REGGIO CALABRIA Diciassette condanne dai dieci ai diciotto anni di reclusione, pene pecuniarie pesantissime e solo due assoluzioni: è una rotonda conferma dell’impianto accusatorio costruito dal pm Alessandra Cerreti, la sentenza con cui il gup Adriana Trapani ha chiuso il primo grado abbreviato del processo “Meta 2010”, il procedimento scaturito da quella che è stata definita dagli investigatori l’operazione che ha portato a uno dei maggiori sequestri di droga operati in Europa negli ultimi 20 anni.
Così le forze dell`ordine hanno definito il blitz che il 9 novembre 2011 che ha portato al sequestro di 2,6 tonnellate di cocaina e all’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare a carico di 30 persone. Un’indagine complessa, inizialmente coordinata dalla Procura di Roma, quindi passata per competenza alla Dda di Reggio Calabria perché l’importazione di stupefacente, ha segnalato il gip di Roma, è stata «certamente consumata nel porto di Gioia Tauro». ?Ed è qui che l’organizzazione che faceva capo al vibonese Vincenzo Barbieri – ritenuto affiliato al clan Mancuso e perno centrale del gruppo di narcos fino al suo assassinio, avvenuto a San Calogero (Vibo Valentia) il 12 marzo 2011 – prevedeva di far arrivare i carchi di bianca dalla Colombia. Per gli inquirenti, Barbieri era un grande broker delle importazioni: teneva i contatti diretti con i fornitori in Colombia, grazie anche a personaggi come Alessandro Pugliese, detto “Pupetto”, trasferito in pianta stabile nella zona di Meta in qualità di addetto ai rapporti con i fornitori, e si occupava del trasporto in Italia dello stupefacente. Stava poi ad altre organizzazioni e clan organizzare l’immissione della droga sul mercato.?Ma nonostante l’organizzazione che faceva riferimento a Barbieri gestisse solo una fase del traffico di droga, la sua struttura era estremamente complessa e sofisticata. Per gli inquirenti, al vertice del gruppo c’era anche Giuseppe Topia, anche lui storicamente legato ai Mancuso, braccio destro di Barbieri incaricato delle operazioni di recupero di tutti i carichi di stupefacente importati in Italia e per questo condannato a 14 anni di reclusione e 200mila euro di multa, una pena di poco inferiore a quella richiesta dal pm Cerreti che aveva invocato una condanna a 20 anni di carcere e 260mila euro di multa.
Altrettanto severe le pene inflitte agli altri presunti organizzatori del sodalizio Giuseppe Pugliese, punito insieme al figlio Vincenzo con 18 anni di carcere, tre in più di quanto chiesto dal pm, e al secondo genito Alessandro, condannato a 16 anni e 200mila euro di multa, a fronte di una richiesta di 17 anni di detenzione.
Durissime sono anche le condanne rimediate dagli imputati ritenuti a vario titolo affiliati all’organizzazione: dovrà passare diciotto anni e sei mesi dietro le sbarre Antonio Franzè, mentre diciotto anni e 260mila euro di multa è la pena inflitta a Giovanni Mancini. Sono invece sedici gli anni di reclusione inflitti dal gup a Giorgio Galiano, condannato anche a pagare 200mila euro di multa.
Alla medesima sanzione pecuniaria ma a un anno in meno di reclusione è stato condannato Antonio Della Rocca. Sempre quindici anni ma senza multa alcuna, dovrà invece scontare Filippo Paolì, mentre quattordici anni e duecentomila euro di multa ciascuno vanno invece a Tommaso e Salvatore Pirrò, e ad Alessandro Alloni.
Sono stati condannati infine a dieci anni di reclusione Nicola Certo, Giuseppe Galati, Francesco Grillo, Fabrizio Sansone e Iyad elGhandour Waked. Si salvano dalla mannaia del gup Trapani solo Antonio Portone e Maria Isabel Espinoza Hurtado, per i quali il pm Cerreti aveva chiesto rispettivamente venti e dodici anni di reclusione. (0090)
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