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Alfano a Reggio: La criminalità uccide il Sud

«L’economia criminale ammazza l’economia legale, quindi per far crescere il Sud è necessario attaccare la criminalità organizzata. Se c’è qualcuno che deve andare via dalla Calabria, dalla Sicilia, n…

Pubblicato il: 11/10/2013 – 21:44
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Alfano a Reggio: La criminalità uccide il Sud

«L’economia criminale ammazza l’economia legale, quindi per far crescere il Sud è necessario attaccare la criminalità organizzata. Se c’è qualcuno che deve andare via dalla Calabria, dalla Sicilia, non sono i nostri giovani migliori, ma i criminali che devono andare in galera». È con queste parole che Angelino Alfano apre il suo intervento al primo appuntamento di Criminal Economies, il ciclo di conferenze dedicato al fenomeno dell’economia criminale organizzato in collaborazione con la United nations office on drugs and crime (Unodc) che da qui a dicembre vedrà vari esperti confrontarsi sul tema in varie zone d’Italia. Abbandonate per qualche ora le beghe interne al centrodestra italiano, in attesa del vertice notturno con Berlusconi per l’ennesima prova di forza sugli equilibri interni al Pdl, è nelle vesti di vicepremier e  ministro dell’Interno che Alfano è intervenuto a Reggio Calabria per dire la sua sulle strategie di contrasto all’espansione economica delle mafie. Una strategia – auspica Alfano – che deve rimanere tale a prescindere dai governi che si avvicenderanno alla guida dell’Italia e si basa su tre punti fondamentali: arresto dei grandi latitanti, perché – sostiene – «anche se ricercati continuano a comandare», carcere duro «perché bisogna interrompere i circuiti di comunicazione che permettono loro di passare ordini anche da dietro le sbarre» e sequestri e confische. Un punto, quest’ultimo –  sostiene il ministro – ispirato all’insegnamento di Giovanni Falcone che già vent’anni fa aveva individuato nella sottrazione delle ricchezze illecitamente accumulate la leva per scardinare il potere mafioso. «I beni sequestrati e confiscati alle mafie devono essere usati contro di loro», tuona Alfano a una platea molto istituzionale, spiegando che proprio per questo sono stati costituiti un conto corrente nazionale – in cui confluiscono tutte le liquidità sottratte ai boss, in seguito utilizzate per finanziare i ministeri dell’Interno e della Giustizia – e l’Agenzia dei beni confiscati. «Se vogliamo che ci sia sviluppo – dice Alfano – dobbiamo contrastare la criminalità organizzata, per permettere che il mercato drogato da agenti regolatori come il racket ripristini le proprie regole». Tuttavia, contro mafie “ladre” di futuro, della “reputazione delle terre in cui si radicano”, di giovani, per il ministro la vera battaglia da combattere è quella culturale. «Dobbiamo riprenderci il senso di parole come onore, amicizia, famiglia, rispetto, per anni violentate dall’immaginario culturale mafioso», al pari delle regioni in cui mafia e `ndrangheta hanno messo radici.
Un intervento – quello di Alfano – che pur non addentrandosi nei tecnicismi di alcuni degli interventi che lo hanno preceduto, vuol essere sintesi e conclusione delle testimonianze del presidente della Regione Calabria Giuseppe Scopelliti, del direttore dell’Agenzia nazionale beni sequestrati e confiscati Giuseppe Caruso, del procuratore generale della Repubblica di Reggio Calabria Salvatore di Landro, del procuratore generale della Repubblica di Catanzaro Santi Consolo e del procuratore della Repubblica di Catanzaro Vincenzo Lombardo. Della partita avrebbe dovuto essere anche il procuratore capo della Dda reggina, Federico Cafiero De Raho, che ha però dato forfait per – si è detto – gravi motivi familiari. Dopo il saluto del presidente del consiglio regionale, Franco Talarico, e il monito del neovescovo, monsignor Fiorini Morosini – per il quale «dobbiamo non stringere nella rete anche