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OPERAZIONE ADA | Se l`impresa chiede il permesso al clan

REGGIO CALABRIA La centrale a carbone di Saline Joniche è ben vista dalla `ndrangheta. È emerso anche questo dall`ordinanza di custodia cautelare in carcere dell`operazione “Ada” eseguita stamattin…

Pubblicato il: 12/02/2013 – 15:57
OPERAZIONE ADA | Se l`impresa chiede il permesso al clan

REGGIO CALABRIA La centrale a carbone di Saline Joniche è ben vista dalla `ndrangheta. È emerso anche questo dall`ordinanza di custodia cautelare in carcere dell`operazione “Ada” eseguita stamattina dai carabinieri che hanno arrestato, tra gli altri, anche il sindaco di Melito Porto Salvo, Gesualdo Costantino. «La cosca Iamonte – scrive il gip Barillà – già da tempo risulta aver puntato gli occhi su uno dei più grossi investimenti economici che interessano la zona del basso ionio reggino e nella fattispecie la frazione Saline Joniche del comune di Montebello Jonico, dove l’attuale compagine governativa, visto il parere favorevole espresso in data 21 ottobre 2010 dalla Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale del ministero dell’Ambiente, ha già dato la sua autorizzazione alla costruzione della centrale a carbone che dovrebbe nascere nell’area in atto occupata dallo stabilimento dell’ex Liquichimica». Come tutte le grandi imprese del nord o estere che vengono a lavorare in Calabria, anche la Sei avrebbe mandato un consulente incaricato di «allacciare quei rapporti funzionali al raggiungimento dello scopo prefissato». Si tratta di Franco D`Aquaro che, dalle intercettazioni registrate dai carabinieri, già alcuni anni prima avrebbe «preso contatti con la criminalità organizzata locale, inevitabilmente coinvolta nel più massiccio investimento economico che ha interessato negli ultimi anni la zona».
In particolare, ci sarebbe una conversazione telefonica del 29 luglio 2008 in cui «Giuseppe Guerrera, organico della cosca Iamonte, viene contattato da Bava Pompeo Vincenzo, all’epoca presidente della Inseb srl (società fallita nel 2010), facendo sin da subito riferimento a un incarico che a breve gli sarebbe stato affidato («…Sai dove siamo andati a vedere dove c`è il cementificio?…Quello che insacca il cemento, no?…Tutta quella zona lì…mi stanno dando l`incarico adesso…») e immediatamente dopo chiede a Guerrera Giuseppe di fornirgli informazioni sul conto di Franco D`Aquaro («…Puoi segnarti un nome?… Allora…Franco D`Acquaro…»).
«Questo signore qua si è accordato con tutti…» è la frase di Bava che, secondo gli inquirenti, dimostra il bene placito ottenuto dalla Sei per la mega opera dalla cosca Iamonte. Scrive sempre il gip Barillà: «La realtà in cui gli operatori del settore economico e i liberi professionisti agiscono è indiscutibilmente vincolata alle leggi imposte dalle cosche territorialmente competenti: tale asserzione intesa come punto di partenza costituisce la chiave di lettura della frase proferita da Bava. L’accordo cui Bava fa riferimento è verosimilmente l’autorizzazione, preventivamente concessa dalle cosche territorialmente competenti al D`Aquaro che, per conto della Sei, sarebbe incaricato di verificare l’esistenza delle condizioni ambientali per la realizzazione della centrale a carbone nell’area dell’ex Liquichimica».
D`Aquaro poteva contare sull`amicizia influente di Costantino che, sulla centrale a carbone, avrebbe mantenuto una posizione ambigua: «Pur mantenendo una posizione ufficiale contraria alla realizzazione della centrale a carbone a Saline, – si legge nell`ordinanza di custodia cautelare – al tempo stesso allaccia rapporti che si rivelano molto cordiali con Franco D`Aquaro, consulente Sei, ovvio sostenitore della rivalutazione in chiave industriale dell’area della dismessa ex Liquichimica. L’atteggiamento ambiguo di Costantino trova piena giustificazione nei reali interessi di cui egli è portatore, ovvero quelli della cosca Iamonte che, come emerso nel corso delle conversazioni telefoniche intercorse tra Guerrera Giuseppe e Bava Pompeo Vincenzo, ha dato il suo assenso al D`Aquaro e di conseguenza parere favorevole all’investimento economico, in quanto rappresenta anche occasione di ulteriore arricchimento per il sodalizio criminale».
Il sindaco, in sostanza, si sarebbe barcamenato tra le inconciliabili esigenze della collettività e gli interessi della cosca Iamonte.

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