Ultimo aggiornamento alle 21:58
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 6 minuti
Cambia colore:
 

Ecomafia 2013, il sacco della Calabria passa attraverso il turismo

«Dalla montagna alla costa passando per i capoluoghi, l’intreccio perverso tra ‘ndrangheta, imprenditoria e politica ha avuto come risultato una devastazione del territorio forse irreversibile. L’a…

Pubblicato il: 17/06/2013 – 11:14
Ecomafia 2013, il sacco della Calabria passa attraverso il turismo

«Dalla montagna alla costa passando per i capoluoghi, l’intreccio perverso tra ‘ndrangheta, imprenditoria e politica ha avuto come risultato una devastazione del territorio forse irreversibile. L’abusivismo selvaggio ha violentato luoghi unici, paesaggi mozzafiato e bellezze naturalistiche che avrebbero potuto dare linfa all’economia regionale»: non usa mezzi termini Legambiente, che nel corposo capitolo dedicato al “Sacco della Calabria” contenuto nel rapporto Ecomafia 2013 punta l`indice sul settore turistico: è qui – osserva l`organizzazione ambientalista – «che emerge con forza l’aspetto più deleterio della presenza ‘ndranghetista: le mani delle cosche sul settore turistico rappresentano un fattore determinante dell’arretratezza economica della Calabria. Lo dimostrano le inchieste degli ultimi mesi, che hanno svelato le pesantissime infiltrazioni mafiose nella cosiddetta “industria del divertimento”, portando al sequestro di numerosi villaggi turistici tra il Soveratese, la Locride e il Vibonese».

DALLA COCA ALLE CASE DI LUSSO
PER SPAGNOLI E IRLANDESI
Legambiente parla in particolare dell’inchiesta Metropolis con cui la Dda di Reggio svela, nel marzo 2013, «il più imponente sistema di riciclaggio del denaro individuato negli ultimi dieci anni, come ha sottolineato il procuratore aggiunto Nicola Gratteri». Al centro delle indagini le attività del clan di Giuseppe Morabito detto “tiradrittu” di Africo e di Rocco Acquino di Marina di Gioiosa Ionica, entrambi al 41-bis: secondo gli investigatori, a partire dal 2005 le cosche avrebbero investito i proventi del traffico internazionale di cocaina nel settore immobiliare della costa, puntando a vendere appartamenti di lusso a poco prezzo e rivolgendosi soprattutto al mercato spagnolo e irlandese attraverso l’opera di faccendieri esperti nel riciclaggio e nella cosiddetta “eurovestizione”, una pratica elusiva che permette di aggirare il fisco, prevedendo l’apertura di società che operano in Italia, ma fatte passare per società di diritto estero allo scopo di non pagare le tasse in Italia, ma di farlo in quei paesi esteri che hanno una minore pressione fiscale. Tra i 20 mandati di cattura, oltre ai due potenti boss già detenuti e a Rocco Morabito (figlio del “tiradrittu” e mente finanziaria della famiglia), spicca appunto il nome di Henry James Fitzsimons di Belfast, ritenuto cassiere dell’Ira e intermediario sui mercati esteri per conto delle cosche. Grazie alla mediazione del faccendiere irlandese – annota il rapporto –, le ‘ndrine della Locride avrebbero costituito una vera e propria joint venture con imprenditori spagnoli compiacenti, in particolare Dominino Diaz Bernal e Jorge Pablo Sagredo Lamberti.
Per Legambiente è uno dei casi simbolo di un certo modo di “depredare” paesaggio ed economia: «Il modello che emerge è quello di un’imprenditoria criminale, rapace e miope, che forte della liquidità mafiosa e del beneplacito delle amministrazioni locali, punta al massimo profitto inondando di cemento la costa, costruendo in zone protette e in riva al mare, spazzando d’un colpo e per sempre paradisi naturali che nulla avrebbero da invidiare alle più rinomate ed esotiche località turistiche. Investimenti massicci che non generano però un sistema turistico capace di attrarre flussi di visitatori e di innescare virtuosi cicli economici destinati a durare nel tempo. Quel che resta sono palazzine da vendere a turisti stranieri, residence e villaggi mal gestiti e mal collegati, e un flusso enorme di denaro che fa il giro d’Europa tornando lindo nelle casse delle cosche, pronte a investire nuovamente in attività legali e redditizie, ovunque tranne che in Calabria».

