REGGIO CALABRIA Il vescovo di Locri, monsignor Francesco Oliva, ha pronunciato nella Cattedrale di Gerace la tradizionale messa in occasione dell’inizio del periodo di Avvento. «Affido a Maria tutte le sofferenze degli imprenditori che chiudono la loro attività dietro i colpi di una crisi che non dà scampo», ha detto il presule. «Maria Immacolata – ha aggiunto – venga incontro a quanti per la loro situazione debitoria sono sull’orlo del fallimento, facili a cadere nella tentazione di ricorrere agli usurai. Una cosa è certa: meglio fallire che finire in preda agli usurai, perdendo la pace, la dignità e la famiglia. Ma a nessuno venga meno la speranza: nel buio della notte c’è sempre un barlume di luce all’orizzonte».
«Che bello sarà quel giorno, quando anche nella nostra terra le armi taceranno per sempre e saranno trasformate in strumenti di pace e di lavoro. Che bello – ha aggiunto – quel giorno, quando sulle strade, anche della Locride, non sarà più versato del sangue, quando scompariranno definitivamente le armi dell’odio, delle divisioni, dei particolarismi, e non si consumeranno più vendette mafiose. Ci sia consentito sognare questo per amore della nostra terra. Come anche sperare in una ripresa economica che porti lavoro e serenità a tante famiglie. L’amarezza più grave in questi primi mesi l’ho provata quando non sono stato in grado di rispondere alle richieste di aiuto. Quando – ha detto ancora il vescovo di Locri – ci lasciamo interrogare dai drammi che si presentano nel corso del ministero, ci rendiamo conto che l’azione pastorale della nostra Chiesa deve partire dalle periferie esistenziali, da quelle realtà fragili e toccate, che più risentono della congiuntura economica e dell’abbandono sociale». Oliva si è poi soffermato sull’importanza di stare vicino ai poveri, a chi attraversa situazioni di disagio e ai malati, e ha guardato all’importanza che riveste, in questo ambito, la vicinanza al culto Mariano: «Iniziamo con questa celebrazione diocesana il novenario dell’Immacolata, affidandole questo nuovo anno liturgico-pastorale. Lo facciamo – ha detto – consapevoli che la devozione a Maria costituisce una significativa forza di coesione spirituale, che ci sostiene. È un segno di speranza avere in diocesi tantissimi santuari e chiese dedicate a Maria, e soprattutto poter contare su una grandissima devozione a Maria che caratterizza la nostra Chiesa come comunità Mariana. Sotto il suo manto – ha affermato ancora il presule – poniamo gli ammalati e i poveri, i ragazzi, i giovani, le famiglie, particolarmente quelle più provate dalle ristrettezze economiche, dalla mancanza o perdita del lavoro, quelle che vivono il disagio di una relazione vacillante. Vivere la prossimità come stile pastorale – ha aggiunto – deve accompagnare il cammino della nostra chiesa. Come Chiesa particolare, anche col supporto della Caritas diocesana, ora finalmente dotata di una sede e di una bella struttura di accoglienza con l’apertura di una mensa dei poveri, ci chiediamo: come possiamo metterci in ascolto dei bisogni degli ultimi? Come possiamo rispondere alle nuove emergenze e renderci attivi tessitori di una rete di solidarietà che risvegli dal torpore e ridia slancio alla generosità di quanti godono di maggiori risorse?», si è domandato Oliva.
«Permettetemi – ha detto ancora – di rinnovare a questo punto l’invito a lasciarci accompagnare dall’esortazione apostolica “Evangelii gaudium”. In essa ritroviamo le linee che devono ispirare la nostra azione pastorale. Un punto di partenza ci è indicato da papa Francesco, quando sottolinea che “nel cuore di Dio c’è un posto preferenziale per i poveri, e il nostro impegno pastorale non puo’ che essere “segnato dai poveri”».
«In concreto – ha detto ancora il presule lanciando un messaggio forte – le nostre scelte devono lasciarsi interpellare dai poveri. Liberiamoci dal pregiudizio che la povertà sia una fatalità. Facciamone una scelta di Chiesa, un valore e una via che portano ad “andare incontro al Signore”. Saprà la nostra Chiesa diocesana essere “chiesa povera per i poveri”? Non perdiamo questa speranza. Non occorrono grandi programmi di promozione e assistenza o un eccesso di attivismo, quanto una conversione interiore che si ispiri ad uno stile di sobrietà e di prossimità. È questo che chiediamo a Maria. Prepariamoci a vivere un Natale di tenerezza. L’Avvento ci riapre la porta del cielo. Dio viene incontro – conclude – e non delude le nostre attese».
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