“Perseo”, indagati verso il giudizio immediato
a maxi inchiesta “Perseo” sugli affari e le infiltrazioni del clan Giampà nel tessuto economico e sociale di Lamezia Terme arriva all`esame del gup del tribunale di Catanzaro. Il pm titolare dell`ind…

a maxi inchiesta “Perseo” sugli affari e le infiltrazioni del clan Giampà nel tessuto economico e sociale di Lamezia Terme arriva all`esame del gup del tribunale di Catanzaro. Il pm titolare dell`indagine ha infatti deciso di chiedere il giudizio immediato per 61 dei 75 indagati. In queste ore, inoltre, è in via di notifica l`avviso di conclusione delle indagini per altre sei persone tra le quali spicca il nome dell`ex consigliere provinciale Gianpaolo Bevilacqua. Indicato come politico di riferimento della cosca Giampà, l`ex vicepresidente della Sacal deve rispondere del reato di concorso esterno in associazione mafiosa e di estorsione aggravata dal metodo mafioso, ai danni di un commerciante, per un acquisto con “sconto forzoso” di alcune tute per i detenuti.
L`avviso emesso dalla Dda riguarda anche Salvatore Ascone, detto “U pinnularu” oppure “U craparu”, nato l`11.09.1966; Dragos Ionut Ciubuc, nato il 20.11.1992; Aldo Notarianni, detto “Piluosci” e “Alduzzu”, nato l`1.01.1965; Antonio Paradiso, nato l`1.05.1990 e Torcasio Vincenzo, detto “U russu” o “Giappone”, nato il 29.07.1978.
Il 26 luglio scorso la squadra mobile di Catanzaro aveva fatto scattare le manette ai polsi di 65 persone. Affiliati al clan Giampà, ma anche politici, avvocati, medici e imprenditori. Erano stati anche eseguiti provvedimenti di sequestro preventivo per alcuni beni immobili risultati essere frutto di impiego di capitali illeciti. Gli inquirenti hanno ricostruito praticamente tutte le attività illecite della cosca, dalla truffa all’omicidio, passando per i reati contro il patrimonio, dai reati in violazione della normativa sugli stupefacenti e le armi, allo scambio elettorale politico-mafioso, al reimpiego di capitali illeciti. In particolare, sono stati ricostruiti sei omicidi e quaranta vicende estorsive (tra cui tutta una serie di estorsioni “mute” ai danni di negozianti).
Ma soprattutto il lavoro del procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli e del pm Elio Romano ha fatto luce sulla rete di relazioni illecite intessuta dapprima con imprenditori e commercianti e poi con professionisti e politici, che, secondo gli inquirenti, venivano a mano a mano sempre più irretiti (paralizzando quindi sul nascere ogni velleità eventuale di denuncia), sino a giungere a un livello di compromissione che non consentiva loro di divincolarsi. Grazie alla complicità di avvocati, periti, assicuratori e medici, gli affiliati al clan avevano messo in piedi un vero e proprio “sistema” basato sulla simulazione di plurimi sinistri stradali con o senza feriti, di entità assai rilevante e, soprattutto, finalizzato a consentire una pressoché sicura monetizzazione, che – sul versante della cosca Giampà – veniva utilizzata per il finanziamento delle proprie attività illecite, dall’acquisto di mezzi e armi per gli omicidi a quello di stupefacenti per lo spaccio, ovvero come forma surrettizia di pagamento degli affiliati stessi in luogo della corresponsione del cosiddetto “stipendio”. (0080)