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OPERAZIONE XENOPOLIS | Il clan con il vizio della politica

REGGIO CALABRIA Gli Alvaro e il vizio della politica. Buona parte dell`ordinanza di custodia cautelare dell`inchiesta “Xenopolis”, firmata dal gip Tommasina Cotroneo, è dedicata ai rapporti tra espon…

Pubblicato il: 04/09/2013 – 15:06
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OPERAZIONE XENOPOLIS | Il clan con il vizio della politica

REGGIO CALABRIA Gli Alvaro e il vizio della politica. Buona parte dell`ordinanza di custodia cautelare dell`inchiesta “Xenopolis”, firmata dal gip Tommasina Cotroneo, è dedicata ai rapporti tra esponenti politici locali e la cosca di Sinopoli che – scrive il giudice per le indagini preliminari – «costituisce l`esaltazione del modello mafioso, divenendo altissimo il livello dei mezzi (imprese e professionisti) e delle finalità (non solo l`accaparramento delle ricchezze economiche del territorio ma la canalizzazione di ricchezza in tale territorio e l`influsso su scelte politiche e amministrative dello Stato)». «Una siffatta situazione – si legge nell`ordinanza –, acuita dal totale stallo registrato nello sviluppo socio-culturale della popolazione, dileggiata da una politica amministrativa della cosa pubblica incapace di assunere iniziative di rilancio socio economico, ha consentito alla `ndrangheta sinopolese di dominare, evolversi e prosperare sempre più, mantenendo inalterata nel tempo (anzi consolidandola) la propria leadership di vera e propria holding del crimine e di proiettarsi ben oltre i confini del comprensorio reggino, per riproporre i medesimi moduli organizzativi e culturali d`origine fino alla lontana Australia, ove all`epoca risultava saldamente e pericolosamente attestata».
Spiegando la pericolosità della cosca di Sinopoli, il gip Cotroneo fa una descrizione impietosa del territorio reggino e calabrese e, allo stesso tempo, evidenzia la sconfitta di una classe politica incapace: «Le principali direttrici di azione della eminente associazione degli Alvaro sono di tipo militare ed economico insieme, nel senso che il potere cercato e conseguito col metodo dell`intimidazione e della violenza mira ad assicurare la supremazia sugli avversari e il monopolio diretto e indiretto, attraverso le cosche alleate, delle principali fonti di ricchezza che si aprono nel territorio, quali sono gli appalti delle imponenti opere pubbliche intraprese nella depressa regione calabrese: dalle attività inerenti il porto e Gioia Tauro all`opera di ammodernamento autostradale, agli appalti pubblici di varia natura, non c`è impresa di rilevanti dimensioni e cospicuo stanziamento di denaro pubblico che non cada nei tentacoli delle organizzazioni criminali, con odioso soffocamento della libera concorrenza e iniquo impedimento alla circolazione della ricchezza che si concentra costantemente nelle oligarchie criminali, condannando le popolazioni a un avvilente stato di sudditanza psicologica e depressione economica».

Famiglia mafiosa “doc”
«Quella degli Alvaro – è scritto sempre nell`ordinanza eseguita oggi dalla squadra mobile – non è solo famiglia mafiosa ma è la famiglia mafiosa “doc”, riconosciuta, che ha rapporti con le altre famiglie mafiose come emerge dalle sentenze passate in giudicato e non acquisite. Tutti i profili di diritto evidenziati sono presenti, e in modo classico perché è mafia storica, dalla paura della gente tale da non richiedere violenza, alle violenze sistematiche che tale paura hanno sedimentato a tali livelli da determinare terrore il solo nome del gruppo, alla organizzazione gerarchica complessa con mezzi e uomini, alle attività e finalità non singole ma massicce e capillari su tutti i negozi e tutti gli appalti, alla pubblica amministrazione e alla politica che si tenta di deviare, subornare, influenzare ed infiltrare. Ma è soprattutto mafia vera perché si ritiene padrona piena ed esclusiva del territorio, con tutti i relativi poteri. È mafia che vive anche del “prestigio” dei capostipiti mitici, intatto anche con la detenzione, per come emergente dalla serie di dichiarazioni incrociate di collaboratori che dipingono prestigio, alleanze, potere ricattatorio e capacità e possibilità di comunicare determinazioni dal carcere».

I contatti politici già emersi in “Meta”
Nell`ordinanza, il gip ricorda come già nell`inchiesta “Meta” condotta dai carabinieri del Ros erano emersi i contatti politici del boss Cosimo Alvaro. L`ex latitante, infatti, «avendo scelto la città di Reggio Calabria come proprio domicilio, in quanto sottoposto dal 2006 al 2009 alla sorveglianza speciale con divieto di soggiorno in Sinopoli», si era «inserito occultamente nella gestione di importanti attività economiche della città, investendovi e gestendo risorse finanziarie provenienti dalla cosca di provenienza e mantenendo al contempo costanti contatti con gli ambienti mafiosi della città di Reggio Calabria. In quel procedimento si sono evidenziati altresì stabili contatti tra Alvaro Cosimo e alcuni esponenti politici di Reggio Calabria nonché amministratori locali: in particolare, è emerso come Alvaro Cosimo abbia esercitato una forte ingerenza nelle elezioni comunali di San Procopio per la elezione a sindaco di Palermo Rocco nel mese di maggio 2007 e come lo stesso Alvaro abbia rappresentato per alcuni politici di Reggio Calabria un punto di riferimento per l`acquisizione di voti (come Marcianò Michele, all`epoca consigliere comunale in Reggio Calabria; Panuccio Vincenzo Giuseppe, candidato consigliere comunale in Reggio Calabria)».

