TORINO Un patrimonio riconducibile alla ‘ndrangheta pari a 65 miliardi di vecchie lire, frutto in gran parte del traffico di stupefacenti ma probabilmente anche di sequestri di persona come quello di Cesare Casella. Ecco l’argomento di un processo cominciato oggi, a Torino, nell’ambito del quale la Procura contesta il reato di riciclaggio.
Il denaro, secondo gli inquirenti, era riconducibile a Pasqualino Marando, componente di una famiglia radicata a Volpiano (Torino) legata alla criminalità organizzata calabrese, scomparso in circostanze misteriose nel 2001. Fra i cinque imputati figurano anche due educatori in servizio nel carcere romano di Rebibbia, dove uno dei Marando fu detenuto per qualche tempo, e un sacerdote torinese già socio della “Green Farm”, società utilizzata – secondo l’accusa – per gestire una parte del patrimonio.
Alcune delle persone coinvolte nel processo hanno scelto il rito abbreviato e, in Appello, sono state assolte: la tesi di uno dei difensori, l’avvocato Wilmer Perga, è che il riciclaggio sia punibile solo se si configura come utilizzo di denaro o di beni provenienti da un delitto in cui non si è coinvolti. (0070)
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