Curve e affari illeciti: come la ’ndrangheta è entrata a San Siro
Dalle motivazioni del processo “Doppia Curva” emerge una criminalità capace di mimetizzarsi nel tifo e di usare quei settori come spazio di dominio economico

Non è solo una sentenza sugli ultras, né una fotografia della violenza da stadio. Le circa trecento pagine di motivazioni depositate questa settimana dalla gup di Milano Rossana Mongiardo sul processo “Doppia Curva” restituiscono l’immagine di un sistema criminale strutturato, nel quale il tifo organizzato diventa strumento economico, ambientale e, nel caso della Curva Nord interista, veicolo di infiltrazione della ’ndrangheta.
La giudice Mongiardo colloca il fenomeno all’interno di una continuità temporale che parte almeno dal 2018 e si sviluppa attraverso affari illeciti, alleanze trasversali e due omicidi emblematici: quello di Vittorio Boiocchi nel 2022 e quello di Antonio Bellocco nel 2024. Delitti che, secondo la gup, non sono eventi isolati ma snodi di un assetto criminale stabile.
Due curve, due modelli di potere
Nelle motivazioni, Rossana Mongiardo distingue nettamente i modelli organizzativi delle due curve di San Siro.
La Curva Sud milanista, guidata da Luca Lucci, viene descritta come un’associazione orientata all’autonomia assoluta nella gestione degli affari, fondata su una sistematica strategia di intimidazione e violenza finalizzata a garantire introiti illeciti superiori ai 100mila euro annui, in particolare attraverso il bagarinaggio.
Diversa e più allarmante, secondo la gup, la struttura della Curva Nord interista, definita un «mero contesto materiale di copertura» per affari illeciti protetti da un rapporto di matrice mafiosa, con il coinvolgimento diretto della ‘ndrangheta con il clan Bellocco. Qui il tifo organizzato assume le caratteristiche di un ambiente funzionale al metodo mafioso.
Dalle risultanze istruttorie, spiega la gup, è emerso che «la direzione del gruppo era riconducibile alle figure apicali di Antonio Bellocco, Andrea Beretta e Marco Ferdico, i quali perseguivano le proprie finalità di lucro attraverso lo sfruttamento sistematico delle attività riconducibili alla Curva, tra cui la vendita dei biglietti, il merchandising, la gestione delle iniziative celebrative e le raccolte di fondi».
In un dialogo intercettato in ambientale – viene evidenziato nelle 300 pagine delle motivazioni – inizialmente «Antonio Bellocco palesava la propria diffidenza verso Beretta in merito alla suddivisione dei guadagni della Curva, con Ferdico che provava a fare da mediatore, senza, tuttavia, rabbonire Bellocco, che, non a caso, affermava come gli sforzi di Beretta per trovargli una sistemazione non fossero stati certamente un atto disinteressato quanto, piuttosto, Tessersi, il Beretta, “salvato… la capocchia sua“, per usare le parole dei dialoghi intercettati. Bellocco, in altri termini, smontava ogni recriminazione da parte di Beretta sulla sua diffidenza, ricordando, da parte sua, anche a Ferdico, che il suo arrivo a Milano era funzionale a garantire protezione alla Curva Nord. Insomma, un intervento secondo modalità operative proprie della ‘ndrangheta».
La ’ndrangheta e la curva come terreno di conquista
La giudice Mongiardo dedica ampio spazio alla strategia di infiltrazione della ’ndrangheta nel mondo ultras. La presenza di Antonio Bellocco a Milano non viene considerata frutto di una scelta individuale, ma parte di un disegno familiare volto a estendere il controllo criminale in un settore capace di generare profitti e consenso.
«L’acquisizione della supremazia da parte di Beretta – sottolinea la gup – passava, ineludibilmente, attraverso il giovarsi della figura di Antonio Bellocco, il quale veniva proiettato nella realtà milanese e, in particolare, in quella del tifo organizzato dell’Inter. Quella che poteva costituire una mera sistemazione temporanea del rampollo della famiglia di Rosarno si rivelava, tuttavia, una vera e propria scalata al controllo della Curva Nord».
«Antonio Bellocco – viene riportato in un altro passaggio delle motivazioni della sentenza – rappresentava il limite invalicabile posto rispetto agli appetiti sulla Curva Nord e sulle sue attività remunerative nei riguardi di ulteriori esponenti della criminalità organizzata calabrese (nessuna spiegazione alternativa, del resto, può avere l’espressione “mandare via i tuoi paesani“).
Secondo la gup, il mondo delle curve rappresenta per la criminalità organizzata un ambito ideale: capace di produrre introiti, di esercitare controllo ambientale e di alimentare le casse delle famiglie mafiose.
