L’ultimo Tavolo di Peppe
La sanità calabrese è quella degli scopini d’oro: 89 euro (con manico ergonomico, però) all’ospedale di Reggio Calabria. Per un dosatore di sapone liquido si può pagare fino a 200 euro e più di mille…

La sanità calabrese è quella degli scopini d’oro: 89 euro (con manico ergonomico, però) all’ospedale di Reggio Calabria. Per un dosatore di sapone liquido si può pagare fino a 200 euro e più di mille euro per un box doccia. La sanità calabrese dimentica di rimuovere i direttori generali quando non rispettano i vincoli fissati dal bilancio di previsione. Dimentica di aggiornare il protocollo dei rapporti tra la Regione e l’università di Catanzaro, anche se è il nuovo accordo era già pronto tre anni fa ed era, per l’ateneo, un po’ meno vantaggioso. Nella sanità calabrese si approvano solo alcuni atti aziendali e ci si dimentica di altri. E poi si devono costruire quattro nuovi ospedali, la cui realizzazione mostra gravi ritardi e pone qualche questione, dopo l’aggiudicazione del primo appalto a una società per la quale lavora la moglie dell’ex direttore generale ai Lavori pubblici (la stessa società, per la cronaca, “rischia” di aggiudicarsi anche un secondo appalto, per l’ospedale della Piana di Gioia Tauro). Questo quadro, e molto altro, si troverà a dover giudicare domani il Tavolo Massicci, in quella che potrebbe essere l’ultima riunione di verifica alla presenza di Giuseppe Scopelliti, governatore e commissario, dimissionario ma non troppo dopo la sentenza di condanna per il cosiddetto caso Fallara.
Il tavolo di verifica dovrebbe nominare un nuovo vertice per il Piano di rientro. E subito sovviene il confronto tra due categorie: continuità o discontinuità? I resoconti di quasi quattro anni di riunioni, pieni di contestazioni anche feroci e minacce di dimissioni, non lascerebbero dubbi, ma con la politica e le sue alchimie non si sa mai. Le emergenze sono così tante che si fa fatica a elencarle tutte. Ma i ministeri della Salute e dell’Economia hanno documenti a sufficienza per snocciolarle una per una, anche se da Beatrice Lorenzin, titolare della delega sanitaria, non arrivano che complimenti per l’amico Giuseppe Scopelliti e la sua gestione. Certo, sono peana che si fermano ai numeri. E pure sui numeri qualche dubbio c’è. E sono gli stessi dubbi che il Pd ha posto più volte in passato. E cioè che la riduzione del disavanzo dipenda più dalla cessazione dal servizio di oltre 2.500 unità di personale che dagli interventi strutturali richiesti dal Piano di rientro. E poi c’è la sanità del caso Cosenza e delle sue parcelle milionarie, erogato proprio quando l’Asp guidata da Gianfranco Scarpelli faceva fatica a pagare i farmaci per i pazienti oncologici e, per questo, riceveva lettere trancianti dalle case farmaceutiche. Sempre a Cosenza, i quattro anni di gestione commissariale hanno portato alla chiusura di un ospedale, quello di Praia a Mare, che aveva bilanci in attivo e attirava pazienti dalla Basilicata. Oggi, in quell’area della Calabria, i cittadini chiedono aiuto a Emergency. Come se la sanità nostrana fosse un teatro di guerra, non resta che rivolgersi a Gino Strada per ottenere l’assistenza negata dalle scelte della Regione. A Cosenza, invece, le relazioni dei Nas e i controlli regionali e ministeriali, mettono nero su bianco inefficienze e inerzie amministrative nel Centro sangue che dovrebbe fare da riferimento per l’intera provincia. E nulla cambia: il manager Paolo Maria Gangemi, fedelissimo del governatore Scopelliti, si autoassolve in commissione regionale Sanità davanti agli occhi attoniti di qualche consigliere regionale e a quelli pieni d’affetto di sua moglie, la consigliera Tilde Minasi, accorsa per l’occasione in sostituzione di un collega. È, pure questa, un’istantanea che racconta bene la sanità calabrese, nella quale – lo hanno spiegato anche le inchieste della magistratura – al primo posto viene l’appartenza. Poi, se c’è spazio, la tutela dei conti pubblici. E la salute dei cittadini? Ah, già, c’è pure quella. Ma ci penserà qualcun altro. (0050)