Occhiuto come Mancini segretario nazionale?
Sulla decadenza di Cosenza tra violenza urbana, calcio, spopolamento di abitanti e funzioni

Certo che se Pier Silvio Berlusconi, agli auguri di Mediaset, fa sapere apertis verbis che per il partito di famiglia ritiene «che siano necessarie inevitabilmente facce nuove, idee nuove e un programma rinnovato», qualcosa si muove per la nuova leadership di uno dei più longevi partiti nazionali.
Non mi sfugge che il figlio di Silvio abbia anche detto: «Ho gratitudine vera per Tajani e per tutta la squadra di FI, hanno tenuto in piedi il partito dopo la scomparsa di mio padre, cosa tutt’altro che facile», ma vi devo confessare che l’episodio mi ha richiamato il tempo in cui arrivava il dirigente del Pci in sezione alla celebrazione del congresso e partiva con le lodi al segretario che stava per defenestrare, ringraziandolo per il lavoro svolto. È bene scrivere al condizionale, considerata la marea interna azzurra in corso che ha costretto il buon Tajani, via agenzia, a replicare da Mumbai che tutto va bene, madama la Marina. Un fatto certo è che “la banda dei laziali”, come l’ha definita il Corriere della Sera nello scorso luglio, non intende mollare la presa del partito. Attorno a Tajani si muovono il nuotatore Barelli, l’immarcescibile Gasparri, il portavoce Nervi, che sono quelli che controllano gruppi parlamentari e federazioni. Tutto sarà forse molto più chiaro il prossimo 17 dicembre, quando a Palazzo Grazioli il convegno “In libertà” vede ospite d’onore Roberto Occhiuto, governatore della Calabria premiato da un consenso elettorale altissimo nel suo territorio di scheda.
Forza Italia si appresta a celebrare l’anno prossimo il suo “vero” primo congresso nazionale. Sarà confronto vero, ma per la natura del partito la famiglia Berlusconi è certo che darà carte decisive. Roberto Occhiuto è sulla soglia di un possibile e condizionale risultato per la sua carriera. Un eventuale segretario nazionale di una coalizione di maggioranza di marca calabrese è ipotesi che riguarda tutti i cittadini della regione. C’è un illustre precedente che tutti conoscono. Oltre mezzo secolo fa, Giacomo Mancini diventò segretario nazionale del Psi, partito che aveva quasi la stessa consistenza elettorale di Forza Italia. Mancini, da vicesegretario (la stessa carica che oggi riveste Occhiuto e alla stessa età), e nel pieno del suo consenso e forte del suo ministerialismo, andò a rivestire il ruolo di leader maximo nel partito di Nenni e Turati. Non fu solo personalismo, ma anche una battaglia politica condotta a favore del Sud e della sua Calabria nella progressiva storia del centrosinistra. In mezzo a equilibri più avanzati, Mancini diventerà l’uomo da distruggere, con manovre e complotti che arrivarono principalmente dal suo partito. Epoche diverse. Occhiuto deve tenere conto dell’organizzazione politica, soprattutto in Calabria. Questioni giudiziarie a parte, ma soprattutto il presunto uomo della nuova provvidenza azzurra deve pensare alle elezioni comunali a Reggio Calabria, governata dalla sinistra, e a un programma nazionale d’intervento per la sua regione che lo blindi non solo nel consenso ma anche nella credibilità leaderistica del suo ampio collegio. Comunque la si pensi e la si guardi, un eventuale segretario nazionale calabrese di Forza Italia sarebbe (condizionale obbligato) una buona notizia per le attese frustrate di una regione che si deve scrollare di dosso il ruolo di ultima ruota del carro e pensionare un’infinita stagione con troppi ascari e cacicchi che, in tutti i partiti personali della modernità, poco hanno inciso sulle priorità calabresi.
