Centrale di Saline, il fronte del sì: unica strada per risanare l`area
MONTEBELLO JONICO Il Comitato del sì alla centrale al carbone di Saline Joniche si fa risentire. E lo fa dopo il servizio televisivo mandato in onda ieri sera da “Striscia la notizia” sull’ex Liquich…

MONTEBELLO JONICO Il Comitato del sì alla centrale al carbone di Saline Joniche si fa risentire. E lo fa dopo il servizio televisivo mandato in onda ieri sera da “Striscia la notizia” sull’ex Liquichimica e sullo sperpero di denaro pubblico per realizzare una fabbrica mai andata in funzione e che ha prodotto negli anni solo degrado e inquinamento per il territorio. «L’ex Liquichimica – denuncia in una nota il Comitato per il si alla centrale – è un ammasso di ferraglia in cui si nasconde il killer dell’amianto che nessuno, tantomeno lo Stato centrale o la Regione Calabria, ha mai ipotizzato di eliminare, come mai nessuno ha pensato di effettuare uno screening e un monitoraggio serio sugli effetti prodotti da quella struttura sull’ambiente e sull’uomo».
Secondo gli attivisti del Comitato «l’aumento impressionante delle malattie nel Basso Ionio Reggino sembra quasi passare inosservato. La presenza di questo mostro, nonostante l’iniziativa di “Striscia la notizia”, non indigna più nessuno, mentre le istituzioni territoriali (dalla Regione ai Comuni), l’associazionismo ambientalista e non, rappresentanti di gruppi portatori di interessi disparati sono impegnati in una crociata contro la decisione governativa di consentire che, sull’area dell’ex Liquichimica, venga realizzata una centrale per la produzione di energia elettrica da carbone».
Per il Comitato «il fronte del no a tutti i costi continua a impedire la modernizzazione di un territorio dalle grandi potenzialità, ma povero di infrastrutture. In questo, gode dell’appoggio di una classe dirigente regionale per la quale anche piccoli segmenti di consenso hanno la priorità rispetto all’occupazione e allo sviluppo». Gli attivisti sostengono che «il progetto della Centrale, che non può non tenere conto della sicurezza ambientale e della salute dei cittadini, è un valore aggiunto per un comprensorio degradato a causa dell’incuria dell’uomo, desertificato dopo il fallimento degli insediamenti produttivi (dalla Liquichimica alle Officine Grandi Riparazioni FS), povero dal punto di vista economico, soggiogato dalla criminalità e dal tessuto sociale sfilacciato».
«L’insediamento energetico – concludono –, la cui fattibilità il prossimo 27 febbraio sarà al vaglio del Tar del Lazio, salverebbe l’intera area dal sottosviluppo, proponendosi come catalizzatore d’imprese artigiane grazie all’indotto, aumentando i livelli produttivi e, al tempo stesso, procedendo al disinnesco della bomba ecologica lasciata in eredità dal capitalismo industriale di Stato che nel Mezzogiorno non è andato oltre l’assistenzialismo e le ruberie». (0090)