«La forte influenza di Bellocco – riporta sempre il documento – si evince, inoltre, da un’altra conversazione, registrata in data 11 giugno 2023, tra Bellocco e Ferdico, riguardo alla spartizione degli introiti della stagione calcistica. Bellocco, nella circostanza, ha contestato la quota destinata a Matteo Norrito (ultrà che per tre anni ha fatto da guardia del corpo al tennista Matteo Berrettini, ndr), lamentando che quest’ultimo non avesse mostrato riconoscenza, atteggiamento che lo ha infastidito, definendolo “scostumato”». Le conversazioni comprovano che Bellocco aveva «un ruolo centrale e vincolante nella gestione e nella suddivisione dei guadagni della Curva Nord, rappresentando una figura da consultare necessariamente». È emerso, inoltre, che egli deteneva «parte del denaro, poiché Marco Ferdico lo contatta per informarlo che sta per portargli altri soldi».
In questo quadro si inserisce il ruolo di Giuseppe “Pino” Caminiti, condannato a cinque anni, descritto come figura di raccordo tra interessi imprenditoriali, gestione dei parcheggi e protezione mafiosa.
La gestione delle aree di sosta intorno a San Siro viene letta dalla giudice come un classico caso di estorsione ambientale, resa efficace dalla carica intimidatrice dei capi ultras e dalla loro capacità di condizionare l’attività economica senza ricorrere a minacce esplicite.
Le risultanze delle captazioni – evidenzia ancora la gup – attestano «continui contatti con esponenti della criminalità organizzata calabrese (cosca Bellocco, ambienti Morabito, Africo e Limbadi), aventi le finalità di prevenzione di pretese esterne invasive nell’area stadio, di consolidamento del prestigio e del potere del direttivo e di “canalizzazione” di parte dei proventi verso famiglie detenute, con funzione di sostegno alla consorteria criminale. In particolare, la figura di Antonio Bellocco assume il ruolo di garante e mediatore tra la Curva e gli ambienti mafiosi, impedendo – come riferito nelle conversazioni – nuove infiltrazioni nel settore, ed affermando la centralità del rapporto con Caminiti, ritenuto soggetto strategico per il controllo economico dell’area.
Omicidi e collaborazioni
Andrea Beretta, ormai ex leader della Curva Nord, occupa una posizione centrale nelle motivazioni. La gup Mongiardo riconosce la sua responsabilità apicale nell’associazione per delinquere e l’omicidio di Antonio Bellocco (che si è consumato nei pressi della palestra “Tcstudo “, nel Comune di Cernusco sul Naviglio, all’interno del veicolo Smart di proprietà di Bellocco), ma valorizza anche il contributo fornito dopo la scelta di collaborare con la giustizia. La sua autoaccusa ha permesso di far luce su dinamiche fino ad allora sconosciute, compreso l’omicidio di Vittorio Boiocchi.

Lucci e il potere che arriva allo spettacolo
Di segno opposto il giudizio della gup su Luca Lucci, descritto come figura dominante e stratega del gruppo milanista. La giudice lo definisce «scaltro» e dotato di un’intelligenza «spietata», sottolineando come abbia costruito il proprio prestigio attraverso la violenza, utilizzandolo poi come leva negli affari.
In questo contesto, Rossana Mongiardo ricostruisce anche i collegamenti con il mondo dello spettacolo, tra cui il rapporto economico con Fedez. Il rapper, non imputato nel procedimento, viene citato per la condivisione di progetti imprenditoriali e per il ruolo di Lucci nella mediazione successiva al pestaggio del personal trainer Cristiano Iovino. La giudice inserisce questi rapporti all’interno di una strategia più ampia del gruppo ultras, capace di muoversi tra violenza, affari e visibilità pubblica.
Uno dei passaggi più significativi delle motivazioni riguarda il metodo mafioso. La forza intimidatrice delle curve, esercitata nel cosiddetto “territorio-stadio”, viene descritta come uno strumento di pressione e ricatto verso società sportive, steward e operatori economici. Secondo la giudice, è proprio questa combinazione di violenza, apparente extraterritorialità e interessi economici a spiegare il successo dell’infiltrazione mafiosa, non solo a Milano ma anche in altre realtà italiane.
Oltre le condanne
Le pene inflitte – quasi 90 anni complessivi – e i risarcimenti riconosciuti a Lega Serie A, Inter e Milan chiudono il processo abbreviato, ma non esauriscono la portata delle motivazioni. Nella lettura della gup Rossana Mongiardo, il caso “Doppia Curva” rappresenta un monito: quando il tifo organizzato diventa sistema, può trasformarsi in una nuova frontiera della criminalità organizzata, capace di mimetizzarsi nel cuore dello sport e dello spettacolo. (f.v.)
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