LA MADRE DELLE OPERAZIONI: SIGILLI
AI VILLAGGI, DA COSTA A COSTA
È impressionante, dopo il ciclone “Metropolis”, il valore dei beni sequestrati: 12 aziende e 17 villaggi turistici per un valore di 450 milioni di euro, un patrimonio cristallizzato in oltre 1.500 unità immobiliari. Al centro della galassia societaria ricostruita dalle fiamme gialle c’è la Metropolis 2007 Srl di Bianco, riconducibile alla cosca Morabito di Africo. Dei villaggi posti sotto sequestro, ben 12 sono ubicati nella Locride (Palm View di Bruzzano Zeffirio, The Sands di Brancaleone, San Rocco 1 di Bianco, Residence Vittoria di Bianco, Riace-Pipedo di Riace, Bella Vista 1 di Bianco, Stignano Mare di Stignano Mare, Amusa Mare di Caulonia, Amusa Residential di Caulonia, Vista Montagna di Caulonia, Chiara di Bianco, Gioiello Del Mare di Brancaleone), altri quattro a poche decine di chilometri nel Basso Ionio catanzarese (Isca Calabretta, Isca Fortunata, Isca Allegra e San Rocco 2 a Isca sullo Ionio) e uno nel Vibonese (Marasusa di Parghelia-Tropea).

IL SACCO DEL TIRRENO
E I FACCENDIERI TUTTOFARE
Sull’altro versante della Calabria, annota Legambiente, «anche il Tirreno è stato preso di mira dall’espansionismo della ‘ndrangheta. Medesimo il copione, i meccanismi e i volti. Nel marzo 2013, le inchieste Black money e Black money 2 della Dda di Catanzaro hanno disarticolato il complesso sistema di riciclaggio internazionale del denaro sporco, frutto degli imponenti traffici della cosca Mancuso di Limbadi, nel Vibonese. Un’operazione in due tempi, che ha portato in cella oltre 60 persone, tra gli affiliati del clan, imprenditori, professionisti e faccendieri, oltre al sequestro di beni per un valore di circa 75 milioni di euro, tra cui il villaggio turistico Sabbie d’oro di Tropea. Anche in questo caso, la ‘ndrangheta ha fiutato l’affare investendo nel settore turistico: secondo la Dda catanzarese, i Mancuso sarebbero riusciti a mettere le mani su strutture residenziali della zona, utilizzando i capitali illeciti rientrati attraverso il cosiddetto “scudo fiscale”. Vorticosi giri di denaro per ripulire i proventi dei traffici di droga, tecniche di “eurovestizione” del denaro per eludere il fisco, l’avvio di nuove imprese in cui far confluire i capitali: il tutto è stato reso possibile grazie alla “consulenza” degli esperti professionisti già individuati dall’inchiesta Metropolis».

«QUALCOSA SI MUOVE»
Non mancano, nel rapporto presentato stamattina a Roma, i segnali confortanti. «Qualcosa si muove anche in Calabria, altra regione massacrata da decenni di cemento illegale, specialmente sulla costa – si legge nel capitolo “Abbatti l`abuso” –. Proprio mentre stiamo chiudendo questo rapporto, arriva la notizia del definitivo recupero paesaggistico dell’area dove nel 2007 è stata avviata la demolizione dell’ecomostro di Copanello, sul territorio di Stalettì (Cz), uno scheletro abusivo che dai primi anni Ottanta deturpava un’area a ridosso della chiesa di San Martino, sede di importanti resti archeologici. Un abuso imponente che per anni Legambiente ha denunciato nel dossier Mare monstrum e con la campagna estiva di Goletta verde».
Viene anche citata l`iniziativa datata 12 dicembre 2012, giorno in cui «sono venute giù due ville abusive sulla spiaggia a Stilo, in provincia di Reggio Calabria. Facevano parte dell’elenco di immobili illegali da abbattere redatto nel 2009 dalla regione. Una lista di 800 edifici che, salvo qualche eccezione, sono ancora al loro posto. A Stilo si è conclusa una vicenda cominciata all’inizio degli anni Ottanta, quando alcuni membri della famiglia mafiosa di Monasterace, i Ruga, comprarono 25.000 metri quadrati di terreno a ridosso della spiaggia. Ottenuto il permesso per installare una dozzina di villini prefabbricati, avviarono invece la costruzione di due case in cemento armato, che tra sequestri e ricorsi giudiziari sono arrivate allo stato rustico fino ai giorni nostri. Sempre in Calabria, ma a Vibo Valentia, un’altra demolizione a febbraio ha riguardato un fabbricato in località Cervo il cui proprietario era già stato condannato in via definitiva. Dell’ordine di demolizione e dell’intervento di demolizione si è fatto carico l’uffic
io del procuratore di Vibo, Mario Spagnuolo, che ha in programma nuovi abbattimenti». (0070)

Argomenti
Categorie collegate

Corriere della Calabria - Notizie calabresi
Corriere delle Calabria è una testata giornalistica di News&Com S.r.l ©2012-. Tutti i diritti riservati.
P.IVA. 03199620794, Via del Mare, 65/3 S.Eufemia, Lamezia Terme (CZ)
Iscrizione tribunale di Lamezia Terme 5/2011 - Direttore responsabile Paola Militano
Effettua una ricerca sul Corriere delle Calabria
Design: cfweb

x

x