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Progetto "San Francesco", la casa dell`antimafia nel profondo nord

Associazioni, sindacati, imprese. E ancora, magistrati, investigatori, giornalisti, scrittori. Tutti uniti contro i clan e a tutela della legalità, ma non a favore di telecamera. È il progetto “San F…

Pubblicato il: 05/07/2012 – 11:39
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Progetto "San Francesco", la casa dell`antimafia nel profondo nord

Associazioni, sindacati, imprese. E ancora, magistrati, investigatori, giornalisti, scrittori. Tutti uniti contro i clan e a tutela della legalità, ma non a favore di telecamera. È il progetto “San Francesco”, testimonianza di un impegno vero che rifugge dall’opportunismo e dal clamore mediatico. Il quartier generale della sfida alle cosche ha la sua collocazione in un luogo anonimo e, perciò, realmente simbolico. Né Reggio né Palermo, capitali di ‘ndrangheta e mafia; né Milano né Torino, sedi “consolari” delle cosche. Ma Cermenate, piccolo centro della provincia di Como dove il progetto “San Francesco” ha ubicato il “Centro di studi sociali contro le mafie” in una villetta confiscata alla consorteria calabrese dei Paviglianiti. Non è stata casuale la scelta di una località del nord, da alcuni anni eldorado della ‘ndrangheta, e neppure quella di non optare per una grande città, bensì per un paesino di 9mila anime. Che, peraltro, dista una manciata di chilometri dal confine con la Svizzera, dove le famiglie criminali depositano spesso i proventi delle loro attività illecite e da dove muovono i soldi per investimenti finalizzati al riclaggio.
Il direttore generale del progetto “San Francesco” è Alessandro De Lisi. «Puntiamo più ai fatti che alle parole. Vogliamo pestare i piedi, provocare rumore», ha detto al Corriere della Sera, che ha dedicato un ampio reportage all’intensa attività sociale ed educativa svolta nella ex villa di un clan di ‘ndrangheta. L’idea è nata da un colloquio avvenuto alcuni anni fa, a Palermo, tra De Lisi, l’allora procuratore della Repubblica nel capoluogo siciliano, Giuseppe Pignatone (poi passato a Reggio e adesso a Roma) e il questore della città isolana, Alessandro Marangoni.  Il progetto, rapidamente sviluppato, ha portato a trasformare quell’edificio in una “casa dell’antimafia”, un luogo fisico d’incontro non solo per chi combatte sul campo i clan ma anche per la società civile. Villa ristrutturata con l’impegno delle scuole edili della provincia di Como e nonostante le intimidazioni e qualche tentennamento di operatori economici del territorio.

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