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Ecco la nuova legge elettorale: addio ai 5 collegi

REGGIO CALABRIA Una legge elettorale all’ultimo respiro. Il Consiglio, dopo una seduta particolarmente accesa e dominata dalle proteste delle forze di minoranza, trova la quadra e, a maggioranza, a…

Pubblicato il: 02/06/2014 – 22:00
Ecco la nuova legge elettorale: addio ai 5 collegi

REGGIO CALABRIA Una legge elettorale all’ultimo respiro. Il Consiglio, dopo una seduta particolarmente accesa e dominata dalle proteste delle forze di minoranza, trova la quadra e, a maggioranza, approva le norme che regoleranno le prossime elezioni regionali che – per la prima volta – porteranno all’elezione di 30 membri e non di 50 come avvenuto finora. Passa la tesi più osteggiata dall’opposizione: sì alle tre circoscrizioni, che saranno costituite da Catanzaro-Crotone-Vibo (“Centro”), Reggio (“Sud”) e Cosenza (“Nord”). Cancellati dunque i cinque collegi che replicavano le rispettive conformazioni provinciali. La ripartizione dei seggi sarà effettuata dividendo il numero degli abitanti della regione per il numero dei seggi della quota circoscrizionale. Le varie liste elettorali saranno composte in modo che ci sia almeno un candidato residente per ciascuna delle province corrispondenti. Si innalza anche la soglia di sbarramento: fuori dall’assemblea le liste che non abbiano ottenuto almeno il 15% su scala regionale o almeno il 4% in caso di appartenenza a una coalizione e le coalizioni che non raggiungano il 15%. In base alle nuove norme, non dovranno raccogliere firme per la presentazione delle liste tutte quelle formazioni politiche che siano già rappresentate in Parlamento.
Nulla da fare per la doppia preferenza di genere. L’emendamento firmato da Gabriella Albano e Tilde Minasi (uniche due donne in assemblea), dopo una lunga discussione, viene ritirato all’ultimo momento dalle proponenti. L’unica “concessione” alla rappresentanza femminile è un’eredità della vecchia legge elettorale, che stabilisce l’obbligo di iscrivere candidati di entrambi i sessi nelle varie liste elettorali. Sei consiglieri regionali saranno eletti con sistema maggioritario nell’ambito dei candidati concorrenti nelle liste circoscrizionali, in base ai voti conseguiti da liste regionali. La lista regionale conterrà come candidatura unica quella del candidato alla carica di presidente della giunta regionale. Nel caso in cui il gruppo di liste o i gruppi di liste provinciali collegate a quella regionale abbiano conseguito un numero di seggi pari o superiore a 15, verranno assegnati allo stesso gruppo tre dei seggi da ripartire secondo il sistema maggioritario. I restanti 3 seggi sono assegnati alle liste non collegate alla lista regionale risultata vincente. L’equilibrio di forze in assemblea assegnerà il 60% dei seggi alla maggioranza e il restante 40% alla minoranza. Non ci sarà nemmeno il voto disgiunto: la preferenza unica potrà essere data solo a un candidato collegato alla stessa lista regionale a sostegno di un candidato governatore. Cambiano anche le modalità di indizione delle elezioni. La facoltà passa ora al presidente della giunta regionale che le convoca per decreto «sentito il presidente del consiglio regionale e d’intesa con il presidente della Corte d’appello di Catanzaro».

 

