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l’inchiesta
CLAN IN BRIANZA | Il boss comandava: «Dobbiamo infiltrarci come polipi»
Infiltrarsi «come polipi» che «si devono agganciare dappertutto, i tentacoli devono arrivare dappertutto, ci sono le condizioni per poterlo fare». Sono le parole pronunciate il 6 aprile 2012, nel suo…
Pubblicato il: 04/03/2014 – 13:22
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Infiltrarsi «come polipi» che «si devono agganciare dappertutto, i tentacoli devono arrivare dappertutto, ci sono le condizioni per poterlo fare». Sono le parole pronunciate il 6 aprile 2012, nel suo ufficio di Seveso, da Giuseppe Pensabene, il capo della cosca di Desio, in Brianza, arrestato questa mattina dalla Squadra Mobile di Milano con altre 39 persone, di cui 19 ai domiciliari. La frase del boss intercettata è riportata nell`ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Simone Luerti. Secondo il giudice dimostra «come l`associazione mafiosa» guidata da Pensabene aveva cercato anche e soprattutto di penetrare nel tessuto economico per gestire e controllare le più svariate attività e aggiudicarsi appalti e lavori pubblici nei settori edilizio, dei trasporti della nautica e delle energie rinnovabili.
Secondo il giudice le parole di Pesabene, testimoniano come l`organizzazione mafiosa radicata in Brianza «si è avvalsa di numerose società non soltanto in Italia ma anche all`estero – ha osservato il gip – ha esportato parte dei capitali illeciti accumulati in Svizzera ed a San Marino, ha investito cospicue somme di denaro (…) anche nelle attività economiche della società nautica Italianavi srl, proprietaria di alcuni cantieri a Viareggio (…) e del settore energetico come la Eg Power Milano Est» di C. P. (anche lui arrestato) «ha erogato moltissimi prestiti a tassi usurari a imprenditori e commercianti lombardi e non solo, come dimostrano le operazioni usurarie poste in essere con Pozzi Giambortolo, dirigente della società di calcio Spal o i complessi rapporti finanziari con Antonio Rosati, grosso costruttore di Varese e già presidente del Varese Calcio». Insomma, secondo il giudice tale frase testimonia come il «programma criminoso» e gli «obiettivi, stabiliti da Pensabene e condivisi dai suoi collaboratori (…) oltre a quelli di porre in essere una pluralità indeterminata di delitti di riciclaggio, di usura, di estorsione, di contrabbando e di attribuzione fittizia di beni e di società, e di realizzare conseguentemente profitti e vantaggi ingiusti per la stessa associazione mafiosa, erano soprattutto – si legge ancora nell`ordinanza – quelli di accumulare capitali (in termini di denaro, beni immobili, e complessi aziendali) di sicura provenienza delittuosa, e di reimpiegarli in modo da acquisire la gestione, diretta o più spesso indiretta, ed il controllo di attività economiche, ma anche di concessione di appalti e lavori pubblici, in settori cruciali come quello edilizio, dei trasporti, quello nautico della costruzione di imbarcazioni da diporto, o quello delle energie rinnovabili».
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