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Il convitato di pietra

Meno male che c’è Ernesto Carbone, altrimenti pare proprio che i vertici del Pd calabrese non riescano a concentrarsi su qualcosa che non sia il loro ombelico. In queste ore sulla testa della Calabri…

Pubblicato il: 28/06/2014 – 13:58
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Il convitato di pietra

Meno male che c’è Ernesto Carbone, altrimenti pare proprio che i vertici del Pd calabrese non riescano a concentrarsi su qualcosa che non sia il loro ombelico.
In queste ore sulla testa della Calabria e dei calabresi sta passando di tutto senza che la deputazione del Pd in consiglio regionale batta colpo e senza che i candidati in pectore muovano muscolo: Scopelliti decreta abusivamente; la Lorenzin cincischia e avalla interessi personalissimi della vicepresidente Stasi; l’assessore al Bilancio Mancini ammette che anche la manovra di assesto finanziario è virtuale perché va oltre il patto di stabilità; i funzionari del ministero delle Finanze parlano di Regione a rischio default; a due mesi dalle dimissioni del governatore il consiglio regionale resta in carica come se nulla fosse. E in tutto questo ecco che la ineffabile vicepresidente Stasi, versione femminile del potere scopellitiano, spernacchia tutti, convocando elezioni primarie quando neanche lei sa dirci come, se e in quale data i calabresi potranno finalmente dire la loro votando.
Arriva, isolata e distante, solo la voce di Ernesto Carbone a gridare che il re è nudo.
E arriva mentre in un hotel lametino Ernesto Magorno spiega ai “renziani” che il partito va mantenuto unito ma senza per questo svuotare di significati la “svolta Renzi”.
E qui entra in scena il convitato di pietra, quale suo malgrado rischia di rivelarsi, Mario Oliverio. Alla fine il suo irrigidimento sta diventando alibi per quanti continuano in una suicida azione di distrazione di massa. Sa bene, Oliverio, che nessuno contesta le sue doti amministrative o la sua pulizia politica. Il dato è meramente anagrafico ma non nel senso degli anni vissuti, bensì di quelli trascorsi assolvendo a mandati elettivi che lo hanno visto deputato per quattro legislature, consigliere regionale per altre due e presidente della Provincia di Cosenza per altri due ulteriori mandati. Certamente può continuare la sua militanza politica e la sua esperienza amministrativa, Oliverio, ma non può farlo solo con una investitura, quella delle primarie, che a queste latitudini sappiamo bene come ha funzionato, visto che alle ultime regionali in molti comuni calabresi il Pd ha preso molti meno voti di quanti se ne sono contati nelle primarie di partito.
Un passo indietro, dunque, almeno nella richiesta di essere candidato a governatore, è quello che si chiede a Mario Oliverio ma, detto questo, è altrettanto vero che bisogna saperlo chiedere questo passo indietro. Fin qui non c’è traccia di un discorso politico che leghi la scelta del candidato alla scelta che il Pd sta conoscendo nel resto d’Italia. Un conto è dire che Mario Oliverio è il candidato più distante possibile dalla linea che Renzi porta avanti, altro è stabilire che solo perché qualcuno non ha votato Renzi alle primarie deve essere scartato pregiudizialmente. Figure assimilabili al nuovo percorso che il Pd sta conoscendo con Renzi esistono in entrambi i due segmenti nei quali si ritrova diviso il Pd calabrese. Ernesto Carbone e Massimo Canale hanno in comune un profilo coerente con l’elemento di novità e di rottura con una certa operatività del Pd calabrese. Non esistono solo loro, probabilmente. Ma non è attraverso una girandola quotidiana di nomi e proposte che si può ottenere da Mario Oliverio un passo indietro e men che meno si può arrivare ad un reale ricompattamento del Pd.
A meno che qualcuno non stia lavorando ad un trappolone politico tipo quello in cui si è cacciato il supponente Peppe Scopelliti: candidato tra acclamazioni e poi silurato nella cabina elettorale. Oliverio sa benissimo che questo è possibile e, anzi, che nel Pd è già avvenuto: non è stato forse Bersani a stravincere le primarie? Al governo, però, c’è Matteo Renzi che ha portato il Pd ad uno storico 40,8%. Un dato doppio rispetto a quello incassato da Bersani nelle primarie.

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