BATTAGLIA POLITICA Il testo finale ottiene disco verde al termine di una tra le più combattute sedute a Palazzo Campanella. È stata bagarre vera, acuita anche dalla scelta della maggioranza di presentare in aula ben tre proposte diverse (in sintesi: quelle che prevedevano uno, tre e cinque collegi). Alla fine si è optato per la divisione in tre della Calabria politica. Ma sull’intera discussione incombe il parere richiesto all’ufficio legislativo del Consiglio, secondo cui l’istituzione di tre collegi elettorali (al posto dei cinque attuali) sarebbe passibile di illegittimità costituzionale. Il Pd prova a cavarsela con un escamotage: il capogruppo Principe chiede il cambio dell’ordine del giorno, con la discussione sulla legge elettorale da posporre alla “presa d’atto” delle dimissioni del presidente della giunta Scopelliti. L’aula – al termine di un appello nominale – dice no. Principe ha però le idee chiare: «È una grave responsabilità cambiare le regole l’ultimo giorno della legislatura». Dello stesso avviso anche Nicola Adamo, che parla di un «colpo di mano che cambia le regole del gioco». Il capogruppo di Ncd, Gianpaolo Chiappetta, dopo averla spuntata sull’ordine dei lavori, raccoglie le provocazioni di Principe (che aveva parlato di legislatura fallimentare) e si cimenta in una difesa a oltranza di Scopelliti, dimessosi dopo la condanna a sei anni che determina la sospensione dall’incarico di governatore: «Questa legislatura finisce – dice rivolto alla minoranza – a seguito degli effetti di una sentenza che va a colpire un rappresentante democraticamente eletto dal popolo e che ha ritenuto autonomamente di rassegnare le dimissioni come atto di altruismo e generosità. Un atto politico a seguito del quale abbiamo deciso di accompagnare il percorso di scioglimento del Consiglio». Di parere nettamente opposto il forzista Giuseppe Caputo, per il quale quello di Scopelliti è invece un «grave gesto di irresponsabilità amministrativa, perché settori nevralgici della regione aspettano ancora una risposta». In merito alla legge elettorale, Giuseppe Giordano (Idv) sventola il giudizio dei consulenti giuridici (secondo cui la riduzione delle circoscrizioni «suscita dubbi di legittimità costituzionale» in quanto «potrebbe porsi in contrasto con i principi dettati dal complessivo quadro ordinamentale») e pone l’accento su una «pregiudiziale di procedibilità», anche alla luce del fatto che, prima della votazione, non esisteva un testo unico su cui decidere preventivamente. La «pregiudiziale» viene messa ai voti, ma la maggioranza la respinge. La posizione di Giordano è condivisa anche da Demetrio Naccari Carlizzi, secondo cui l’ufficio legislativo «ha messo in evidenza elementi di natura giuridica che non possono essere ignorati. Nessuno può votare provvedimenti che non abbiano il barlume del diritto». Il rischio è che l’assemblea regionale che verrà fuori dalle prossime elezioni possa subire ricorsi amministrativi proprio per via di una legge incostituzionale. Anche Piero Giamborino insorge contro i tre collegi, che farebbero ritornare la Calabria «indietro di 20 anni, quando Crotone e Vibo venivano elevate al rango di provincia. Ora invece si torna a una sudditanza nei confronti di Catanzaro». Secco no anche da parte di Nino De Gaetano, che chiede: «Senza un testo preciso, come possiamo presentare gli emendamenti? Senza contare che, nella peggiore delle ipotesi, le prossime elezioni potrebbero essere annullate». Sulla stessa lunghezza d’onda anche un membro della maggioranza, Salvatore Magarò, per il quale sarebbe stato più opportuno andare al voto «con le regole che ci eravamo già dati. Non si possono riscrivere le regole all’ultimo momento».

 

TALARICO TIRA DRITTO Di fronte alle rimostranze della minoranza, era stato il presidente Talarico a tagliare corto: «Sono chiamato a garantire la funzionalità dell’assemblea. Se questa proposta ottiene 26 voti, passa, altrimenti no. Non consento a nessuno di fare i costituzionalisti. Ci sono pareri che la minoranza non considera, come ad esempio quello sullo scioglimento del Consiglio (si riferisce ai giudizi circa le dimissioni di Scopelliti offerti dai consulenti di Palazzo Campanella, secondo cui l’ex governatore – per via della sospensione scattata in seguito alla condanna – non avrebbe avuto la facoltà di determinare la fine anticipata della legislatura, ndr). Oggi un parere dell’ufficio legislativo, uscito fuori chissà come, diventa invece ufficialità assoluta». La definisce il «male minore» l’assessore vibonese Nazzareno Salerno, secondo cui la nuova legge poteva essere approvata in passato, ma «oggi c’è un’emergenza e non c’è più tempo. Dire che questa norma è incostituzionale è eccessivo. Dobbiamo dare la possibilità ai calabresi di eleggere i loro rappresentanti». D’accordo anche un altro vibonese, Ottavio Bruni, che assicura: «Anche i territori più piccoli saranno rappresentati». Di «probabilissima impugnazione della legge» parla invece Aurelio Chizzoniti.

Pietro Bellantoni

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