LAMEZIA TERME Fitta la rete di personaggi, vasti i territori e complessa la fenomenologia. A voler disegnare l'”Atlante delle mafie”, non basta certo una serata. Eppure Francesco Forgione e Enzo Macrì, moderati dalla giornalista Manuela Iatì, hanno condensato in poco più di un’ora, nella seconda giornata di “Trame”, gran parte di quanto c’è da sapere sul fenomeno mafioso e sulla ‘ndrangheta in particolare. Sui tentativi di sovvertire il potere democratico, primo tra tutti il golpe cui si tentava di arrivare attraverso una strategia della tensione fatta di sequestri e di stragi. Sul matrimonio felice e pluridecennale tra Stato e mafia e quello, da indagare più a fondo, con la massoneria.
Con all’attivo una consolidata esperienza all’interno della commissione parlamentare Antimafia, il primo in qualità di consulente e il secondo di presidente, l’attività di Macrì e di Forgione e soprattutto il loro impegno contro il fenomeno mafioso proprio nell'”Atlante delle mafie”, ambiziosa trilogia edita da Rubbettino, si sono incontrati. Implicito l’intento divulgativo dei saggi che vi sono contenuti e non meno palese la volontà di indagare i motivi di un radicamento della criminalità organizzata nel tessuto sociale tanto profondo, ha affermato Forgione, da «permettere la formazione di una soglia di tollerabilità sociale e il crearsi di un’economia e di una politica diventate interfaccia della mafia».
Perché «non si tratta – come ha spiegato Macrì – di entità distinte che entrano in contatto tra loro solo occasionalmente, ma di una costante collaborazione. Spesso – ha continuato – non è la mafia a cercare la politica, ma la politica a cercare la mafia per ottenere una serie di servizi: l’abbattimento di costi, l’eliminazione della concorrenza e l’ottenimento di concessioni edilizie da parte dei comuni o di fondi da parte dell’Unione europea».
Altro campo di indagine, i rapporti «pregressi e occulti» con la Lega e con la destra eversiva che sono stati tracciati da Macrì ed esemplificati da Forgione con il caso di Ventimiglia, uno dei quattro comuni settentrionali sciolti per mafia in cui la criminalità «è stata in grado – ha spiegato Forgione – di replicare modelli sociali, usi e schemi mentali che gli erano cari. Di effettuare un collegamento diretto con la Calabria operato dalle ‘ndrine che replicano se stesse, instaurando modelli sociali tipicamente calabresi».
Una data è poi emblematica: il 18 febbraio 2008 quando, con evidente ritardo rispetto ai tempi reali, viene stilata la prima relazione sulla ‘ndrangheta, sulla presenza delle ‘ndrine e sulla loro attività. «La risposta di parte della magistratura – ha riferito Forgione – paradossalmente non è stata entusiastica». Dato allarmante ma che è facile resti occultato quando, d’altro canto, non c’è la volontà di portare la società civile a conoscenza di determinati fenomeni. Il riferimento è al mondo del giornalismo, che, ha concluso Forgione, «dovrebbe recuperare rigorosità analitica, perché compito dell’informazione è tenere accesi i riflettori sulla criminalità organizzata».
Zaira Bartucca
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