Civati e il sogno di un Pd europeista
COSENZA Poche parole di sinistra, non quella dura e radicale, ma moderata, diciamo europeista e che tuttavia dentro il Pd nazionale e calabrese continuano a sembrare particolarmente audaci. Pippo Civ…

COSENZA Poche parole di sinistra, non quella dura e radicale, ma moderata, diciamo europeista e che tuttavia dentro il Pd nazionale e calabrese continuano a sembrare particolarmente audaci. Pippo Civati al teatro dell’Acquario parla con lentezza, senza l’enfasi che si immagina debba accompagnare un duello per le primarie e spiega che per il Pd dovrebbe essere imbarazzante non trovarsi – come invece dovrebbe – alla testa di movimenti che si battono per l’ambiente, per la diffusione dei diritti civili, al fianco del sindacato e con i lavoratori.
Il fatto è che il Pd di cui Civati nel suo tour calabrese traccia il profilo è una forza di sinistra, mentre nella realtà pare piuttosto impegnato nel salvare le larghe intese e nel farsi una guerra sulle tessere. Il partito che invece vorrebbe Civati è «quello capace di costruire il senso dell’alternanza, a livello nazionale contro le larghe intese e in Calabria contro questa giunta regionale».
Per il candidato alle primarie l’idea di alternanza si costruisce lavorando sulle differenze che ci sono e devono tornare a emergere con potenza tra la sinistra e la destra, puntando su valori come l’uguaglianza, i diritti, il lavoro, le tasse, «che da sempre sono pagate più dai poveri e meno dai ricchi». Al contrario il Pd gli sembra accartocciato su dinamiche congressuali che dovrebbero essergli estranee, come la disputa sulle tessere, mentre «non si riesce a produrre una idea di partito chiara, una linea ferma su punti importanti».
In questa confusione il partito vive la schizofrenia di avere per alleati persone come Alfano, Formigoni e Cicchitto, senza che si «nutra alcun imbarazzo». Questo comportamento conduce a una separazione tra il partito e l’elettorato, «che infatti ha votato Grillo». Un partito di sinistra, prosegue Civati citando Delors, tiene fuori la scuola dai rigori dell’economia, perché serve a creare cittadini e pensa a creare il reddito minimo, come in quasi tutti i Paesi europei.
Non sfugge all’analisi dell’esponente del Pd l’estenuante lentezza con cui si procede alla riscrittura della legge elettorale, né la colpevole distrazione che la sinistra ha avuto verso la necessità di una legge contro il conflitto d’interessi, «che non si è fatta perché pure noi ne abbiamo qualcuno».
Poi la promessa: «Se vinco io avremo un gruppo dirigente interamente nuovo e tra essi non ci sarà nessuno dei 101 che hanno votato contro Prodi, dei quali qualcuno magari è anche calabrese» e dalla platea giunge un ironico e vivace mormorio che conferma che sì, «qualcuna c’è sicuro». La rotta che Civati vorrebbe imprimere al partito da lui eventualmente guidato conduce a un`unione con Vendola e a un rapporto proficuo con il movimento rappresentato da Rodotà, Zagrebelsky e Landini. Insomma in sintesi un partito di sinistra. (0030)