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AMMINISTRATIVE | Rende, l'emorragia del Pd e il ballottaggio imprevedibile

RENDE A Rende il Pd raccoglie più consensi alle europee che alle comunali. Un dato rovesciato rispetto al trend naturale che ha sempre premiato il radicamento locale del partito. Sono centinaia i vot…

Pubblicato il: 27/05/2014 – 22:00
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AMMINISTRATIVE | Rende, l'emorragia del Pd e il ballottaggio imprevedibile

RENDE A Rende il Pd raccoglie più consensi alle europee che alle comunali. Un dato rovesciato rispetto al trend naturale che ha sempre premiato il radicamento locale del partito. Sono centinaia i voti “dispersi” nel passaggio da una competizione all’altra. Nel turno che ha scelto i parlamentari da mandare a Bruxelles, i democrat hanno ottenuto 7.068 voti, pari al 35,13%. Alle amministrative, invece, le tre liste di area piddina a sostegno di Verre (lo stesso Pd, Rende riformista e Rende avanti, quest’ultima però a vocazione più civica) si sono fermate a 6.451 voti (poco più del 30%). Un’emorragia di 600 voti e 5 punti percentuali. Dato piuttosto pesante, che ha reso ancora più incisiva la performance del centrodestra. E proprio nel centrodestra si è registrato un altro caso curioso: riguarda i numeri del Nuovo centrodestra, che raddoppia i voti nel “viaggio” da Bruxelles a Rende. Militanti e cittadini hanno premiato Marcello Manna e bocciato Giuseppe Scopelliti (in quest’ultimo caso rispettando la tiepida accoglienza riservata da tutto il Cosentino alla candidatura dell’ex governatore). Molti saliscendi, dunque, ma nulla di paragonabile, comunque, al tracollo del Movimento 5 Stelle, passato dal 30,98% delle europee al 9,71% delle amministrative. Due voti grillini su tre hanno cambiato indirizzo alle amministrative: erano in libera uscita.

IL VOTO DISGIUNTO
Il voto disgiunto ha penalizzato Pasquale Verre. Il medico scelto da Sandro Principe come candidato a sindaco del centrosinistra ha totalizzato 8.204 voti (37,79%), cioè 1.259 in meno delle liste che lo sostenevano. Dove sono finite queste preferenze? Non al centrodestra, il cui portabandiera (seppure con una forte connotazione civica) Marcello Manna (31,14%) ha praticamente confermato il risultato dei cinque cartelli elettorali che lo hanno spalleggiato: 6.761 voti per lui, 6.720 per le liste. E neppure a Luca Pizzini (2,25%), candidato dell’Italia nel Meridione e ultimo classificato con 489 voti (le liste ne hanno raccolti 549). Dunque, sono stati gli altri candidati, quelli che non andranno al ballottaggio, a raccogliere il consenso “dissidente”: Massimiliano De Rose (13,79%), candidato “civico” sostenuto dall’area di Mimmo Talarico, (2.995 voti per lui, 2.449 per le liste), il grillino Domenico Miceli (2.109 contro 1.352), Andrea Cuzzocrea (5,28%), di Centro democratico (1.148 preferenze personali, 1.022 per le liste). Il primo obiettivo di Verre, dunque, è quello di andare a recuperare i voti dispersi che appartengono al suo bacino elettorale. Se lo farà, potrà partire da un potenziale 43%, che potrebbe avvicinarlo molto alla vittoria.
 
NIENTE È SCONTATO
A Rende, però, le cose sono sempre un po’ più complicate di come appaiono. L’elettorato è orientato verso il centrosinistra. Lo dicono i nomi e le storie dei contendenti. Arrivano dal centrosinistra De Rose (e come lui Talarico), Cuzzocrea (che faceva parte della maggioranza che ha sostenuto Vittorio Cavalcanti, il sindaco voluto dal tandem Principe-Talarico) e anche Luca Pizzini. E dal centrosinistra arriva addirittura una delle correnti che ha sostenuto Manna, quella guidata da Vincenzo Pezzi, prof dell’Unical ed ex della Margherita. Se contasse soltanto la vocazione politica, il secondo turno per Verre sarebbe una passeggiata. E invece potrebbe trasformarsi in un incubo. Perché tutte le candidature teoricamente inscritte nel cerchio riformista nascono proprio per reazione alla «concenzione proprietaria» di Sandro Principe, il leader del Pd (ne è anche il capogruppo in consiglio regionale) che a Rende ha scelto il candidato “vietando” al partito di passare attraverso le primarie. Principe non ha una personalità particolarmente incline al compromesso: oltrecampagnano ha sempre fatto più o meno quello che ha voluto. E non è affatto detto che De Rose o Cuzzocrea gli tendano la mano adesso che è in difficoltà. Mimmo Talarico lo ha lasciato intendere nella prima dichiarazione a caldo: «Sarà De Rose a decidere, ma prima di discutere di chi sosterremo bisogna capire perché si è arrivati qui. E siamo a questo punto perché qualcuno nel Pd ha scelto la strada dell’arroganza e non ha voluto le primarie». Talarico ha detto anche un’altra cosa: «Ricordo che il nostro schieramento aveva scelto un candidato, Mario Toteda, che si è ritirato dopo che erano già stati stampati i manifesti e senza spiegare perché». Il riferimento alle pressione dello schieramento principiano su Toteda per convincerlo a non sfidare il suo vecchio leader non è casuale. È una ferita che brucia ancora: anche per questo non è affatto scontato che il 13% di De Rose resti nell’orbita del centrosinistra. Stesso discorso per Cuzzocrea, il cui vecchio rapporto con Pezzi (che sostiene Manna) rende imprevedibile ogni scelta di campo. Come dicevamo, a Rende saranno settimane complicate. (0020)

p. p. p.

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