«Ecco perche? la suora ha detto la verita?»
«La suora dice la verità». La Procura di Cosenza non ha dubbi sulla credibilità della religiosa che accusa padre Fedele Bisceglia e il suo segretario Antonello Gaudio di averla violentata. E per ques…

«La suora dice la verità». La Procura di Cosenza non ha dubbi sulla credibilità della religiosa che accusa padre Fedele Bisceglia e il suo segretario Antonello Gaudio di averla violentata. E per questo i pubblici ministeri, Adriano Del Bene e Salvatore Di Maio, al termine di una requisitoria durata quasi quattro ore nell’aula del Tribunale di Cosenza, chiedono la condanna a otto anni di reclusione per il sacerdote e a sei anni per Gaudio per violenza sessuale. Un’accusa pesante che la Procura ritiene di aver valutato dopo accurate indagini preliminari e un ampio accertamento nel corso del dibattimento. Secondo i pm le “fondamenta” del castello accusatorio sono costituite dalla deposizione della suora, comprovata in alcuni passaggi dalle testimonianze di altre consorelle, dalle perizie dei consulenti e dai racconti delle ospiti dell’Oasi. E per l’accusa, quest’ultimi avrebbero fornito non proprio riscontri alle presunte violenze, ma elementi che contribuiscono a delineare lo scenario della vicenda. Per la Procura, in- fatti, in quella struttura viene descritto un contesto inquietante. Emergerebbe, quindi, l’altra faccia dell’Oasi, comunque nota per essere stato luogo di accoglienza per le persone povere e bisognose. È un dato ampiamente accertato, per i pubblici ministeri, che le ospiti per ottenere il permesso di soggiorno dovevano sottostare ai “desideri” di padre Fedele e Gaudio, un elemento che – precisano i pm – «non è penalmente rilevante».
Il racconto della suora
Per i pubblici ministeri, la Cassazione mette una prima pietra sull’attendibilità della suora quando accoglie il ricorso dell’allora pm Claudio Curreli contro la decisione del Tribunale della libertà di scarcerare i due imputati. Del Bene e Di Maio ricostruiscono i cinque episodi delle presunte violenze sessuali, sia ripercorrendo la vicenda con l’interrogato- rio della religiosa, che attraverso i riscontri a quelle parole. E nella sua deposizione la suora indica il 28 febbraio del 2005 come il giorno in cui sarebbe avvenuta la prima violenza. Secondo la sua versione quel giorno si sarebbe recata al secondo piano dell’Oasi dove si trova la stanza di padre Fedele per portargli il pranzo. Lui l’avrebbe afferrata per i polsi e buttata su uno dei due lettini. A quel punto il vassoio con un piatto di maccheroni al sugo si sarebbe rovesciato e il saio bianco di padre Fedele si sarebbe sporcato di sugo. Il sacerdote dopo qualche ora sarebbe partito per una delle sue missioni in Africa. Dopo qualche mese, sempre secondo il racconto della suora, il 4 aprile 2005, si sarebbe verificata la violenza di gruppo. Un episodio al quale avrebbe partecipato anche Gaudio, che avrebbe ripreso quelle scene con una telecamera. La suora sarebbe stata anche costretta a prendere una pillola che le avrebbe fatto perdere i freni inibitori. La violenza si sarebbe ripetuta nello stesso mese, il 23, e poi l’11 maggio. In questi altri due episodi la religiosa ha riferito di essere stata legata e bendata. L’ultimo approccio sarebbe avvenuto il primo giugno. Quel giorno la donna racconta di essere stata prima sottoposta a una visita ginecologica da padre Fedele (che è anche medico) e poi di essere stata violentata. Ma la suora decide di denunciare nei mesi successivi. Per la Procura, la religiosa siciliana non parla subito per paura: padre Fedele l’avrebbe continuamente minacciata. Soltanto il 24 ottobre del 2005, con la collaborazione di suor Gianna Giovannangeli, la donna presenta una querela allo Sco di Roma, il Servizio centrale operativo della polizia, che coinvolge la Mobile di Cosenza. Per l’accusa la suora è credibile: nonostante il disagio racconta fatti gravissimi che le consorelle confermano. La Procura, in particolare, si sofferma sull’episodio della pasta al sugo: suor Loredana Giugliani conferma che il 28 febbraio viene chiamata da padre Fedele che le chiede aiuto perché si è macchiato il saio e deve partire per l’Africa. Secondo i pubblici ministeri è un riscontro fondamentale alle parole della suora. Un’altra conferma è quanto detto da suor Maria Atorino, consorella dell’Ordine delle Francescane dei poveri, che collaborava come infermiera all’Oasi. È lei a raccontare che un giorno si trovava nell’ambulatorio della struttura, dove prestava servizio anche un dentista, e che durante una visita entrano padre Fedele e Gaudio: i due fanno alcune riprese con una telecamera. Un particolare che – precisa l’accusa – non fa emergere un comportamento penalmente rilevante, ma significativo per confermare la presenza di questi strumenti all’Oasi.
La prova delle perizie e delle intercettazioni
Per i pm le consulenze della psichiatra Daniela Mallamaci e della ginecologa Elisabetta Canitano, nominate dalla Procura, rafforzano la credibilità della suora. La Mallamaci, che ha visitato più volte la donna, esclude qualsiasi disturbo psicologico. Il castello accusatorio si basa anche sul racconto di un’altra presunta vittima, Maria Vocaturi. La donna afferma di aver subito avances da Gaudio ma di non aver denunciato per paura. Ed è sull’attendibilità di questo episodio che i pm chiedono anche la condanna per il segretario. Un altro tassello del puzzle – per la Procura – è rappresentato dalle intercettazioni: offrirebbero un ritratto dell’interesse dei due per il sesso. Secondo i pm il fatto che un sacerdote parli di sesso dovrà essere valutato dal Tribunale non per stabilire la credibilità della suora, ma per inquadrare la personalità dell’imputato. Padre Fedele ha rilasciato più volte nel corso dei tre anni del processo dichiarazioni spontanee, ribadendo sempre la sua innocenza. Per la Procura l’ex frate si è trincerato dietro l’immagine di un complotto ordito dalla suora manovrata da qualcuno, ma – ribadisce l’accusa – non ha voluto fare i nomi. I pm sono convinti che se il nome del pre- sunto mandante esce tra dieci anni non serve più, il processo è oggi. Per loro non ci sarebbero, quindi, elementi concreti che dimostrino l’innocenza del sacerdote. Un esempio di ciò, per l’accusa, è la deposizione del romeno Alin Ancuta, che avrebbe dovuto confermare di aver avuto una relazione con la suora e di aver dormito nel piano dell’Oasi dove alloggiavano le religiose. Ma in udienza, in videoconferenza dalla Romania, l’uomo ha negato. Un altro elemento chiaro, sempre secondo la Procura, arriva quasi al termine del pro- cesso quando il collegio giudicante (presieduto da Antonia Gallo, a latere Pietro Santese e Luigi Branda) decide di fare eseguire una perizia farmacologica. Il professor Calapai conferma l’esistenza di una pillola che produce gli effetti descritti dalla suora nel secondo episodio. È questa – per l’accusa – la prova conclusiva che quanto detto dalla religiosa non era finalizzato a infangare padre Fedele, ma a dire la verità. Adesso la parola passa ai giudici.