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I ministeri "difendono" Scarpelli

CATANZARO Gianfranco Scarpelli sembra avere molti santi in paradiso. E mentre i suoi ex “colleghi” nominati illegittimamente dalla giunta Stasi sono stati revocati senza colpo ferire, per “difender…

Pubblicato il: 05/12/2014 – 10:55
I ministeri "difendono" Scarpelli

CATANZARO Gianfranco Scarpelli sembra avere molti santi in paradiso. E mentre i suoi ex “colleghi” nominati illegittimamente dalla giunta Stasi sono stati revocati senza colpo ferire, per “difendere” lui si scomodano niente meno che due ministeri. Uno, in particolare, è quello della Salute, guidato da Beatrice Lorenzin, ministro in quota Ncd, lo stesso partito dei fratelli Tonino e Pino Gentile, grandi e dichiarati sponsor dell’ex dg dell’Asp di Cosenza.
Il parere dal direttore generale della Programmazione sanitaria, Renato Botti, fa in sostanza le pulci al provvedimento di revoca firmato dal commissario alla Sanità calabrese, Luciano Pezzi, a cui vengono chiesti ulteriori «chiarimenti» sul fascicolo aperto contro Scarpelli. Il generale della guardia di finanza, all’indomani delle elezioni regionali, il 24 novembre, aveva dato il benservito al manager “gentiliano” a causa del suo rinvio a giudizio nel processo sugli incarichi d’oro conferiti dall’Azienda bruzia a un legale “di fiducia”, Nicola Gaetano.
Ma il modus operandi del commissario non ha convinto i ministeri.

 

IL PARERE
È lo stesso Botti a riepilogare tutta la vicenda Scarpelli. Il primo atto risale al 30 maggio quando (dopo una sortita dell’ormai ex governatore Scopelliti a Palazzo Alemanni, sede della giunta regionale) viene disposta la decadenza del manager in seguito alla sua sospensione per due mesi ordinata dal gip di Cosenza. Il 16 settembre, con una delibera di giunta, viene invece preso atto del rinvio a giudizio di Scarpelli del 20 giugno per «condotte poste in essere in violazione dei principi di correttezza ed economica gestione delle risorse, nonché di trasparenza, imparzialità e buon andamento dell’amministrazione (…) con conseguente danno all’azienda». Pezzi quindi avvia il procedimento di decadenza del dg e, il giorno dopo la chiusura delle urne che hanno riportato Ncd in consiglio regionale, revoca Scarpelli.
Per Botti, però, «non si comprende il motivo per cui sia stata “riaperta” la procedura di decadenza, già avviata dalla giunta regionale e dalla medesima conclusa, ma non portata a esecuzione». Inoltre, puntualizza, a inficiare l’azione di Pezzi sarebbe l’assenza del parere della conferenza dei sindaci, obbligatorio in questi casi. Una “dimenticanza”, questa, che però non è imputabile al commissario, dal momento che il parere era stato trascurato dalla giunta Stasi a causa dell'”urgenza” con cui aveva adottato il provvedimento di decadenza del manager.
L’iter, partito con l’emissione del rinvio a giudizio, «può apparire in contrasto» – continua Botti – con lo stesso contratto sottoscritto da Scarpelli, proprio perché «il rinvio a giudizio del direttore generale per fatti direttamente attinenti all’esercizio delle sue funzioni, esclusi quelli commessi in danno dell’Azienda, non costituisce di per sé grave motivo ai fini della risoluzione del contratto». E il commissario Pezzi non avrebbe spiegato in modo adeguato le ragioni per cui «ha ritenuto di disapplicare la citata previsione contrattuale, essendosi limitato genericamente a menzionare un “danno all’immagine” per l’Azienda sanitaria». “Leggerezza” che «potrebbe dare la stura a contenzioso, con rischio di soccombenza per l’amministrazione». L’obiezione di Botti e dei ministeri è piuttosto singolare: non basta un decreto di rinvio a giudizio per dimostrare il danno commesso contro l’azienda? Evidentemente no.

 

PEZZI IMBARAZZATO
Il parere non è comunque vincolante. La revoca del dg è infatti già esecutiva. Ma i ministeri paventano comunque il rischio di un contenzioso che Scarpelli potrebbe anche prendere come un suggerimento.
Comprensibile l’imbarazzo di Pezzi che, nel trattare il fascicolo del dg cosentino, aveva usato tutta la delicatezza possibile. Anche troppa, secondo alcuni. Il decreto di revoca – in base al ruolino di marcia fissato dallo stesso commissario – doveva essere emesso il 19 novembre, quindi prima del voto regionale. Pezzi ha invece temporeggiato, si mormora per non influire sull’esito delle elezioni. Un’accortezza che in molti hanno interpretato come un “favore” ai Gentile e allo stesso ministro Lorenzin (che si è speso molto per la campagna elettorale di Ncd in Calabria).
I ministeri adesso cercano il pelo nell’uovo negli atti del commissario. Per la prima volta. Non un bel modo per ringraziarlo.

 

Pietro Bellantoni

p.bellantoni@corrierecal.it

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