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Sono nato a Cerisano, alle porte di Cosenza, dove ho spalancato gli occhi bambino nella città vecchia, vedendo il lattaio che lasciava l’asino in cortile, vivendo per antiche strade tortuose di palazzi altissimi che mescolavano borghesi dignitosi, popolani nei bassi e nobili in decadenza. Era la Cosenza dell’ascensore sociale in crescita e in evoluzione. Spesso si andava alla città nuova e vedevo dove finiva la città, ancora circondata da campagne, dove piantava i chiodi un circo Orfei accanto al nuovo stadio San Vito, dove giocava la squadra dei lupi. E ora che ci sono invecchiato dentro, guardandola spesso da lontano a causa del mio nomadismo meridionale, mi dolgo di come vadano le questioni della città. Mi ha molto colpito il documento del segretario generale della Cgil, Massimiliano Ianni, che il Corriere della Calabria ha giustamente titolato come “Grido di dolore”, perché quella di Ianni era pari pari una denuncia grave come quella che fece Vittorio Emanuele II in Parlamento. Ianni ha messo in fila che a Cosenza manca l’acqua (sembra di essere tornati agli anni Settanta) e i servizi sanitari sono molto carenti, mentre la classe dirigente passa il tempo a litigare su dove deve stare il nuovo ospedale e non a decidere che funzioni deve svolgere. Denuncia Ianni: «I soliti noti. Gli stessi nomi che da anni ruotano intorno ai luoghi di potere continuano indisturbati a gestire incarichi, fondi, assunzioni. I giovani, anche quelli più preparati, restano ai margini: studiano, si formano, sperano. Ma vengono esclusi da un sistema che premia la conoscenza giusta, non le competenze». E qui la staffilata incrocia l’inchiesta del nostro Corriere che ha messo a nudo l’amichettismo trasversale che, nei concorsi pubblici, premia parenti e amici. Almeno su questo scandalo pubblico abbiamo letto una presa di posizione del sindacato Confsal che ha detto: «Cosenza merita chiarezza, non ombre; legalità, non clientele; rispetto, non umiliazioni». Forse Ianni doveva ringraziare la Confsal, considerato che la sua denuncia è stata ibernata. Nessuno, di ogni sponda, ha risposto per avvalorare o contestare la tesi della decadenza.
C’è da aggiungere che Giacomo Mancini junior e Roberto Castagna, sindacalista con una sua storia, hanno invece evidenziato i dati Istat che registrano a Cosenza la perdita di 2.861 abitanti dal 2019 al 2025. Il dato è in caduta libera nei confronti storici con il secolo scorso. Non sono un amante del gigantismo e delle megalopoli, ma le idee sulle funzioni e sulle scelte amministrative sono poco chiare. Il confronto sull’area urbana è stato desertificato dagli esiti del referendum sulla città unica e forse Sandro Principe dovrebbe far sentire la sua voce sugli impegni presi, mentre Orlandino Greco rivive l’ebbrezza personale di essere tornato al Consiglio regionale e la sua Castrolibero è muta nella questione.
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Cosenza ha un’antica vocazione a essere in linea con la vita nazionale. Anche per questioni non allegre. Si registra un’ondata di violenza inedita, diversa dal passato. Un barbone aggredito come in Arancia meccanica, un vigile urbano mandato all’ospedale con una testata, anziani malmenati, segnalazioni di risse dappertutto. Compaiono anche i maranza, milanesizzando la spopolata Cosenza, priva di bosco verticale e multinazionali, che lasciano dietro quelli che non possono pagare l’affitto. Registriamo sul punto la nascita di ronde civiche che non ci sembrano la migliore panacea del caso. Neanche il calcio rossoblù riesce a essere oppio del popolo. Si sta in Serie C, la squadra è competitiva per tornare dove stava (Serie A lasciamo perdere), ma ogni passione è sopita perché chi detiene il potere è inviso ai tifosi e i giocatori giocano tra pochi spettatori allo stadio e anche in tv non c’è voglia di partecipare. Il bene, per fortuna, non manca. Ed è stato lo stesso Ianni a declinarne la presenza sul versante del volontariato con Terra di Piero, Caritas, Moci, Auser, “Lilli Funaro”, Centro Lanzino ed altre che mancano all’appello tra chi opera nei quartieri. E sarà bello attendere il nuovo Capodanno solidale di Brunori, a un quarto di secolo da quello di Battiato che inaugurò questa stagione. Il Filo Rosso festeggia, per esempio, i suoi virtuosi trent’anni all’interno dell’Unical. Il nuovo rettore è stato premiato tra le 100 eccellenze italiane a Montecitorio, ulteriore bollino ad Arcavacata dal Tg Leonardo della Rai che confeziona servizi sull’Unical che inverte la storia della fuga dei cervelli. Il bene c’è a Cosenza e nella sua area urbana. Preserviamolo.
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