Se l'Imu fa soccombere le zone montane
I Comuni montani, con i loro sindaci e amministratori, hanno vissuto le ultime settimane non senza apprensione per le notizie giunte da Roma relative all’applicazione dell’Imu sui terreni agricoli ne…
I Comuni montani, con i loro sindaci e amministratori, hanno vissuto le ultime settimane non senza apprensione per le notizie giunte da Roma relative all’applicazione dell’Imu sui terreni agricoli nei centri riparametrati con il livello Istat dei 600 metri di altitudine sul livello del mare. La necessità di incrementare il gettito fiscale di 350 milioni di euro, a livello nazionale, andando a colpire proprio le aree rurali e più marginali del Paese, non ha di certo arginato la mobilitazione degli amministratori, già alle prese con le difficoltà connesse alla chiusura dei bilanci – visti i continui e improvvisi tagli ai trasferimenti che mettono a rischio i servizi di base – e all’impostazione dei documenti economici per il prossimo anno.
L’Imu sui terreni agricoli e la ridefinizione della montanità, non hanno agevolato il percorso verso una crescente collaborazione e solidarietà istituzionale, che è tra i principi fondamentali della nostra Repubblica. Siamo lontani dall’attuazione dell’articolo 44 della Costituzione, dove sono previsti provvedimenti specifici a vantaggio delle zone montane del Paese. L’applicazione dell’Imu sui terreni agricoli è l’ennesima conseguenza di scelte politiche opposte a questo obiettivo, posto con chiarezza nella Carta dai Padri costituenti.
Negli ultimi giorni, siamo stati raggiunti anche dalle notizie relative alle possibili modifiche del servizio di “Poste italiane”, che ridurrà la presenza proprio nei piccoli Comuni e nelle aree marginali. Credevamo fossero bastate, negli ultimi cinque anni, in centinaia di paesi montani, le chiusure degli uffici postali a giorni alterni. Credevamo di aver già sopportato abbastanza con le limitazioni di orari e la riduzione della consegna della corrispondenza. Non solo, ci viene anche segnalata la presenza nella legge di Stabilità in discussione nel Parlamento, di una norma che ridefinisce la “montagna” (proprio come ha fatto Istat con il parametro geograficamente e politicamente assurdo dei 600 metri) eliminando una serie di agevolazioni per le comunità che vivono e operano in tali territori, il cui necessario presidio viene richiamato solo in casi di emergenza e calamità.
Aggiungo un altro fronte sul quale agire: quello dei tagli ai trasferimenti statali per Comuni, Province e Regioni, che vanno a incidere sulla diretta sicurezza dei cittadini. Recenti incontri tra diversi Paesi europei, hanno dimostrato come l’Italia, nonostante il 40% del territorio sia montano, non abbia una politica per la montagna. E mentre Francia e Germania continuano a lanciare progettualità, cluster e investimenti, il nostro Paese su questo fronte resta indietro, non riuscendo a essere competitivo e a facilitare, dal centro, politiche regionali efficaci.
L’Uncem unisce dunque all’appello per l’eliminazione dell’Imu sui terreni agricoli nei Comuni montani (lo slittamento del termine per il pagamento non è sufficiente ed è necessaria una legge che permetta la ricomposizione fondiaria e l’uso ai fini agricoli delle aree oggi incolte e dove è presente bosco d’invasione), la richiesta dell’avvio di una seria e duratura politica nazionale per la montagna. Parta da ciascuno di voi, per poi contagiare la presidenza del Consiglio, i ministeri dell’Ambiente, degli Interni o quello degli Affari regionali, i due rami del Parlamento, una strategia che unisca e sintetizzi quanto di importante è stato fatto negli ultimi due anni dall’ex ministro Barca sulle “aree interne”, e dal ministro Martina per l’agricoltura.
Serve a questo proposito, una regia e una legge nazionale sulla montagna, che ponga fine all’assenza di rappresentanza di tali territori. Si completi perciò celermente l’iter parlamentare di approvazione del disegno di legge 65, recante “Misure per il sostegno e la valorizzazione dei comuni con popolazione pari o inferiore a 5mila abitanti e dei territori montani e rurali, nonché deleghe al Governo per la riforma del sistema di governo delle medesime aree e per l’introduzione di sistemi di remunerazione dei servizi ambientali”, e degli altri ddl sullo stesso tema. Sarebbe il modo migliore per aprire il 2015, con una programmazione seria e il superamento delle continue emergenze, andando oltre le battaglie e la mobilitazione che le aree collinari e montane continueranno a costruire in assenza di un’adeguata, concreta e costante attenzione politica, economica e istituzionale.
*Presidente Uncem Calabria