"Meta", Giardina spiega le dinamiche del "locale" di Villa
REGGIO CALABRIA Un “locale” di ‘ndrangheta in difficoltà, ma pur sempre operativo e capace di imporre il suo potere. È questo quanto emerge dall’ultima udienza del processo “Meta”, nel corso della qu…

REGGIO CALABRIA Un “locale” di ‘ndrangheta in difficoltà, ma pur sempre operativo e capace di imporre il suo potere. È questo quanto emerge dall’ultima udienza del processo “Meta”, nel corso della quale è stata approfondita l’operatività criminale della cosca Buda-Imerti, egemone nel territorio di Villa San Giovanni e Fiumara. Davanti al Tribunale presieduto da Silvana Grasso, il colonnello Valerio Giardina ha risposto alle domande dell’avvocato difensore Francesco Calabrese. I riflettori del processo, nato dalle indagini coordinate dal sostituto procuratore Giuseppe Lombardo, sono stati dunque puntati sul clan un tempo guidato da Antonino Imerti, detto “Nano feroce”. Dopo il suo arresto, avvenuto in seguito alla sentenza del processo “Olimpia”, la guida del cartello dei “fiumaroti” passa nelle mani del cugino del “Nano feroce”, l’omonimo Antonino Imerti, classe 1950. Un comando, il suo, giudicato non all’altezza della situazione da un altro boss della stessa consorteria mafiosa, Pasquale Buda, secondo Giardina «un membro storico della ‘ndrangheta di Villa». Nel corso di un dialogo intercettato dai carabinieri del Ros, è proprio Buda ad ammettere le difficoltà del “locale” di riferimento, quando dice che «non è formato, è chiuso in buon ordine». «Una situazione momentanea – ha spiegato Giardina – nella quale il locale di Fiumara non ha più l’ufficialità di un tempo, ma continua comunque ad avere una sua vita interna». Lo prova il fatto che Buda, parlando con un interlocutore rimasto anonimo, faccia riferimenti all’assegnazione di cariche di ‘ndrangheta nei confronti di alcuni affiliati. Una eccezione per un “locale” temporaneamente non riconosciuto dai vari clan della provincia di Reggio. «Le regole sono il collante – ha continuato l’ex comandante del Ros -, ma spesso nella ‘ndrangheta non vengono rispettate, senza che per questo vi siano grosse sanzioni». In ogni caso Pasquale Buda non è per niente contento dell’operato di Antonino Imerti. Più volte, nel corso dei dialoghi intercettati nell’ambito dell’indagine “Meta”, il boss di Villa si lamenta con lo zio Antonino Cianci delle capacità di comando del successore del “Nano feroce”, a cui viene imputato lo scarso controllo del territorio di riferimento, in particolare per quanto riguarda i nuovi imprenditori e i relativi appalti. «Male figure» dovute al fatto che «non si sta girando le maniche per darsi da fare». Nonostante questo «disprezzamento» nei confronti del reggente della cosca, la storica alleanza rimane comunque salda. Dopo la sentenza “Olimpia”, Pasquale Buda e il fratello Natale non si staccano dai “fiumaroti” proprio perché – secondo l’ufficiale dell’Arma – «sono assolutamente inseriti e assi portanti della cosca, a cui hanno dato tanto soprattutto durante l’ultima guerra di ‘ndrangheta. È gente che continua a credere nella struttura criminale di riferimento». «Buda – spiega ancora Giardina – non gliene fa passare una a Imerti, salvo poi appoggiarlo per salvare la consorteria».
Durante un altro colloquio tra il boss di Villa e lo zio, emerge anche lo spessore criminale dell’imprenditore Domenico Passalacqua. Uno che, a detta dello stesso Cianci, «le sue cose ce l’ha, ha il pane (i forni, ndr), ha i vostri panari (riferito al nipote, ndr), ha questo e ha quello». Una dichiarazione che spinge Giardina ad affermare che «Passalacqua era il custode del patrimonio di Buda, nelle sue attività vengono investiti i soldi del clan». Un rapporto stretto confermato anche dall’interessamento dello stesso Buda nella risoluzione di alcuni problemi dell’imprenditore con la famiglia mafiosa dei Cotroneo di San Roberto.
LA DIVISIONE TERRITORIALE
Nel corso dell’udienza, Giardina ha anche ripercorso le risultanze della sentenza “Olimpia” riguardo la spartizione del territorio da parte dei clan di Reggio. Una geografia ‘ndranghetista nella quale il territorio da Archi Cep al centro-città rientra tra le “competenze” dei De Stefano-Tegano, da Sbarre Centrali a Spirito Santo tra quelle del clan Libri, mentre la zona nord di Reggio fino a Gallico vede il dominio della cosca Condello. Ripartizioni che, però, hanno un unico centro decisionale e di coordinamento: il quartiere Archi, per Giardina «la sede legale della società, luogo di riferimento di questa struttura».