quella piccola espressione di economia locale che sono il fulcro della nostra regione» – è toccato al governatore Peppe Scopelliti fare gli onori di casa e spiegare «l’impegno della Calabria nel far conoscere le strategie delle nuove mafie». Questo ciclo di conferenze, per Scopelliti rappresenta infatti «un primo passo verso la nascita dell`Antenna delle Nazioni unite sulle economie criminali, che contribuirà ad elevare l’attenzione dello studio sulle buone pratiche italiane e sul superamento delle criticità». Un tema che dimostra – sostiene il governatore – non solo come la Calabria non sia ormai l’unica regione vessata dalla `ndrangheta, ma anche i suoi sforzi per emanciparsi, incluso – aggiunge – «il ciclo di conferenze iniziato oggi». Un’iniziativa che avrebbe «destato grande interesse anche nel direttore esecutivo dell’Unodc Yuri Fedotov – afferma il governatore –  siamo certi che potrà favorire la nascita di un circolo virtuoso in grado di produrre ricchezza legittima, cultura, lavoro e legalità». Un lavoro supportato dall’Osservatorio sulla `ndrangheta guidato da Claudio La Camera, sottolinea Scopelliti, che non ha voluto dimenticare un ringraziamento «a quelle eccellenze» che «fanno antimafia in modo serio».  Tuttavia, aggiunge il governatore, se è vero che «la Calabria è al centro degli interessi della grande criminalità organizzata», a suo dire è necessario non sottovalutare anche quelli che provengono «dall’esercito di persone che nelle nostre campagne cerca lavoro a testa bassa» perché «la gestione della tratta di esseri umani è in mano alla criminalità organizzata», come lo sono i business <>.
Temi a dire il vero che non vengono sottolineati come prioritari dai tre magistrati che interverranno dopo di lui, come il procuratore generale di Catanzaro, Santi Consolo, che tuonerà contro la lentezza delle procedure, che fanno sì che molti dei patrimoni sequestrati tornino ai proprietari. «Falcone diceva “anche la mafia finirà”, ma sono passati oltre vent’anni da allora e noi abbiamo deluso e tradito le aspettative di un’altra generazione di italiani che soffrono nel Sud Italia». Un invito fermo che arriva anche dal  suo omologo reggino, Salvatore Di Landro, che senza giri di parole dirà «la `ndrangheta sembra ormai abbia oscurato la mafia siciliana, quanto a pervasività e pericolosità. Ormai siamo alla terza generazione di questo fenomeno che sta conquistando la classe media e la classe imprenditoriale. Dal settore edile alla grande distribuzione, la moneta cattiva ha scacciato quella buona. Oggi i metodi tradizionali di contrasto non sono più sufficienti». Ed è amara la considerazione del procuratore generale di Reggio, che sottolinea «i valori si trasmettono solo con l’esempio dunque non aspettiamoci sconti dai nostri giovani. Fin quando la disoccupazione non sarà ridotta in termini significativi, la mafia continuerà ad avere un esercito a disposizione». Una questione importante, che tocca probabilmente il nodo centrale del radicamento delle mafie al Sud Italia, ma che nessuno dei politici al tavolo sembra volere o poter evadere. Allo stesso modo, rimane senza risposta l’invito che Di Landro fa alla semplificazione delle procedure necessarie per sequestro e confisca – un tema alquanto indigesto a tanti avvocati presenti in platea-  come per l’utilizzazione dei beni sottratti alla criminalità. «L’attuale inerzia è il male peggiore, una soluzione è necessaria e non più rimandabile», afferma Di Landro. Un’urgenza che torna anche nell’intervento di Vincenzo Antonio Lombardo, procuratore della Repubblica di Catanzaro, che sottolinea «è necessario potenziare le strutture giudiziarie per un reale contrasto alla criminalità organizzata. Il transnazionale ci interessa molto, ma partiamo con cose concrete, cominciamo a parlare della Calabria e dei problemi della Calabria». Un invito – almeno per oggi – caduto nel vuoto. (0080)

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