«Rappoccio proclive al delitto»
«La misura in atto appare non solo adeguata, ma anche proporzionata all`entità del fatto e alla sanzione che si ritiene possa venire irrogata, condividendo questo collegio la scelta operata dal Tribu…

«La misura in atto appare non solo adeguata, ma anche proporzionata all`entità del fatto e alla sanzione che si ritiene possa venire irrogata, condividendo questo collegio la scelta operata dal Tribunale di estendere il divieto di dimora a tutto il territorio della Regione Calabria, in considerazione del fatto che tale ambito territoriale segna il perimetro dell`influenza esercitata dall`indagato e del suo bacino di relazioni». Antonio Rappoccio dovrà restare lontano dalla Calabria, almeno fino a quando, nelle sue funzioni di consigliere regionale, sarà nelle condizioni di reiterare reati assimilabili a quelli per cui oggi è imputato in un procedimento penale e indagato in un secondo. È questo, in sintesi, il significato della sentenza con cui il 24 agosto scorso il Tribunale delle libertà ha rigettato il ricorso contro il provvedimento di divieto di dimora in Calabria, emesso a carico di Rappoccio, all’indomani del – chiesto e ottenuto – reintegro in consiglio regionale.
«CONCRETO RISCHIO DI REITERAZIONE DEL REATO» Un provvedimento – redatto dal giudice Matteo Fiorentini e controfirmato dal presidente del Tribunale, Rodolfo Palermo – che l’ex consigliere aveva definito una forma di «confino politico» e contro il quale, tramite il suo legale Giacomo Iaria, aveva promesso strenua battaglia. Ma le bellicose intenzioni dell’ex consigliere sono naufragate di fronte alle determinazioni del Tribunale della libertà. I giudici del Riesame non solo hanno confermato la misura a carico del politico, ma hanno anche sposato le pesantissime argomentazioni con cui il Tribunale aveva nell’agosto scorso motivato la sentenza. «Il Tribunale – si legge nella sentenza emessa dal Tdl – ha correttamente desunto un concreto rischio di reiterazione di reati della stessa specie di quelli per cui vi è processo a carico dell`istante, sia dall`intervenuto avviso di conclusione indagini nei confronti del Rappoccio Antonio per i numerosi reati di peculato, sia dalla dichiarazione dell`imputato di dimissioni dalla carica di consigliere regionale – cui era stato appena reintegrato con deliberazione numero 325 in esito alla seduta dell`organo consiliare del 25 luglio 2013 – “a partire dalla data del 24 settembre”».
GLI ELEMENTI CONTRO RAPPOCCIO A pesare dunque sulle sorti giudiziarie di Rappoccio c’è tanto l’indagine coordinata dal pg Francesco Scuderi, che sembra preannunciare una nuova richiesta di rinvio a giudizio per truffa e peculato a carico del politico, ma anche la fretta con cui – appena ottenuta la scarcerazione – Rappoccio ha preteso di recuperare il suo scranno in consiglio regionale. Due chiari campanelli d’allarme, per i giudici che in entrambe le circostanze non hanno potuto che ravvisare un chiaro segnale di pericolo di reiterazione dei reati per i quali Rappoccio è già chiamato a rispondere o è – allo stato – solo indagato. E se il quadro emerso nell’ambito del processo sul “sistema Rappoccio” – il procedimento in cui il politico è imputato per corruzione elettorale, associazione a delinquere, truffa e peculato perché ritenuto dominus del sistema nascosto dietro tre presunte cooperative fantasma costituite esclusivamente per alimentare una personalissima macchina elettorale – per i giudici è di «particolare gravità», di certo la posizione dell’ex consigliere non è stata alleggerita dalle risultanze dell’indagine coordinata dal pg Francesco Scuderi. L’avvocato generale dello Stato – titolare dell’inchiesta sull’ex consigliere dopo l’avocazione disposta dalla Procura generale – il 7 luglio scorso ha notificato l’avviso di conclusione indagini tanto a Rappoccio come al suo capogruppo Giulio Serra, con l`accusa di aver indebitamente gestito oltre 70mila euro di contributi per i gruppi emessi dalla Regione.
«Rappoccio proclive al delitto»
Circostanza – sottolineano i giudici del Tdl che «vale sicuramente a connotare negativamente la personalità dell`odierno istante, lasciando intravedere una certa proclività al delitto del predetto». Inoltre – si legge in sentenza – «l`odierno richiedente si è dimostrato in grado di ripetere nel tempo condotte costituenti reato e che le condotte illecite contestategli nell`ambito del presente procedimento non rappresentano perciò un episodio occasionale e isolato». Rappoccio – spiegano i giudici – ha commesso una serie di reati pur di essere eletto in consiglio regionale nel 2010: per questo i diversi episodi di peculato di cui si è reso protagonista in qualità di consigliere devono considerarsi «senza ombra di dubbio della stessa indole o specie». Elementi pesantissimi, sottolinea il Tdl, che concorrono a disegnare un quadro a tinte fosche, ma che si aggrava ulteriormente alla luce della volontà del politico di mantenere il proprio ruolo di consigliere, almeno fino al prossimo 24 settembre, data in cui ha protocollato le proprie dimissioni. Una mossa che ai giudici non è sembrata sufficiente, ma al contrario sembra aver irritato non poco il Tdl che sottolinea: «Va aggiunto che tali dimissioni fino alla loro accettazione – circostanza questa né scontata né certa (anche nella data) – non hanno effetto, per cui allo stato vi è un pericolo di reiterazione di reati della stessa specie – cioè perpetrati nell`ambito dell`esercizio delle proprie funzioni assai elevato, dai caratteri di estrema attualità e concretezza».
LA GARANZIA DELL`ALLONTANAMENTO Sono questi i motivi per cui i giudici del Riesame non hanno potuto che ritenere che il provvedimento di divieto di dimora in Calabria, emesso a carico di Rappoccio sia una misura «idonea a fronteggiare il rischio di recidivanza che è emerso essere fortemente legato alla presenza sul territorio calabrese da parte del Rappoccio, per cui solo un allontanamento da esso può garantire la tutela degli interessi della collettività».
E ancora, nella sentenza, si legge: «Nonostante abbia sofferto un periodo di custodia cautelare in carcere e successivamente di detenzione domiciliare ha dimostrato con il suo attuale comportamento che le misure applicategli non hanno spiegato sufficiente efficacia deterrente nei suoi confronti, al punto che appena riacquistata la libertà non ha esitato a reimmettersi nella carica di consigliere regionale, sebbene dietro il formale “paravento” di dimissioni differite, che peraltro fino alla loro accettazione non hanno effetto».
Un errore madornale per i giudici, che proprio per questo non possono che confermare il divieto di dimora in Calabria a carico di Rappoccio, la cui personalità – affermano – «non può che essere negativamente stigmatizzata, non sussistendo elementi da cui presagire che in futuro si asterrà dal commettere nuovi fatti di reato della stessa specie di quelli per cui vi è processo. Anzi dalle emergenze indiziarie offerte dal pm si ha prova esattamente del contrario». (0080)