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Condello attacca Nino Lo Giudice: «Una farsa»

REGGIO CALABRIA «Io mi chiamo Condello Domenico, non sono “Micu u pacciu”, non sono mai stato pazzo e voglio che la finiamo con questa farsa». È dopo aver chiesto e ottenuto di rendere spontanee di…

Pubblicato il: 26/06/2014 – 15:33
Condello attacca Nino Lo Giudice: «Una farsa»

REGGIO CALABRIA «Io mi chiamo Condello Domenico, non sono “Micu u pacciu”, non sono mai stato pazzo e voglio che la finiamo con questa farsa». È dopo aver chiesto e ottenuto di rendere spontanee dichiarazioni al termine dell’udienza del processo stralcio Prius, che Domenico Condello, cugino e braccio destro del superboss Pasquale, in collegamento dal penitenziario di L’Aquila in cui è detenuto manifesta tutta la sua rabbia. Non ci sta a farsi definire pazzo – «i miei figli non possono leggere sul giornale ogni giorno che il padre è pazzo, perché invece è una persona educata, onorata e rispettabile», dice – ma soprattutto sembra particolarmente irritato dalle dichiarazioni dell’ex collaboratore Nino Lo Giudice, che prima di lui ha parlato in maniera puntuale, precisa e circostanziata – forse come mai prima di oggi – dei rapporti che lo avrebbero legato tanto all’imputato quanto al cugino. «Siamo di fronte alle dichiarazioni di uno che si è pentito e poi si è pentito di essersi pentito. Ha fatto un video che è andato su tutti i telegiornali dicendo che ha detto bugie e fatto tragedie. Questa è una farsa», tuona dalla sua cella Domenico Condello che, per la prima volta dopo l’arresto che ha interrotto la sua ultraventennale latitanza, prende la parola in aula.
Eppure, non c’è nulla di nuovo. Nino Lo Giudice ancora una volta ha riferito dei rapporti che lo avrebbero legato a Pasquale Condello, che al termine della seconda guerra di ‘ndrangheta, ha detto, «si è preso la responsabilità per noi. Non avevamo un territorio, su Santa Caterina – quartiere su cui in passato il clan aveva facoltà – non avevamo più alcuna operatività, era diventata cosa dei Tegano, dei De Stefano e dei Condello». Ma al vertice riconosciuto di quel clan, su cui Condello avrebbe steso la propria ala protettrice, il superboss avrebbe fatto all’inizio degli anni 2000 una proposta ancora più importante della gestione di un territorio. «Pasquale voleva che mi occupassi io di tutte le estorsioni a Reggio, mi voleva come suo rappresentante in città – racconta l’ex collaboratore –, voleva mettermi in contatto con un massone che poi si è rivelato essere Pasquale Rappoccio». Un’offerta che sarebbe stata discussa in diversi incontri, tutti databili tra il 2000 e il 2001, durante i quali Lo Giudice avrebbe avuto modo di confrontarsi direttamente anche con il cugino del Superboss, Domenico Condello, definito dall’ex collaboratore il “cassiere del clan”.
«Mi disse che a gestire tutti i soldi era il cugino. Micu u pacciu era il braccio destro di Pasquale Condello, è sempre stato così. Prima era il suo killer, poi è diventato anche il suo tesoriere». Come tale – riferisce l’ex collaboratore – all’indomani dell’arresto del cugino nel febbraio 2008, sarebbe diventato il massimo elemento di vertice e punto di riferimento per tutto il clan. «Non ho cognizione diretta di questo, è una mia deduzione, ma Micu u pacciu era il braccio destro del Supremo, il suo secondo e il suo tesoriere, quindi credo che fosse lui il capo dopo l’arresto». Parole che si incastrano con quanto il pentito Nino Fiume ha raccontato prima di lui, ricostruendo gli assetti e i rapporti fra i De Stefano – clan di cui a tutto diritto faceva parte, da braccio destro dei giovani rampolli di don Paolino – e i Condello.
Tutte dichiarazioni che confermano le risultanze investigative poste alla base del procedimento Prius, in cui Condello risponde di associazione mafiosa dall’89 al 2006, come con quelle del processo Nord, in cui a Micu u pacciu si contesta il medesimo reato. Per questo, su richiesta del pm, il presidente Natina Praticò ha annunciato – per profili di connessione soggettiva e oggettiva, come pure per omogeneità dell’istruttoria – la riunione dei due procedimenti, che rimane solo da formalizzare nell’udienza di lunedì prossimo. (0070)

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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