Il tesseramento
Stando alla ricostruzione dei pm Di Palma e Sottosanti, l`imprenditore Domenico Laurendi era l`uomo delle tessere. Arrestato con l`accusa di associazione mafiosa, «Laurendi intrattiene contatti e frequentazioni con esponenti politici locali, che favorisce nell`attività politica, sulla scorta delle sue conoscenze con soggetti rappresentativi del panorama criminale locale, e dai quali trae vantaggio a sua volta per la sua attività imprenditoriale. In particolare, la pratica del “tesseramento”, peraltro già riscontrata in altre zone sottoposte ad una intensa pressione della criminalità organizzata, si concretizza in una attività di consolidamento dello spessore politico di alcuni personaggi, impegnati politicamente nelle zone in esame, i quali, sulla scorta dell`incremento di voti, possono poi vantare un peso specifico più consistente all`interno delle dinamiche che regolano, anche a livello nazionale, le eventuali candidature, in occasione delle consultazioni elettorali». «Le conversazioni – scrive il gip – intrattenute non solo da Laurendi Domenico, ma anche da altri personaggi sottoposti ad analoga attività di intercettazione nell`ambito del presente procedimento penale, hanno infatti consentito di acquisire numerosi riscontri circa la consolidata prassi utilizzata da personaggi politici locali al fine di accaparrarsi un peso politico fatto di “voti” ovvero tesseramenti che, agli occhi di chi poi dovrà fare le scelte per eventuali candidature, costituiscono un patrimonio virtuale in occasione delle eventuali consultazioni elettorali. Nella pratica di “tesseramento” il soggetto politico si pone nella condizione di chiedere a un imprenditore, che a sua volta può vantare significative aderenze con numerosi soggetti appartenenti alla criminalità organizzata, di fornirgli quella “dote” necessaria affinchè egli stesso possa poi essere scelto dagli organi superiori di partito”. Un meccanismo semplice per garantirsi un posto in lista: «Il politico locale chiede il raggiungimento di una determinata aliquota all`imprenditore, nella fattispecie il Laurendi, il quale gira le richieste ai suoi particolari interlocutori, che provvederanno a loro volta a reperire quanto necessario ovvero i “tesseramenti” richiesti. Nel passaggio appena descritto si scorge chiaramente una “catena”: il politico locale, l`imprenditore, il soggetto legato alla criminalità locale. Catena di rapporti che si rinsalda nella reciproca necessità uno dell`altro, nel rispetto degli interessi individuali da perseguire ognuno nel proprio campo d`azione: più peso all`interno del proprio schieramento politico, facilitazioni nei rapporti con le istituzioni locali, tornaconto personale ovvero illeciti futuri profitti».

La sceneggiata elettorale di Rocco Palermo
«Un vero e proprio punto di riferimento organico degli i nteressi criminali `ndranghetistici». Viene definito così, nell`ordinanza di custodia cautelare l`ex sindaco di San Procopio, Rocco Palermo, arrestato stamattina nell`operazione “Xenopolis”: «La vicenda che lo riguarda, dalla sua candidatura politica alla successiva elezione, dalle cointeressenze con gli Alvaro e Laurendi alle attività di aggiudicazione degli appalti comunali, non è che l`ennesima rappresentazione della capacità della `ndrangheta di penetrare ed inquinare le maglie della pubblica amministrazione e di volgere l`attività politica a vantaggio della realizzazione degli interessi criminali della cosca di riferimento. E d`altro canto, che i pupari della sceneggiata elettorale e della elezione del Palermo a sindaco fossero stati gli Alvaro ed il Palermo uomo nelle loro mani lo dice lo stesso Alvaro Antonio nel corso della conversazione in ambientale del 22.7.2009 allorquando descriveva ad un interlocutore non identificato il rapporto instaurato con il Palermo: “Noi dobbiamo vedere cose più serie, ma no che stiamo sotto a Rocco… dopo che lo porto io avanti questo cornuto brutto, ma chi c… si crede di essere”. Tanto a conferma incontestabile dell`appartenenza del Palermo agli Alvaro e della totale subordinazione della carica istituzionale da questi rivestita alle finalità della cosca. Palermo non è uomo politico che scende una tantum a patti con la `ndrangheta promettendo vantaggi in cambio di appoggio elettorale, ma rimanendo esterno ad esso; Palermo è totalmente asservito agli Alvaro».

Gli altri politici
L`ex sindaco di San Procopio non è stato l`unico politico finito in contatto con la cosca Alvaro: «In particolare, sono stati registrati contatti e frequentazioni di Laurendi Domenico con Tripodi Pasquale Maria, all`epoca consigliere regionale nel gruppo misto; Rositano Domenico, esponente dell`Udc di Milano; Zappia Cesare, all`epoca assessore allo spettacolo del Comune di Bagnara Calabra. Ciò a dimostrazione di come la `ndrangheta ponga in essere a vari livelli tentativi di avvicinamento ed infiltrazione nei gangli del potere politico: tuttavia, mentre per Palermo Rocco sono stati acquisiti elementi probatori per sostenere che tale attività ha avuto un seguito ed una contropartita nell`asservimento della carica di sindaco agli interessi della cosca, a carico degli altri politici sopra indicati non sono emersi elementi sufficienti ad integrare condotte penalmente rilevanti». (0050)

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