vibo ha rivelato come vuoti normativi e controlli blandi oltre i confini nazionali favoriscano le attività criminali calabresi e le altre mafie italiane

Pubblicato il: 05/12/2025 – 7:00
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Infiltrazioni transnazionali: come la ’ndrangheta maschera capitali illeciti nelle imprese straniere

Nei giorni scorsi, alla Scuola allievi agenti della Polizia di Stato di Vibo Valentia, si è tenuta una riunione internazionale che ha riunito oltre venti specialisti della lotta al crimine organizzato provenienti da Europa e Sud America. Un confronto di alto livello ‒ frutto di un’”operational action” del Servizio Centrale Operativo nell’ambito della piattaforma europea Empact ‒ che ha restituito un quadro chiaro: le mafie italiane, e in particolare la ’ndrangheta, continuano a espandersi all’estero attraverso l’infiltrazione nel tessuto imprenditoriale straniero.
L’iniziativa, aperta dal direttore dello Sco Vincenzo Nicolì, ha visto la partecipazione dei procuratori di Reggio Calabria, Catanzaro e Vibo Valentia, del questore Rodolfo Ruperti e di rappresentanti di Commissione Europea, Europol, Interpol, Fbi e Dea. Una rete investigativa estesa che, negli ultimi due cicli di analisi, ha coinvolto Paesi europei e sudamericani insieme a organismi giudiziari e di cooperazione transnazionale come Eurojust ed EPPO.

Un’infiltrazione diffusa e favorita da vuoti normativi

Il quadro presentato dal Servizio Centrale Operativo è chiaro: persone associate o collegate alle mafie italiane risultano coinvolte in numerose aziende straniere. A favorire questo radicamento, secondo i risultati illustrati a Vibo Valentia, è soprattutto la mancanza in molti Paesi di norme preventive sui controlli dell’origine dei capitali investiti, verifiche sul passato criminale dei dirigenti, valutazioni sulle relazioni personali e societarie dei soci di origine italiana.
Questa assenza di filtri iniziali consente a individui legati alle organizzazioni mafiose di inserirsi agevolmente nei sistemi economici stranieri, mascherando la provenienza dei fondi e ottenendo visibilità imprenditoriale in contesti con controlli meno stringenti.

La ’ndrangheta e la strategia della “schermatura”

I dati mostrano una distinzione significativa tra le diverse organizzazioni criminali italiane.
La ’ndrangheta, infatti, presenta una specifica caratteristica: una minore esposizione societaria degli affiliati nelle imprese estere. Ciò si traduce in un uso più frequente di prestanome, strutture societarie complesse e “pulite” all’apparenza e una separazione più netta tra investitori reali e gestori ufficiali.
Nei risultati illustrati nel secondo ciclo di analisi, ad esempio, le società esaminate e collegate a soggetti di origine calabrese non presentano coincidenze con la top ten delle imprese considerate più a rischio, a differenza di quanto accaduto con camorra, Cosa nostra e mafie pugliesi nel primo ciclo.
Questo indica una maggiore cura nell’apparente integrità delle imprese riconducibili alla ’ndrangheta, che tende a mantenere un profilo più opaco e meno direttamente riconducibile agli affiliati.
La riunione a Vibo Valentia ha rappresentato più di un semplice bilancio operativo.
Il confronto ha gettato le basi per la creazione di un network investigativo più strutturato, una maggiore interoperabilità degli strumenti investigativi e forme di interazione con progetti come I-Can e @on, orientati al contrasto del crimine organizzato italiano all’estero. L’obiettivo comune è trasformare la metodologia analitica elaborata dallo Sco in un vero strumento di prevenzione, capace di anticipare i tentativi di infiltrazione anziché limitarsi a intervenire dopo. Appena due giorni fa in Romania si è tenuto un incontro tra una delegazione di alto livello della Polizia rumena, del Southeast european law enforcement center (Selec), della Direzione centrale della Polizia criminale e della Direzione antimafia rumena. Durante l’evento, il project leader italiano ha presentato ai collaterali rumeni i progressi e i risultati ottenuti dal Progetto I-Can (Interpol Cooperation against ‘ndrangheta), evidenziando come appunto la ‘ndrangheta sia un’organizzazione criminale la cui peculiarità si evidenzia nella «capacità di pervasione e penetrazione nel tessuto economico di molti Paesi nel mondo» e con forti rischi e collegamenti anche in Romania.

Uno sguardo al fenomeno

Analizzando i dati presentati a Vibo Valentia, emerge un tratto ormai strutturale dell’economia criminale: la globalizzazione delle mafie. La tendenza non dipende da una ricerca di visibilità, ma da tre fattori ricorrenti: Il primo riguarda il riciclaggio e il reinvestimento del capitale illecito. L’estero, da questo punto di vista, offre opportunità ideali per reinvestire proventi da traffici internazionali, in particolare droga, attraverso imprese “pulite” che mascherano flussi economici sospetti. Il secondo fattore riguarda la maggiore facilità di mimetizzazione, in molti Paesi, infatti, mancano controlli rigorosi sull’origine dei capitali o sui background degli investitori stranieri. Ciò favorisce le organizzazioni più sofisticate, come la ’ndrangheta, abili nel costruire società formalmente inattaccabili. Terzo e ultimo fattore comprende i mercati dinamici e meno controllati. Alcuni settori (logistica, ristorazione, immobiliare, trading internazionale) risultano più permeabili e offrono una scalabilità che non sempre è possibile in Italia, dove i controlli sono più maturi e le forze dell’ordine hanno maggiore esperienza.

Il rischio sistemico

Le infiltrazioni nelle imprese estere non rappresentano solo un rischio economico, ma anche un rischio geopolitico. Aziende controllate da soggetti vicini alle mafie possono alterare la concorrenza, condizionare territori con investimenti solo apparentemente leciti, destabilizzare settori strategici tramite capitali di origine criminale e creare reti di influenza utili alle organizzazioni per operazioni transcontinentali. In questo senso risulta la necessità di armonizzare le normative sulla trasparenza societaria e rafforzare gli strumenti di cooperazione giudiziaria tra Stati.
I recenti risultati mostrano che il problema non è episodico ma sistemico: le mafie italiane hanno ormai strutturato una presenza imprenditoriale oltre confine. La ’ndrangheta, in particolare, si distingue per un approccio più sofisticato, basato su opacità e schermature che rendono più complessa l’individuazione dei collegamenti criminali. (f.v.)

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