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Fini a Cosenza difende l'Europa. E attacca la destra

COSENZA Solo qualche tempo fa avrebbe riempito il Rendano, oggi sono molte le poltroncine vuote nel ridotto del teatro cosentino. Gianfranco Fini torna a Cosenza: da un anno è fuori dai Palazzi, ma…

Pubblicato il: 25/06/2014 – 18:51
Fini a Cosenza difende l'Europa. E attacca la destra

COSENZA Solo qualche tempo fa avrebbe riempito il Rendano, oggi sono molte le poltroncine vuote nel ridotto del teatro cosentino. Gianfranco Fini torna a Cosenza: da un anno è fuori dai Palazzi, ma “senza aver mai smesso di fare politica”, perché come spiega l’ex presidente della Camera e leader di Fli, la politica “non è solo quella”. Un anno sabbatico quasi, una distanza per far decantare le sconfitte e il naufragio di un progetto che riguardava la destra italiana. Tutti sanno come andò a finire e oggi Fini ha ancora la statura e l’atteggiamento del generale, però senza truppe. Non che il centrodestra stia in condizioni migliori, ma l’incontro organizzato dall’associazione culturale “In Politica”, sui rapporti tra il localismo e l’unità europea ha avuto il sapore del reducismo. Pochi e fedeli alla storia della destra finiana gli intervenuti, tutti desiderosi di cogliere un segno da parte del leader circa un suo ritorno, “perché tu manchi alla politica italiana” gli dicono stringendolo in un abbraccio. Un segno che non è giunto, essendosi Fini limitato a spiegare come l’essersi posti contro l’Euro da parte dei Fratelli d’Italia non li ponga come autentici eredi della storia di Alleanza Nazionale. Di dare vita a un nuovo movimento non pare esserci il clima, perché “la destra è rappresentata da almeno quattro formazioni che spesso sono in disaccordo tra loro su argomenti centrali”.

La destra di oggi a Fini pare somigliare a “una entità metafisica” e dal suo distaccato punto di osservazione guarda il campo in cui essa si muove con un certo sarcasmo. “C’è chi dice che Renzi deve andare a casa e chi fa il ministro degli Interni nel suo governo, c’è chi si batte per uscire dall’Euro e chi dice di restare dentro”, spiega il fondatore di Fli. Il dibattito cui è chiamato a partecipare ha un certo senso di intellettualismo: il rapporto tra l’Europa delle nazioni e quella delle regioni e a discuterne sono stati chiamati Geppino De Rose, assessore comunale e docente di Economia, Marta Paone, esperta di diritto europeo, Spartaco Pupo, storico ed esponente della destra, coordinati da Mario Campanella. E le sorprese non sono mancate, come quella di scoprire che De Rose è diventato meno liberista, perché “alcune tematiche come l’ambiente, l’istruzione e la sanità non possono essere lasciate al mercato, altrimenti finisce come si sa”. Dotte e complesse le parole di Marta Paone, più appassionate quelle di Pupo, che spiega la differenza tra nazionalismo e lealtà alla patria, il primo fomentatore di guerre, il secondo di pace.
E infine più propriamente legato all’attualità della politica l’intervento di Fini, che mette al centro della discussione i mutamenti cui l’Europa deve fare guardare, come la ormai significativa presenza di cittadini europei di religione islamica, il rapporto tra laicità e religione, rimproverando la destra e dunque rimproverandosi di non aver a tempo debito difeso le radici cristiane del continente. Ma lo sguardo non poteva che essere anche italiano, rivolto alla situazione economica e alle ipotizzate riforme. “Il problema dell’Italia – ha detto Fini – è il disavanzo delle Regioni, è lì che occorre imporre una correzione”, mentre per difendere l’europeismo dall’attacco degli euroscettici “serve uno sforzo maggiore, più coraggio, essere più europeisti, non meno”. E però la bandiera di questa vera Europa unita che Fini immagina deve essere quella del welfare, di una economia sociale di mercato, perché il vecchio sogno della destra di rendere buono il capitalismo non muore mai.

 

Michele Giacomantonio

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